
Una “micro-storia” di un bersagliere nella ritirata dell’ARMIR in Russia
In contesti di portata rilevante, gli episodi di “storia minore”, anche se personali sono sempre stati portatori di quel “plus” che umanizza, colora e arricchisce la cosiddetta “storia ufficiale”.
Siamo convinti di questa realtà per il semplice motivo che queste “storie individuali” sono così numerose e significative che costituiscono quella “massa di esperienze vissute e testimoniate”, cioè quello zoccolo duro e incancellabile che condiziona inevitabilmente la “grande storia”.
In fondo la stragrande maggioranza dei giovani delle classi popolari, trascinate nell’immane tragedia bellica del regime fascista, hanno rappresentato, attraverso il loro sacrificio e indicibili sofferenze, uno dei “ponti ideali” che hanno accompagnato il processo di liberazione dalla dittatura alle libertà democratiche.
Nella fattispecie da queste testimonianze emerge in modo genuino il rifiuto della retorica del fascismo, dell’impreparazione militare e la consapevolezza di partecipare ad una guerra ingiusta e senza una giustificazione morale.
Fatta questa premessa indispensabile, riportiamo integralmente un tragico ed emozionante episodio della “Ritirata di Russia dell’Armir” nel1942 a firma di Alfredo Terrone e pubblicato su “fiamma cremisi” – periodico dell’Associazione Nazionale Bersaglieri – anno LXXII n. 3 maggio – giugno 2023.
Ricordiamo che l’ARMIR è stato l’acronimo dell’ Armata Italiana in Russia, cioè il corpo di spedizione che operò nel 1942 – 43 nella zona del fiume Don. Subentrata al CSIR (Corpo di spedizione italiano in Russia, costituito nel luglio 1941 al comando del generale G. Messe, e composto da circa 230.000 uomini), l’ARMIR fu coinvolta nella disfatta di Stalingrado e nella successiva ritirata, contando più di 84.000 perdite tra morti e dispersi.
Il 6° Bersaglieri è stato impiegato al completo nella guerra di Spagna. Il Reggimento operò inquadrato nella Divisione Celere “Emanuele Filiberto Testa di Ferro” in Jugoslavia, Bosnia e Croazia, quindi con la “Principe Amedeo d’Aosta” parte nel 1942 per il fronte Russo. Rientrato in Italia con due Medaglie d’Oro alla Bandiera ad aprile del ’43, il 1° luglio 1943 diviene 6° Reggimento Bersaglieri Motorizzato. Si sciolse l’8 settembre 1943 a seguito dell’Armistizio.
Buona lettura e riflessione (m. b.)
TESTIMONIANZE DEL BERSAGLIERE FAINARDI
Un improvviso miagolio della sua gattina “Micia” l’aveva risvegliato da quel torpore che con il passare degli anni lo aggrediva dolcemente mentre giaceva nella sua comoda poltrona dopo il pranzo quotidiano.
Quel miagolio improvviso lo aveva portato indietro di molti anni, da quando, quasi imberbe, era stato chiamato ad assolvere gli obblighi di leva nel 6° reggimento bersaglieri nel quale, trattenuto, era stato ben presto promosso Caporale e subito dopo Caporal Maggiore.
Ricordava , il nostro Armando, con un sentimento quasi religioso, il lungo viaggio in treno con i nuovi compagni che lo aveva condotto, dopo quasi un mese, ove i reparti del 6° bersaglieri proteggevano il ripiegamento delle nostre divisioni.
Ricordava, il nostro Fainardi, che aveva raggiunto il grado di Sergente Maggiore, il 21 dicembre di quel freddo 1942: il suo Reggimento era disposto a caposaldo a Ossikowo e aveva respinto le frequenti azioni offensive del nemico che aveva nel frattempo ammassato forze considerevoli. Grazie all’eroica resistenza del 6° Reggimento, numerosi reparti italiani avevano effettuato un ordinato e sicuro ripiegamento.
