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Politica Locale
Torino. La grande abbuffata
Il silenzio sui programmi e l’avanzare di chi cerca un posto a tavola
Articolo di Francesco Rossa
Pubblicato in data 26/07/2021

Con la designazione un po’ taroccata e minoritaria di Valentina Sganga a candidata sindaca del M5S, si definisce il quadro dei candidati sindaci degli schieramenti più rilevanti.

La candidatura grillina è un’arma spuntata per un serie di motivi; Valentina Sganga è invisa a gran parte del gineceo del gruppo consigliare uscente, sindaca in testa, poi  si è unicamente distinta in questi anni per agitare il cartello dei NO, dinanzi a seppur timide richieste dell’opposizione.

Altri alati concetti non si sono uditi.

Ma l’argomento maggiormente escludente lo ha indicato Giuseppe Conte che si è appropriato, in caso di ballottaggio, il diritto di dare indicazioni vincolanti sulle future alleanze elettorali e accasamenti. Quindi il peso specifico di Valentina Sganga è pari allo zero. 

A sinistra dopo il posizionamento dei clan e la rivendicazione dei perdenti nel condizionare il programma in partenza riformista di Lo Russo, si percepiscono intensi movimenti rivendicativi  tra i partitini dell’estrema sinistra fagocitati da Francesco Tresso e condizionati da Grimaldi, per quanto concerne il programma elettorale.

Poi ci sono gli scissionisti del PD che però non hanno ancora deciso nella totalità,  se entrare in coalizione o appoggiare Lo Russo in caso di ballottaggio.

Torino, come in passato, avrebbe potuto anche in quest’elezione rappresentare un laboratorio politico, per poi propone al Paese una formula vincente.

Dinnanzi ai pesanti condizionamenti che Lo Russo sta subendo dalla linea estremizzante di Enrico Letta che non smette di ritenersi vedovo dei grillini, oltre ai suoi ex competitors, Tresso in testa che sostiene tesi vicine al M5S e Leu, ma antitetiche alla ripresa economica di Torino, correva voce che Italia Viva, Azione ed altri gruppi minori fuoriusciti dal PD, potessero creare un’alternativa riformista da collocarsi tra i due poli, conglobare le migliori risorse con una visione realista  del mali e delle necessità di Torino.

Al momento pare che questo disegno si stia frantumando, almeno nella totalità e compattezza dei rispettivi partiti o movimenti, al pari della  confluenza globale tra le forze che sostengono Damilano.

Ci sono lavori in corso che rispettiamo e di cui attendiamo l’esito.

C’è un elemento poco edificante che accomuna sinistra e centro destra. La rincorsa  e l’autocandidatura di nullità che già in passato senza portare idee e contributi elettorali di rilievo, si sono distinti nell’equilibrismo dei voltagabbana, cambiando schieramento a seconda della bisogna.

La fame fa brutti scherzi. Costoro invece di bussare alla Caritas cercano di sbarcare il lunario con un seggio consigliare o per grufolare nel sottogoverno, svilendo ancor più il valore delle istituzioni e immiserire i Partiti.

Nel centro destra la candidatura a sindaco di Paolo Damilano è ormai  ufficiale. Si sta muovendo in città, partecipa a convegni, cerca di portare personaggi di rilievo nelle sue liste civiche d’appoggio. Corre insistente voce che l’ultima acquisizione di pregio, sia la dottoressa Giovanna Giordano Peretti, professionista già distintasi con le madamine a favore delle grandi comunicazioni e per mettere in risalto le potenzialità di Torino con il gruppo “Esageruma. Un sogno per Torino”

Vedremo. Potrebbe rappresentare la scelta azzeccata.

L’aria spira al momento a  favore di Damilano, ma, come per  Lo Russo,  il programma ufficiale ancora manca.

I giorni di settembre, ghettizzazione covid permettendo, saranno decisivi per l’incontro dei candidati con la città e per far parlare i fatti.

Ma cosa dovranno tenere presente i maggiori protagonisti della contesa elettorale, se intendono battersi per il Bene Comune?

La città  fiaccata dalla nefasta azione della giunta Appendino, le ripercussioni del Covid sulla nostra economia e le scelte sempre più anti torinesi di Stellantis, sta aspettando il cambiamento di passo.

Il ruolo  di Exor è inutile ripeterlo, persegue altre logiche lontane dal territorio e dal passato . Se non intervengono imposizioni legislative che lederebbero i principi della concorrenza e della libera imprenditoria c’è poco da fare.

Domani pomeriggio il presidente Cirio ed un codazzo di imprenditori e sindacalisti  saranno ricevuto dal presidente  Draghi per affrontare il caso Torino che inevitabilmente impatta sul futuro del Piemonte.

Se escludiamo la deleteria assegnazione di un ministero  o di un’astrusa Autority, l’unica concessione valida che potremo attenderci dal governo, potrebbe riguardare la leva fiscale in tutte le accezioni positive a favore di chi qui intraprende e crea occupazione stabile. Bene.

Ma se il territorio non è in grado di formulare e presentare proposte concrete e sostenibili, dove si potrà arrivare?

Alla solita aria fritta che poco o nulla produce, con contributi a pioggia sprecati con in passato.

Dopo l’annuncio governativo e di Stellantis sulla mancata produzione delle batterie per le auto elettriche a Mirafiori, non abbiamo ascoltato proposte operative o progetti fattivi degni di nota, se escludiamo i vomitevoli propositi green e  colpevolmente svolazzanti dal perdente Tresso e dei suoi compagni di merenda che hanno già dimostrato il peggio e l’inconcludenza, quando si sono occupati di pubbliche utilità.

Non c’è stato nessuno ipotetico candidato che, conoscendo  la realtà e stando con i piedi per terra abbia compreso che le incombenze burocratiche che le norme statali e le pratiche regionali e comunali pongono in capo ad un imprenditore che intenda intraprendere un’attività dal ”prato verde”, o un costruttore che intenda costruire un fabbricato  o ristrutturare l’esistente (come sta avvenendo con la ex stazione di Porta Susa) deve imbarcarsi in pratiche lunghe e costose. Quest’impatto scoraggia coloro che, con minor fatica ed ottimi risultati possono  insediarsi nei Paesi confinati o nelle regioni autonome. Ma i nostri piccoli politicanti si rendono conto cosa significa per l’economia il volano dell’edilizia? O i posti di lavoro creati da un’impresa manifatturiera e dall’indotto?

Se costoro conoscessero a fondo la macchina comunale, sarebbero in grado di ridisegnare ogni fase  indispensabile dell’iter burocratico, sollecitando  il governo per l’abbattimento di procedure antistoriche,  lunghe, costose, magari, per contrappeso, appesantendo penali e denunce  a carico di coloro che cerchino di trarre indebiti profitti.

Invece tutti tacciano e trionfa l’aria fritta.

Abbiamo fatto un esempio, ma il discorso e la casistica potrebbe ampliarsi. Ora più che mia la città esige concretezza. Le passerelle sono strumentali e per certi versi necessarie, ma senza il cogito non si procede. Intanto Torino affonda!

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