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Un Ministro per il Re
Ricordo del comm. Giovanni Visone (di Alessandro Mella)
Articolo di Milo Julini
Pubblicato in data 26/07/2021

I Savoia erano tornati in Piemonte da pochi mesi, dopo la lunga dominazione napoleonica, quando nacque, il 5 ottobre 1814 a Costigliole d’Asti, Giovanni Visone figlio di Pietro e Cristina Bertolino. Modesta famiglia del vecchio Piemonte.

Nel 1837 egli si laureò in giurisprudenza presso la Regia Università di Torino andando quasi subito ad insegnare diritto ad Asti presso la scuola secondaria universitaria.

Tuttavia, la docenza fu esperienza breve perché presto si diede alla carriera istituzionale nell’amministrazione civile del Regno di Sardegna e poi d’Italia. Nel 1848 divenne Regio Procuratore alle Intendenze Generali, poi Intendente Generale a Nizza, Casale e Piacenza e successivamente prefetto.

Dopo qualche tempo, divenne capo di divisione del Ministero delle Finanze e nel 1857 Direttore delle Contribuzioni Dirette per poi ricevere la nomina ad Alto Commissario per la turbolenta città di Genova.

Dopo questo incarico egli si avvicinò sensibilmente alla Real Casa di Savoia presso la quale ricoprì ulteriori importanti incarichi. In primis fu inviato a Napoli, da poco unita al neonato Regno d’Italia, per amministrare i palazzi e le ville reali della città. Divenne poi Segretario Generale del Ministero della Real Casa e successivamente, nel 1867, Sovrintendente Generale della lista civile e del patrimonio privato del Re. Questo particolare incarico diede seguito ad aneddoti leggendari essendo il Visone uomo probo ed economo in netto contrasto con il carattere godereccio di Vittorio Emanuele II che sempre faticava a “fargli aprire il borsello”.

Tuttavia, il sovrano apprezzava molto il suo amico Visone, al punto da concedergli il titolo di Conte nel 1877 e farlo poi Ministro della Real Casa a decorrere dal 1878. (1) Egli, inoltre, era stato eletto deputato alla Camera nel 1865 nel collegio di Nizza Monferrato e nuovamente nel 1867 e nel 1870.

Frattanto, sempre nel 1870, il nostro si era sposato con la contessa Amalia Rasini che gli aveva dato i figli Maria Cristina e Vincenzo che divenne un valente diplomatico.

A quel tempo il nostro Ministro aveva ricevuto, tra l’altro, moltissime onorificenze italiane ed estere tra le quali, in particolare, si ricordano: Gran cordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro e dell'Ordine della Corona d'Italia, Grande ufficiale del Nicham Iftikar (Tunisia), Commendatore dell'Ordine di S. Carlo III e Isabella la Cattolica (Spagna), Gran Cordone dell'Ordine del Sole e del Leone di Persia, Commendatore dell'Ordine della Corona di Prussia, Gran Croce dell’Ordine di Francesco Giuseppe (Austria), Gran Croce dell’Ordine di San Stanislao (Russia), Gran Croce dell’Ordine dell’Aquila Rossa Gran Croce dell’Ordine del Sol Levante (Giappone), Cavaliere dell’Ordine di Alberto il Valoroso (Sassonia), Cavaliere dell’Elefante Bianco (Siam), Cavaliere dell’Ordine della Stella (Romania), Grande Ufficiale dell’Ordine di San Marino, Grande Ufficiale della Legione d’Onore (Francia) e  Cavaliere del Real Ordine di Vila Vicosa (Portogallo). (2)

Nel 1872 il comm. Visone era stato anche nominato, titolo d’onore di non poco conto, Senatore del Regno. Egli, inoltre, nutriva un sentimento di particolare affezione verso il celebre Don Bosco:

 

Questo far proprii gli interessi altrui raddoppiava i vincoli della carità, e nello stesso tempo due persone n'erano reciprocamente avvinte: beneficato e benefattore. Di qui quell'affetto che traspare così gentile nelle loro corrispondenze.