Alle ore 12 del 22 dicembre, dopo aver adempiuto eroicamente al compito affidatogli, il Reggimento aveva ripiegato per ordine superiore. I suoi compagni avevano raggiunto Kijewski dove avrebbero dovuto proteggere la ritirata di alcune divisioni italiane e alleate; i bersaglieri, pur provati dall’impiego incessante, dalle perdite subite e dal rigore del tempo (trenta gradi sotto zero) assolsero brillantemente il difficile compito. I compagni si erano appena sistemati quando dovettero respingere altri due violenti attacchi portati dal nemico, mentre il Reggimento era in movimento non prima di aver distrutto alcuni mezzi e catturato numerosi prigionieri, ma ancora due giornate di durissimi combattimenti attendevano l’intero reparto fino a che il 28 sera raggiunsero la zona dello schieramento arretrato.
Solo allora il Serg. Magg. era riuscito a leggere la posta ed era stato in grado di rivolgere un pensiero ai suoi cari ed in particolare alla diletta nipotina che laggiù in Italia stava celebrando il S. Natale; era questo il contesto in cui il Sergente Maggiore Fainardi ricordava di essersi prodigato oltre ogni limite per salvare alcuni commilitoni feriti e trasportati incolumi fino alle nostre linee, malgrado il principio di congelamento che lo tormentava al piede destro.
Ricordava, Armando ricordava il miagolio delle pallottole che lo assordavano in quel pietoso ed urgente compito ed anche gli strani sbuffi di neve che lo accompagnavano nella sua missione: erano pallottole che avevano terminato il loro tragitto omicida, friggendo nella neve.
Peccato, con cocente rammarico, girava e girava fra le mani, ormai bianche come la … neve, la parte del suo foglio matricolare, relativa a questa delicata operazione, annullata incredibilmente da un bigliettino incollato e timbrato con un OMISSIS! Forse quel banale ed insulso pezzettino di carta (peraltro non intestato né firmato) nasconde chissà qualche verità che lui Sergente Maggiore non ricordava.
La tenace nipotina Fabrizia, ora affermato legale, potrebbe risalire all’originale del Foglio Matricolare, non di una fotocopia o di una foto, ma del documento originale, perché solo un esperto e specializzato cartografo potrebbe risalire a quanto c’è scritto la sotto! Dispiace aver constatato quanto sopra, forse anche quel volgare ed anonimo pezzettino di carta nasconde il motivo per cui la proposta di conferimento della Medaglia d’Argento non era andata avanti, anche se corredata dalla testimonianza del Sottotenente Giovanni Montaguti ed avallata dal Generale Umberto Salvatores, così come quella concessa al Caporal Maggiore Piselli.
“Perché” gli chiedeva Fabrizia, scuotendolo dal torpore, “eppure sei stato bravo nonno, dai, raccontami, raccontami”, ma il suo sguardo era ormai altrove.
I pensieri lo riportavano alle altre giornate di fuoco e di convulsi combattimenti nel ripiegamento finché quel che rimaneva del suo Sesto aveva raggiunto l’importante Centro di smistamento di Dniepropetrowskij, ove ebbe termine l’epopea del Sesto in Russia.
Ricordava l’intera sua partecipazione al conflitto, il freddo, il fango, i girasoli e i russi, “poveri giovani” commentava ! “Erano cattivi”, domandava Fabrizia, incuriosita ogni oltre dire, “ma no!” lui le sussurrava “erano come noi , ma difendevano il loro territorio, la loro Patria, che noi avremmo dovuto occupare, ma abbiamo lasciato laggiù, all’ombra delle betulle, molti compagni, anche se siamo tornati con ben sette Medaglie d’Oro individuali al Valor Militare”.
“Il 6° Bersaglieri, il mio Sesto, sussurrava il nonno”, ricordando il suo reggimento che, pur ridotto a brandelli, aveva segnato con il sangue la fine dell’attività combattiva dell’A.R.M.I.R. in quella grande catastrofe.
Resta il fatto che sul Don in quei giorni furono tanti gli atti di eroismo e di sacrificio dei fanti piumati; addirittura radio fante aveva insinuato – orrore! - che gli Alti Comandi avendo riscontrato un’inflazione di decorati, ne avevano prescritto una certa … limitazione
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Articolo pubblicato il 20/08/2023