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Qualche digressione intorno all’auto elettrica.
Articolo di Pietro Cartella
Pubblicato in data 05/02/2021

 

Sembra ormai universalmente ratificato che l’industria dell’automobile debba convertirsi, quanto più rapidamente possibile e definitivamente, alla motorizzazione elettrica. Proprio in questi giorni lo stabilimento francese in cui si producevano più motori diesel al mondo ha annunciato che entro il 2030 produrrà solamente motori elettrici. Tesla, il più quotato gruppo di produzione di auto elettriche del mondo, dal canto suo ha ormai una capitalizzazione che ha superato in classifica tutti i big dell’auto. In Cina il governo incentiva la nascita e lo sviluppo dei produttori di auto e componenti di motori elettrici. Non c’è praticamente più alcun gruppo di produttori di auto che non abbia in catalogo uno o più modelli con motori ibridi o totalmente elettrici nelle loro varie interpretazioni tecnologiche.

Tutto chiaro e deciso allora?

 

Può darsi, però … ecco due voci di peso fuori dal coro.

 

La prima che si è fatta sentire di nuovo, perché non è la prima volta, è quella del presidente della casa giapponese Toyota, che contende al gruppo Volkswagen, il primato mondiale di automobili prodotte. Aiko Toyoda ha infatti ribadito in modo perentorio che, considerano i costi totali della riconversione dell’industria automobilistica verso l’elettrico, compresi l’impatto sull’occupazione e l’inquinamento derivante dalla maggior richiesta di energia elettrica con nuove infrastrutture per la sua distribuzione puntuale, non sarebbero così favorevoli come ci si potrebbe aspettare.

 

La seconda è quella di Franz Fehrenbach, presidente del consiglio di sorveglianza di Bosch, principale fornitore al mondo di tecnologia auto, che evidenzia senza mezzi termini la mancanza di chiarezza circa il dichiarato vantaggio rispetto al miglioramento delle condizioni climatiche dovute ad una minore emissione di CO2 dei motori elettrici, aggiungendo inoltre che la Unione Europea si stia sbilanciando con incentivi a senso unico a favore di una scelta verso l’elettrico penalizzando il motore endotermico.  

 

E quindi?

 

E quindi non saranno certamente queste due voci, seppur autorevoli, a poter fermare l’onda lunga del cambiamento epocale che ormai ha investito irreversibilmente il mondo dell’automobile. Quello che è inteso come un progresso non può essere arrestato, ma … forse qualche attenzione in più sarà necessaria anche se non si potrà evitarne gli effetti collaterali.

 

Infatti come ben sanno gli utilizzatori di medicinali, ciò che fa bene per un verso, può fare altrettanto male per un altro.

 

Lo abbiamo sperimentato più volte tutti quanti con l’adozione delle marmitte catalitiche, i filtri antiparticolato, ed alcuni dispositivi elettronici e telecomandi di prima e seconda generazione che interferivano con altri dispositivi simili (accensione a distanza del motore di un’auto che attivavano anche la trasmissione automatica facendo partire l’automobile senza alcuno a bordo) o ne inibivano il funzionamento (specialmente vicino agli aeroporti). Oppure con i rifiuti plastici conseguenti alla comodità di packaging di articoli ed alimenti che consumiamo abitualmente, o ai rottami di amianto di tetti ed isolamenti di case, fabbriche e barche per renderle più confortevoli e performanti, o alle scorie radioattive risultanti dai processi di produzione di energia elettrica con centrali nucleari. L’elenco è infinito quanti sono i processi di trasformazione della materia. Ciò che è buono da una parte è controbilanciato dall’opposto in un’altra. È una inevitabile legge naturale che coinvolge ogni aspetto delle attività umane alla quale non si sottrae neppure l’uso dell’idrogeno, il cui residuo di combustione è semplicemente acqua (ma di un tipo particolare le cui caratteristiche complete saranno come sempre compiutamente analizzate più avanti, per esempio le variabili del grado di acidità), o di un suo uso in modalità tecnologico ancora più sofisticate.

 

Seguendo lo stesso principio, sicuramente l’adozione di motori elettrici darà dei vantaggi, ma anche pari svantaggi. Tra di essi ne citerò solo alcuni tra i più noti: la necessità della creazione di infrastrutture adeguate, il problema dello smaltimento o riciclaggio delle batterie, insieme al loro peso e pericolo di infiammabilità.

 

Ma quello che è ancora quasi del tutto non valutato è l’impatto della crescita esponenziale dei campi magnetici prodotti (schermati solo per la parte che non deve generare interferenze con altri dispositivi elettrici ed elettronici) con il campo magnetico terrestre (e relativo impatto sugli eventi climatici) e con il campo magnetico in cui funziona l’essere umano.

 

Che potrebbero avere un impatto assai più rilevante di quante ne abbiano avute e ne stiano avendo le polveri sottili, specialmente se concentrati negli spazi ristretti delle città e/o integrati attivamente nel sistema di produzione e/o restituzione di energia 24 ore su 24 per un discorso sinergico di efficienza.

 

Senza tenere conto che ogni trasformazione ha rendimento inferiore ad 1 e quindi quanti più processi di trasformazione si dovranno rendere necessari per ottenere questa “efficienza” più si ridurrà proporzionalmente il rendimento energetico finale.

 

In questo panorama è chiaro che il miglior risultato conseguibile sia il minore dei mali possibili.

 

Sarebbe già qualcosa.

 

grafica e testo

pietro cartella

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