Il Comm. Visone, sopraintendente generale del patrimonio particolare di Sua Maestà, Deputato al parlamento nazionale e poi Senatore del Regno, scriveva a Don Bosco: Torino, 13 novembre 1868. Pregiatissimo Signore. Qualche tempo fa sono venuto per trovare la S. V. Pregiatissima e pregarla a voler accettare nel suo convitto il giovane Pescarmona Luigi di Costigliole d'Asti, d'anni 16, desideroso d'imparare un mestiere: non ho avuto il bene di trovarla, ma parlai con uno dei suoi segretari, che fu gentilissimo, e mi disse, che se il Pescarmona, orfano, ma possidente, si obbligava pagare per tre mesi lire 24 al mese, oltre il letto, vestiario, sarebbe stato accettato, salvo fargli quelle maggiori facilitazioni secondo li suoi comportamenti, dopo scaduto il 1° trimestre.

Ora il detto giovane è qui in Torino, ed io non potendo venire personalmente, mi permetto di presentarlo con questa mia alla S. V. con preghiera di volerlo accettare alle condizioni predette, persuaso che farà buona riuscita. Chi lo accompagna è il Forno suo cognato, e figlio del suo tutore. Mi riserbo di venire a ringraziarla, e frattanto la prego a gradire li sensi della mia perfetta stima. Di V. S. Preg.ma, Devotissimo servitore VISONE.

Il Comm. Visone, benefattore dell'Oratorio, aveva raccomandati altri giovanetti a Don Bosco e veniva sovente a visitare il Venerabile nella sua umile stanza, trattenendovisi per lunghe ore. (3)

 

Gli anni che seguirono furono molto intensi per lui perché l’incarico che gravava sulle sue spalle era davvero questione impegnativa. Il tempo, il lavoro, i pensieri iniziarono a minarne un poco le energie. Del resto, gli anni passavano ed il vigore andava ridimensionandosi, giorno dopo giorno. Al punto da rendergli difficile riuscire a reggere i ritmi del nuovo Re Umberto I, asceso al trono nel 1878 dopo la scomparsa del compianto Vittorio Emanuele II, uomo particolarmente dinamico. Agli occhi del primo ministro Giovanni Giolitti, nel 1892, la questione iniziò a sembrare di primaria importanza:

 

Quelle non furono le sole dimissioni su cui Giolitti s’impegnò. Il 29 agosto, da Livorno, dopo esser tornato più volte sul testo, scrisse al ministro della Real Casa, conte Visone, che egli doveva “restare continuamente al seguito di Sua Maestà, poiché unicamente in tal modo si consegue quella unità e continuità di indirizzo che è indispensabile”.

Poiché però il conte Visone non era in grado di svolgere il delicatissimo compito, al re e al presidente non restava che ringraziarlo, “fare assegnamento sempre sulla preziosa sua cooperazione sia come membro del primo ramo del Parlamento, sia come sperimentato consigliere nei più difficili negozi politici” e, al contempo, accettarne le dimissioni.

Venne sostituito con Urbano Rattazzi, nipote dello statista di ugual nome e perciò detto anche Urbanino, sino a quel momento segretario generale della Real Casa. (4)

Il primo ministro Giolitti, tuttavia, era uomo capace di gesti amorevoli e di grande generosità verso chi riteneva avesse titolo a meritarne. E quindi si prodigò per rendere questa fase il meno mortificante possibile per il nostro Visone. Ben lo si percepisce da questa accorata lettera che egli gli indirizzò:

 

Costigliole d’Asti, 3 settembre 1892

Eccellenza,

Mi è pervenuta la pregiatissima lettera di V.E. del 29 ora sono, e non posso nasconderle la penosa impressione che ne ho risentita. Benché più di una volta io avessi manifestato a S.M. il Re il desiderio di ritirarmi, non valuterei abbastanza l’onore di servire il Re nel posto occupato se rimanessi insensibile all’annuncio di perderlo. S.E. ne sarà persuaso.

Non intendo con ciò discutere la risoluzione di S.M. il Re a mio riguardo: fu sempre ed è mio principio accettarle ossequentemente.

Ora V.E. con cortesi espressioni, delle quali lo ringrazio, mi invita a manifestare i miei desideri sopra la mia situazione avvenire.

Ottempero come meglio posso all’invito. La situazione a venire si può riguardare dal lato morale e dal lato materiale se così è lecito esprimersi.

