Un virus può mettere in serio pericolo la nostra salute: la recrudescenza dell’infezione Ebola, dichiarata emergenza mondiale dall'OMS

In questi ultimi mesi, sui quotidiani, è più volte comparsa la notizia di una particolare recrudescenza dell’Ebola, una pericolosa malattia virale (precedentemente nota anche come febbre emorragica di Ebola) spesso fatale nell'uomo. L'epidemia scoppiata fra il 2014 e il 2016 in Africa occidentale è stata la peggiore e maggiormente complessa da quando il virus fu scoperto, nell’ormai lontano 1996 ed è stata la causa del maggior numero decessi, che ad un computo finale, è risultato superiore a tutti i precedenti focolai messi insieme. Il dato che più preoccupa le strutture preposte allo studio e allo sviluppo di terapie per questa affezione è che l’epidemia, in un primo tempo dichiarata circoscritta, si è successivamente diffusa da un paese all'altro, dalla Guinea alla Sierra Leone e alla Liberia ed ora l'OMS dichiara l'epidemia di Ebola un'emergenza sanitaria internazionale.

Il tasso medio di mortalità di questa infezione avviene in circa il 50% dei casi;  nei precedenti focolai, i tassi andavano dal 25 al 90 per cento. Il virus, della famiglia dei virus Filoviridae, comprende 3 generi: Cuevavirus, Marburgvirus ed Ebolavirus. Cinque specie sono state identificate in Ebolavirus: Zaire, Bundibugyo, Sudan, Reston e Taï Forest. I primi 3 sono stati associati a grandi epidemie in Africa. Il virus che ha causato l'epidemia del 2014-2016 in Africa occidentale, appartiene alla specie Zaire

Tale virus viene trasmesso all'uomo dapprima da animali selvatici e, successivamente, la diffusione alla popolazione avviene attraverso la trasmissione da uomo a uomo. Si ritiene che i pipistrelli della famiglia dei Pteropodidi siano gli ospiti naturali del virus Ebola. La diffusione nella  popolazione umana, avviene a seguito di  stretto contatto con sangue infetto, oppure secrezioni, organi o fluidi corporei di animali infetti come scimpanzé, gorilla, pipistrelli, scimmie,  trovati malati,  o morti,  nella foresta pluviale.

Il periodo di incubazione, cioè il tempo che intercorre tra l'infezione da virus e l'insorgenza dei sintomi, varia da 2 a 21 giorni e, fino a quando non vi è comparsa di sintomi, i pazienti non sono contagiosi. I primi sintomi sono rappresentati da comparsa di febbre improvvisa, cui si associano facile affaticamento, dolori muscolari, mal di testa e mal di gola. A questa segue  una fase caratterizzata da vomito, diarrea, intensa eruzione cutanea, sintomi di insufficienza renale ed epatica e, nei casi più gravi, emorragia interna ed esterna (ad es. sanguinamento gengivale, sangue nelle feci). I test di laboratorio rivelano una diminuzione dei globuli bianchi  e delle piastrine, nonché un aumento degli enzimi epatici.

La malattia si diffonde successivamente per trasmissione da uomo a uomo, a seguito di contatto diretto del sangue, delle secrezioni, o degli organi o fluidi biologici di persone infette. Avviene anche per semplice contatto con pelle o mucose danneggiate con superfici e materiali come lenzuola, federe, o indumenti contaminati, come almeno nelle prime fasi della malattia è capitato agli i operatori sanitari che per primi hanno trattato casi infetti senza le opportune precauzioni. Le organizzazioni sanitarie denunciano anche casi di trasmissione della malattia possibili nel corso di riti funebri durante i quali, parenti e amici, sono in contatto diretto con i resti del defunto infetto.

Si tratta di una malattia insidiosa, poiché l’infezione da virus Ebola può essere clinicamente difficile da distinguere da altre malattie infettive, come la malaria, la febbre tifoide e la meningite. Solo il ricovero in unità altamente specializzate, permetterà la corretta diagnosi, che deve comunque essere sospettate in pazienti provenienti dalle segnalate come a rischio per questo tipo di infezione. Il primo approccio d’urgenza alla malattia, consiste essenzialmente in una adeguata reidratazione associata ad un trattamento sintomatico che, se applicato in fase precoce, migliora i tassi di sopravvivenza. Al momento non esistono trattamenti che abbiano dimostrato la capacità di neutralizzare completamente il virus, ma sono allo studio diversi trattamenti immunologici tutt’ora in fase di studio.

E’ essenziale che tutte le comunità di studiosi partecipino allo studio di questa malattia che potrebbe rivelarsi molto pericolosa anche per le società occidentali e che andrà  studiata a fondo per avere buone probabilità di essere contenuta. Per essere efficace, il monitoraggio preventivo, deve essere basato su una combinazione di interventi: in primo luogo dovrà esservi una corretta gestione dei casi che includa l’adeguato controllo delle infezioni, compreso l’isolamento del soggetto infettato che andrà soggetto alle adeguate misure di sorveglianza. Come detto vi dovrà essere un adeguato controllo delle sepolture, che dovranno essere  sicure e dignitose e, infine,  un ruolo di importanza cruciale, in un ottica di contenimento della malattia, sarà costituito da una mobilitazione sociale che dovrà passare anche attraverso una informazione capilare, grazie a campagne di diffusione della coscienza del pericolo che dovrà avvenire attraverso i media, importanti presidi ormai irrinunciabili, indispensabili al mantenimento della salute e del benessere fisico e mentale della nostra società.

 

 

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https://www.lemonde.fr/idees/article/2019/07/20/ebola-urgence-mondiale_5491555_3232.html

https://www.passporthealthglobal.com/fr-ca/blogue/2017-12-le-nouveau-vaccin-contre-lebola-ne-met-pas-fin-automatiquement-au-virus/

http://mentalfloss.com/article/513950/7-myths-about-bats

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Articolo pubblicato il 25/07/2019