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Cronaca Internazionale
L’ultimo aereo da Kabul
Attentati all’aeroporto, l'ISIS rivendica l'attacco. Primi paradossi in una terra sempre in guerra. Come venir fuori dall’enclave per gli ultimi voli?
Articolo di Carlo Mariano Sartoris
Pubblicato in data 27/08/2021

Strage a Kabul, due kamikaze tra la folla, carneficina annunciata, uno scenario prevedibile.

Era il 29 febbraio 2020 quando Donald Trump rendeva noti gli accordi di Doha tra la fazione dei Talebani e gli USA; trattati che prevedevano la fine del conflitto in Afghanistan e la volontà di ritirare le truppe da quel territorio, peraltro difficile da abbandonare.

Le drammatiche immagini di questi ultimi giorni, che riportano l’isterica corsa alla fuga dall’aeroporto di Kabul dopo i cinque giorni dell’avanzata talebana verso la capitale afghana, avvalorano uno scenario prevedibile, ma poco considerato. Gli attentati di queste ultime ore poi, sono lo specchio di quanto era intuitivo e che sta accadendo in un teatro bellico dove non vi sono veri eserciti vincitori, ma soltanto un disimpegno che sgombera il campo, lasciando l’Afghanistan a plurime frange estremiste consacrate ai mantra più integralisti della Sharia.

Non era difficile immaginare una drammatica fuga da Kabul. L’Afghanistan è una nazione di 652.000 km² conficcata nel centro dell’Asia, priva di uno sbocco al mare, circondata da nazioni di fede islamica che, per questioni endemiche, hanno idee poco allineate a quelle dell’Occidente. Un luogo scomodo nel quale trasferirsi per la coalizione occidentale.

Sbagliato poi, paragonare questa fuga da Kabul a quella da Saigon, avvenuta negli ultimi atti di quella sporca guerra del Vietnam. In quel caso si sparava alle porte della città e pur nella drammaticità del disimpegno, la marina USA appoggiava dal mare. Chi proteggerà dal cielo o da terra il decollo dell'ultimo volo da Kabul?

Se già oggi, pur alla luce dei più morbidi accordi di Doha, i raccapriccianti attentati rivendicati dal sedicente Stato Islamico opposto ai Talebani, contano decine di morti  e centinaia di feriti all’aeroporto di Kabul, cosa accadrà il 31 agosto, quando partirà l’ultimo aeroplano?

Come in ogni guerra, anche in questo caso la parte più difficile è riuscire a sopravvivere quando sta finendo. L’ISIS ha già inflitto la sua strage, macellando civili afghani e uccidendo dodici marines senza far distinzione tra civili musulmani e odiati occidentali. È la mano di bestie feroci senza alcuna umanità, si sa, ed è di sicuro solo l’inizio. Non vi sono ancora notizie di Al Qaeda, tuttora presente sul territorio, e con cui, Donald Trump non aveva firmato alcun accordo. Le notizie che si susseguono riportano di alcuni colpi sparati contro un C130 italiano al momento del decollo.

Che il nuovo presidente USA abbia messo in atto una precipitosa e unilaterale cretinata è opinione universale, in America già si sta parlando di dimissioni, mentre in conferenza stampa Biden dichiara solenne: "Vi colpiremo ovunque", ma come e quando ormai? Cosa accadrà al popolo afghano invece, è presto per dirlo noi, così distanti, sedotti dal nostro sviluppo senza limiti, inquinante e progressista a oltranza, quindi invasivo anch’esso.

Ascolto l’Occidente che balbetta, inciampa su se stesso, ammette errori ed omissioni, ma nel frattempo si sbriga nell’anticipare l’ultimo volo; non c’è rimedio, ma paura adesso.

I telegiornali di tutte le reti ci aggiornano sulla situazione. Toni nervosi di osservatori e critici per lo più senza verità, informano, prevedono, contano i morti degli attentati all’aeroporto di Kabul. Ultime notizie: dovrebbero essere già più di 90, e centinaia i feriti, nessun italiano per ora.

In certi casi, all'ascoltatore diventa scostante e faticoso seguire giornalisti, politici e mezze tacche di improvvisati opinionisti, interrogati dai conduttori di dibattiti televisivi che fanno a gara per invitare chicchessia a strillare questa o quella verità, generando la solita caciara che ad altra gente piace, cattura gli spettatori e fa audience.

La verità al momento è semplicemente drammatica. Quel che sarà in futuro si vedrà. Vale la pena di ricordare che nel 1988, quando i russi furono cacciati dall’Afghanistan, ne seguì una guerra civile tra fazioni islamiche avverse per il controllo del Paese e per il potere politico.

Difficile immaginare cosa succederà adesso in un territorio deserto e brullo, ma quanto mai ambito per i suoi tesori dell’ultima generazione. Il suo sottosuolo è un patrimonio di litio, metalli e terre rare. Sono il nuovo petrolio, materie prime di un futuro che è già qui. Chi mangerà la torta? La Cina sta già apparecchiando la tavola.

Al momento è prematuro ogni pronostico, soprattutto in uno scenario economico globale. Per ora la priorità sarà riuscire a decollare con l’ultimo aereo che scappa da Kabul; se ce la farà… i dubbi sono tanti.

Davvero difficile per noi davanti alle tv, capire quei luoghi, quelle genti e i pensieri dei suoi popoli. Consiglio a tutti di cercare un film: "Viaggio a Kandahar". È del 2001, appena prima dell’attentato alle torri gemelle, e quanto mai istruttivo. In 80 minuti di una storia vera, girata sui luoghi e con persone comuni, si capisce molto. L’ho visto su La 7 pochi giorni fa; scioccante! Ancor di più perché subito dopo passava un servizio sull'altro volto della società occidentale: il salone nautico di Genova; balocchi in bella vista, costosi oggetti del nostro fatuo desiderio. Un’altra realtà dopo la povertà essenziale tramandata dal film.

C'è molto da pensare sul dare, avere, saldo di queste e quelle etnie. Certo la razza umana è una brutta infezione per tutto il resto delle meraviglie di questo pianeta stanco di sopportare ogni nostro paradosso…in ciò che crediamo bene, e ciò che crediamo male, in ciò che credevamo fino a ieri ed oggi, e quasi non ci appartiene più.

 

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