Dal lato morale non dissimulo che una speciale dimostrazione da parte del Re conforterebbe grandemente l’animo mio: non sta a me il chiederla: ma sarei riconoscentissimo a S.M. se volesse degnarsi di usare a me quel trattamento che ebbero i miei predecessori, Ministri titolari della R. Casa dal 1850 in poi, cioè conte Trabucco di Castagneto, conte Nigra e marchese Gualterio, accordando pure a me, in questa circostanza, la nomina di Ministro di Stato, della quale essa furono insigniti; colla conservazione del titolo onorario di Ministro della Real Casa; mi permetto notare che nessuno dei miei predecessori aveva ben 53 anni di servizio attivo al pari di me, 30 dei quali (per mio sommo onore e fortuna) direttamente presso le Auguste Persone dei Sovrani.

Quanto al lato materiale, il collocamento a riposo modifica, certo non in meglio, la mia situazione avvenire, ma a questo riguardo io non ho che rimettermi completamente alle determinazioni di S.M. il Re, del quale ben conosco l’animo generoso e buono.

Spero aver corrisposto al fattomi invito, e sarò grato a V.E. se della mia risposta vorrà rendersi benevolo interprete verso la Persona augusta di S.M. il Re per cui incarico V.E. ebbe la bontà di scrivermi.

Coll’occasione prego V.E. di gradire i sentimenti del mio ossequio.

Devotissimo. Visone (5)

 

E questa richiesta, così profonda ed umana, venne accolta tanto dal Presidente del Consiglio dei Ministri quanto dal sovrano come i fatti dimostrarono:

 

Con R. Decreto del 13 settembre 1892, furono accettate le dimissioni dell’onor. senatore Visone conte Giovanni, dalla carica di Ministro della Real Casa.  Collo stesso decreto l’onor. senatore Visone conte Giovanni, fu nominato Ministro Onorario della Real Casa stessa.  Con altro R. Decreto del 13 settembre, l’onor. senatore Visone conte Giovanni, Ministro Onorario della Real Casa, fu nominato Ministro di Stato. Con R. Decreto del 14 settembre 1892, il comm. avv. Urbano Rattazzi, Segretario generale della Real Casa, fu nominato Ministro della Real Casa. (6)

 

Fu a questo punto che il Visone decise di tornare a vivere stabilmente nel suo amato Piemonte. Ma senza immaginare che poco avrebbe potuto beneficiare dei bei paesaggi della sua amata terra natia:

 

La salute del conte Visone. - Il nostro corrispondente romano ci ha testé annunciato che il conte Visone, già ministro della Real Casa, era piuttosto gravemente infermo di polmonite. Ora siamo lieti di poter rettificare la notizia in questo senso, che il conte si trova già da qualche tempo in una sua villa di Moncalieri por rafforzare la sua salute alquanto scossa, ma non soffro di polmonite né di alcun'altra grave infermità. V'ha quindi luogo a sperare che queste balsamiche arie non tarderanno a ristabilire pienamente in forze l'egregio personaggio. (7)

 

Tuttavia l’entusiasmo di questo articolo venne presto smentito ed a distanza di pochi giorni la situazione parve peggiorare:

 

Il conte Visone malato. - Giorni or sono il senatore conte G. Visone, già ministro della Real Casa, ebbe una grave malattia. Pareva in via di guarigione. Ora purtroppo ha avuta una grave ricaduta, che mette in qualche, pericolo la sua esistenza. Egli si trova, come sappiamo, nella propria villa di Moncalieri, ed è amorosamente assistito dalla famiglia. La principessa Clotilde fa già due volte a visitare l'infermo, trattenendosi assai al suo capezzale. Il Re, la Regina e il Principe di Napoli chiedono giornalmente notizie dell'infermo con la più affettuosa premura e mostrano il più vivo affetto. Anche molti signori dell'aristocrazia piemontese hanno fatto chiedere notizie ed esprimere il proprio rammarico alla famiglia. Facciamo voti perché il conte Visone venga conservato all'affetto dei suoi famigliari e dei numerosi amici. (8)

 

Purtroppo, fu questione di pochi, pochissimi giorni, e le cose precipitarono al punto che il male che l’aveva colpito se lo portò via:

 

La morte del conte Visone. Ieri all'1,30 è morto nella sua villa presso Testona S.E. Il conte GIOVANNI VISONE in età di 80 anni. Già da quando, nel maggio scorso, s'era ritirato in questa villa, egli dimostrava avanzato il deperimento senile che doveva in pochi mesi trarlo alla tomba, dopo alternative di speranza e di sconforto, crudelissime per quanti lo conoscevano, lo stimavano, lo amavano. Morì tra i conforti della religione e della famiglia.

