Federico Caprilli, il cavaliere sepolto a Fubine (AL)
La tomba di Federico Caprilli, a Fubine (AL)

La sua precoce morte fu soltanto un fatale destino?

Sabato 25 e domenica 26 marzo 2023, nell'ambito delle Giornate di Primavera del FAI (Fondo Ambiente Italiano), fra i numerosi edifici aperti al pubblico ci sarà la cappella dei conti Cacherano di Bricherasio, a Fubine (AL), in cui riposano le ceneri di Federico Caprilli, maestro della equitazione italiana (Livorno, 8 aprile 1868 – Torino, 6 dicembre 1907).

Nel testamento, redatto appena un anno prima della morte, Federico Caprilli aveva espressamente richiesto di distruggere il baule contenente la sua corrispondenza e aveva fornito precise indicazioni, tra cui quella di essere sepolto «il più vicino possibile all'amico Emanuele di Bricherasio», mancato tre anni prima in circostanze poco chiare.

La cappella Bricherasio è un notevole esempio di edilizia funebre, un mausoleo di famiglia a ricordo di Emanuele Cacherano di Bricherasio morto soli a 35 anni, che ha contribuito grandemente a cambiare l'Italia partecipando alla fondazione della FIAT, riuscendo a riunire la sapienza di decine di valenti artigiani che nel giro di pochi anni avevano messo a punto le componenti indispensabili alla nascita dell'auto.

La sua cripta è un locale rettangolare, illuminato da piccole finestre. Sulla sinistra campeggia il grande bassorilievo scolpito in onore della marchesa Teresa Massel di Caresana, sposa di Luigi di Bricherasio e mamma di Emanuele e Sofia (ultima discendente della famiglia, pittrice e promotrice di numerose opere filantropiche).

In fondo, è allocato il monumento funebre del conte Emanuele, realizzato dallo scultore casalese Leonardo Bistolfi, suo amico personale.

Una domanda aleggia sulla morte prematura di Caprilli: egli muore il 6 dicembre 1907, a soli 39 anni, a seguito della caduta da un cavallo che, secondo le testimonianze riportate dal quotidiano La Stampa, stava provando al trotto, dopo aver picchiato violentemente la nuca.

Soltanto una tragica fatalità? Nonostante il terreno fosse scivoloso per la neve, un cavaliere di tale esperienza può aver perso la vita in un banale incidente? Il fatto suscita stupore, tanto da far pensare ad altre ipotesi, ma nessuna evidenza sarà raccolta in merito. Non si svolge autopsia e il corpo viene subito cremato.

La vita di Federico Caprilli, e quel mistero finale che aleggia intorno alla sua morte, è stata narrata da Giorgio Caponetti, nel romanzo Quando l’automobile uccise la cavalleria.

Veniamo, dunque, al racconto, per quel che si sa, di questa morte.

Alle ore 17,20 del 5 dicembre, cade mentre monta a cavallo sul corso Duca di Genova; l’ipotesi dell’improvviso malessere viene dal fatto che egli, senza che il cavallo facesse il minimo scarto, viene visto barcollare e cadere pesantemente a terra, battendo il capo. Riporta una frattura della base del cranio, con contusione e spappolamento cerebrale.

Le sue condizioni, gravi fino al mattino dopo, vanno rapidamente peggiorando, fino alla morte, avvenuta alle ore 8,40 del 6 dicembre 1907.

Il quotidiano La Stampa di quel giorno racconta il tragico fatto. La morte del capitano Caprilli in seguito ad una caduta da cavallo.

«La notizia produrrà certamente una vivissima, profonda impressione: il capitano Federico Caprilli è morto questa mattina; nella casa ospitale ed amica dei fratelli Gallina, i proprietari della Scuderia che è in via Montevecchio.

Dell'incidente che al povero ufficiale era toccato si era saputo qualcosa ieri sera vagamente. Si diceva che, provando un cavallo al salto degli ostacoli, l'animale aveva fatto un brusco scarto, cadendo di quarto e trascinando il cavaliere. Chi ebbe la prima nuova del fatto, assicurava trattarsi di cosa non grave e fu facilmente creduto, poi che il capitano Caprilli era soprattutto noto per la sua robustezza o agilità. Cento volte aveva veduto il pericolo vicino e cento volte l'aveva sfidato e vinto. Purtroppo la giornata di ieri doveva essergli fatale! Montando un cavallo, relativamente tranquillo, sopra una strada piana, il capitano Caprilli ha trovato la morte.

A colloquio con un testimone.