Erano al suo capezzale il figlio Vincenzo, addetto alla legazione italiana in Copenaghen; la moglie, contessa Amalia; il cognato generale Rasini; aiutante di campo del Re. Anche la principessa Clotilde volle portare il conforto della sua augusta pietà agli ultimi istanti di questo devoto servitore di Casa Savoia. La salma sarà portata a Costigliole, patria del defunto. (…)

Giovanni Visone era nato nel 1813 a Costigliole D’Asti. Entrò nella magistratura. Fu deputato per il Collegio di Nizza Monferrato nella IX, X e XI legislatura. Nel 1872 venne creato senatore. Intendente della R. Casa a Napoli, poi segretario generale di essa, amministratore del patrimonio privato di S. M., il Visone fu, infine, nominato ministro della R. Casa, ufficio che coprì con insigne integrità di carattere, tra la più alta stima prima di V. E., poi di re Umberto. Da due anni si era ritirato dalla Corte.

Lo segue nella tomba il compianto di tutti i buoni, dagli umili ai personaggi illustri che ebbero occasione di avvicinarlo. (9)

La salma del conte Visone a Costigliole. — Ieri sera, in forma strettamente privata, la salma del conte Visone venne trasportata per ferrovia a Costigliole d'Asti, paese nativo dell'illustre defunto. Questi aveva lasciato espresse disposizioni perché la sua sepoltura avesse luogo in forma esclusivamente religiosa e senza alcuna pompa ufficiale. (10)

 

Alcuni mesi dopo, infine, dopo la pausa parlamentare estiva, si tenne in Senato la commemorazione:

 

Atti Parlamentari - Commemorazione

Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Pietosa consuetudine vuole che noi mestamente volgiamo il primo pensiero ai nostri trapassati.

Dico adunque che dappoi il nove di agosto morirono i senatori Di Baucina, Visone, Cusa, Plezza, Muratori, Brunet, Scacchi, Martinelli, Di Calabiana, Guala, Minich. [...]

Nel pomeriggio del medesimo giorno cessava di vivere, nella sua villa presso Moncalieri, il conte Giovanni Visone.

A Costigliole d'Asti nacque Giovanni Visone addì 5 ottobre 1814. Laureato a Torino nella legge, per poco in giovine età la professò nelle scuole universitarie; più a lungo, addetto all'ordine giudiziario, ne applicò i dettami. Trasferito, son circa quarant'anni negli uffici amministrativi, raggiunse il grado d'intendente generale il 1859.

Di bella dottrina e pratica amministrativa fornito; mente e sano criterio lo designarono ad incarichi diversi e scabrosi. Fra i quali vuolsi rammentare l'amministrazione del Comune di Genova assai sconvolta nella primavera del 1857 e nello stesso anno la direzione delle contribuzioni dirette; il Governo di Piacenza per brevi giorni unita al Regno sardo; la missione avuta in Napoli a fianco del Cialdini e del Lamarmora che in sé riunivano i poteri civili e militari. Né è da pretermettere il Cavour averlo scelto comecché "di sua piena fiducia… e di somma capacità": giudizio quanto mai onorevole; tempi, incarichi quanto mai spinosi: tutto sommato bastevole a mostrare riscontrarsi in lui avvedutezza e prudenza, calma e fermezza, temperanza e risoluzione.

Dopo ventisei anni passato nel 1865 dal servizio dello Stato nell'amministrazione della Real Casa, vi ebbe incarichi diversi, fino a che ne divenne e ne fu ministro per più di otto. In quel torno entrato in Parlamento sedette durante tre legislature (9ª, 10ª, 11ª), per il collegio nativo di Nizza Monferrato, nella Camera dei deputati e dal 1872 in poi in questa; conciliando con rara discrezione i doveri parlamentari coi doveri ed i riguardi che l'altissimo ufficio presso il Sovrano gli imponeva.

La benevolenza dei due primi Re d'Italia lo accompagnò, lo onorò per i lunghi anni, dei lunghi ed egregi servizi; ne consolò gli ultimi travagliati giorni. Ne furono segni patenti il titolo nobiliare largitogli, i gradi di ministro onorario della Real Casa e di ministro di Stato conferitigli quando l'età e la infermità pur dianzi lo costrinsero a vita privata: nobile guiderdone alla devozione illimitata con che, per oltre cinquant'anni l'illustre uomo aveva messo tutto se stesso in servizio dello Stato e del Re.

Insigne esempio, questo di Giovanni Visone, di tali di cui si perde lo stampo; di funzionari che sebbene, per i compiuti servizi, emeriti, nulla credevano aver fatto quando altre fatiche vi fossero da incontrare. Funzionari i quali, più che altri non pensi, furono fidato e potente strumento in mano degli artefici delle fortune d'Italia ed ai quali la patria rigenerata deve gratitudine ed onore (Approvazioni). [...]

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Sprovieri Francesco.

SPROVIERI F. [...] Completando la mia proposta, propongo che a tutte le famiglie dei colleghi defunti ed a quella del ministro Genala si inviino le condoglianze del Senato.

GIOLITTI, presidente del Consiglio. Domando la parola.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.

GIOLITTI, presidente del Consiglio. Il ricordo, fatto dall’illustre Presidente del Senato, dei meriti patriottici, della sapienza e dei servigi resi allo Stato nelle scienze e nell’amministrazione dai senatori recentemente defunti, dimostra quanta somma e quanto valore di patriottismo e di scienza sia andata perduta per lo Stato. [...]

PRESIDENTE. Se nessun altro chiede di parlare, pongo ai voti la proposta fatta dal senatore Sprovieri Francesco nella quale è compresa anche quella del senatore Bartoli, che cioè il Senato voglia esprimere le sue condoglianze alle famiglie dei senatori defunti, dei quali ho tessuto l’elogio.

Chi approva questa proposta voglia alzarsi.

(Approvato). (11)

 

Così si spense, dopo una vita spesa per le istituzioni e l’Italia, il conte e senatore Giovanni Visone. Cuore generoso di galantuomo del buon tempo antico. Accadde a Moncalieri in quel caldo 14 agosto del 1893.

Alessandro Mella

NOTE

 

(1) Annuario della Nobiltà Italiana, A. Borella a cura di, 2011, ed. XXXI, parte II, tomo II, p. 2473.

(2) L’ordine di Vila Vicosa è ancor oggi onorificenza patrimonio dinastico della Real Casa del Portogallo con gran maestro il Capo della Real Casa del Portogallo, Dom Pedro Duca di Braganza e di Loulè e per cancelliere Dom Nuno Cabral da Camara Pereira Marchese di Castel Rodrigo e Connestabile del Portogallo. Ordine che molte volte ha ornato ed orna il petto di numerosi italiani. Nel caso di Visone questo gli conferì ulteriore nobiltà personale.

(3) Memorie biografiche di Don Giovanni Bosco raccolte dal sacerdote salesiano Giovanni Battista Lemoyne, Vol. IX, Ed. 1917, pp. 413-414.

(4) Giovanni Giolitti, Aldo A. Mola, Ediz. Capricorno, 2005, pp. 77/78.

(5) Giovanni Giolitti al governo, in parlamento, nel carteggio; Aldo A. Mola, Aldo G. Ricci a cura di, Bastogi Editrice Italiana, 2009, pp. 166-167.

(6) Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, 225, 26 settembre 1892, prima pagina.

(7) Gazzetta Piemontese, 181, Anno XXVII, 2 luglio 1893, p. 3.

(8) Ibid., 221, Anno XXVII, 11 agosto 1893, p. 3.

(9) Ibid., 225, Anno XXVII, 15 agosto 1893, p. 3.

(10) Ibid., 226, Anno XXVII, 16 agosto 1893, p. 3.

(11) Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 23 novembre 1893.

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