Siamo stati alle scuderie Gallina, in piazza d'Armi, dove, nell'alloggio superiore dei fratelli Gallina, era stato trasportato il povero capitano dopo il fatale incidente e dove ora riposa la sua salma (…) Nell'anticamera dell'alloggio era un bisbigliare, un parlare sommesso o commosso. Quivi trovammo il signor Gallina. Questi, ieri sera, dalla soglia di casa sua, era stato testimonio della disgrazia, e cortesemente, a nostra richiesta, ci narrò che

"Ancóra adesso è per me un fatto assolutamente incomprensibile, e non so darmene pace! Si figuri il più abile dei maestri di equitazione sul più pacifico, sul più tranquillo dei cavalli, e si immagini, se è possibile, anche lontanamente, non dico prevedere, ma pur immaginare un accidente. assolutamente da escludersi che il capitano sia stato vittima di una improvvisa bizzarrìa della bestia?

- Assolutamente. Del resto, nessuno meglio di me lo può dire, che ho assistito alla disgrazia, a meno di cinquanta metri di distanza".

- Allora è solo da ammettersi che il capitano sia stato colto da un improvviso malore? 

- "Io ne sono convinto. Ma ecco come seguirono le cose. Poco prima delle 17 il capitano venne alle scuderie, e si mostrava di ottimo umore, in perfetta salute. Anche nella giornata, ho saputo, nulla aveva dato a vedere che provasse qualche malessere, e non aveva accusata alcuna indisposizione; aveva pranzato al Cambio con alcuni colleghi, con buon appetito, fra discorsi gioviali ed allegre risate. Venne qui, si discorse di varie cose, vide parecchi cavalli, e dimostrò il desiderio di provarne uno.

E' questo un cavallo morello, un animale d'indole buonissima, un vero cavallo da passeggiata. Ed appunto una semplice passeggiata intendeva di fare il capitano. Balzò adunque in sella, diede di sprone, ed usci fuori dal cortiletto, pel cancello. Fermo sulla soglia, io lo guardavo andare. Aveva fatto un tratto appena di via Morosini, ed era sul punto di svoltare in via Montevecchio, per recarsi in piazza d'Armi.

Il cavallo procedeva al piccolo trotto, un passo, si potrebbe dire, appena accelerato, la più pacifica, insomma, la più regolare delle andature. Ad un tratto gettai un grido. Improvvisamente vidi ìl capitano barcollare sulla sella, poi precipitare colla testa all'ingiù. Il cavallo si era fermato, tranquillo, poco discosto. Lì per lì non seppi che cosa immaginare. Data l'andatura del cavallo, però, nemmeno per un momento mi fermai a considerare che il capitano potesse essere stato balzato di sella! Ci sarebbe occorso ben altro per balzare di sella lui! Evidentemente, il capitano Caprilli era stato preso da qualche malore, qualche capogiro, chissà! Forse non si trattava di nulla.

Chiamai gente e corremmo a vedere. Il capitano giaceva su un margine della via, c pareva esanime. Lo chiamammo per nome: non ci rispose. Lo risollevammo: si lasciava cadere inerte. Il suo volto era cereo, già fatto cadaverico".

- Era ferito?

- "Si, dietro: alla nuca, aveva una tremenda frattura. Però, appena un filo di sangue gli rigava i capelli ed il collo. Lo sollevammo a braccia e lo portammo qui. Nell'urto della caduta, anche, il povero capitano doveva aver riportato una violenta commozione viscerale, perchè ebbe a rigettare. Si mandarono a cercare i medici, ma dipoi non ha più ripreso conoscenza!". (…) La fine si avvicinava.

Il prof. Carle, avvertito, si recò egli pure alla casa dei signori Gallina per visitare l'infelicissimo capitano, ma dopo uno sguardo, l'espertissimo chirurgo scosse il capo sconsolatamente. - Non c'è più speranza alcuna. Era la sentenza. Nella stanza passò come un brivido di freddo. Il prof. Carle non si ingannava. Il ferito cominciò a rantolare ed alle 8,40 spirò, con un gemito. (…) Presso il capezzale furono deposti rami di rose, che lo sfiorarono in una suprema, blanda carezza. Li accanto si accese una lampada. Poi gli amici, i conoscenti furono ammessi a visitare la salma. Il mesto, doloroso pellegrinaggio durò ininterrotto per ore od ore. Giunsero fra i primi diversi ufficiali di cavalleria, il marchese Ferrero-Ventimiglia, il conte Rignon, il barone di Sant'Agabio e molti, molti altri gentiluomini dell'aristocrazia».

Si conclude in questo modo la breve parabola terrena di Federico Caprilli, consegnata alla storia con le sue luci e le sue ombre che, dopo oltre un secolo, difficilmente verranno rischiarate.

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Articolo pubblicato il 25/03/2023