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Cultura
Cervia nella storia
Di Ezio Marinoni
Articolo di Milo Julini
Pubblicato in data 18/09/2021

Il quotidiano “Il Resto del Carlino – Quotidiano Nazionale” del 23 agosto 2021, a pagina 5, titola: “Nuovi ritrovamenti tra gli scavi di Cervia Vecchia”.

Nello specifico, “è stato ritrovato un pezzo quasi unico: una insegna da pellegrino risalente al 1300, anno del primo giubileo. Del piccolo reperto, che raffigura i due santi Stefano e Lorenzo, ne esistono solo altri 4 esemplari in tutta Europa. Quello cervese, il quinto, è il secondo in Italia, che si affianca al reperto analogo ritrovato in Liguria”.

Dalla campagna archeologica sono riemersi inoltre “mura domestiche e di edifici sacri, sepolcri e altri tesori che stanno riportando alla luce la Cervia Vecchia”.

Voglio andare molto indietro, sulle tracce di questa narrazione. A partire da due domande: dov’era e cosa rappresentava Cervia Vecchia?

C’è stato un tempo – anch’esso molto lontano – in cui le Pievi, all’interno di una Diocesi, svolgevano un ruolo importante per la Chiesa e per le comunità.

L'antica Diocesi comprendeva cinque Pievi, tutte scomparse: Sant’Andrea in Domoculta, San Pellegrino, San Tommaso e, in territorio ferrarese annesso a Cervia nel XII secolo, San Vitale in Fiscalia e San Pietro in Massa Fiscaglia.

La Pieve di Santo Stefano in Pisignano, pur essendo nel comprensorio di Cervia, fino al XV secolo faceva parte della Diocesi di Cesena.

Le prime notizie di una Cattedrale, intorno al Mille, fanno riferimento alla chiesa di San Paterniano (Patrono di Cervia). L'edificio, oggi scomparso, era orientato da est a ovest ed era situato presso la strada di Cesena; il Palazzo Vescovile si trovava dietro l'abside della chiesa.

Ed ora entriamo nella storia di Cervia.

Sulla città, il cui primo nome fu Ficocle, ci muoviamo tra storia e leggenda: era più all’interno dell’attuale Cervia, era stata costruita nella zona delle saline; il suo nome fa pensare ad un’origine greca (Phycus = alga e cleòs = celebre).

La prima attestazione di un Vescovo nella Diocesi di Ficocle (sottoposta direttamente al Patriarcato di Roma), voluta proprio da Roma a contrasto del potere della Diocesi di Ravenna, risale all'anno 501.

Vi è incertezza sul nome del primo Vescovo. La tradizione indica Sant’Eleuterio, discepolo di Sant’Apollinare. Dai documenti qualche storico propende per San Geronzio, uno dei vescovi partecipanti al Sinodo romano del 501 indetto da Papa Simmaco.

Non sappiamo quando il suo nome sia cambiato, da Ficocle in Cervia.

Il primo documento con il nuovo nome è una pergamena degli atti del Concilio di Ravenna del 997 – indetto da Gregorio V, Papa dal 996 al 999, a cui si contrappone l’antipapa Giovanni XVI - firmati anche da “Leo episcopus Phycodensis, quae nunc Cervia vocatur”.

La prima notizia delle saline ci viene dal geografo arabo Al Idrisi (geografo di Corte a Palermo, nel Regno di Sicilia), nel suo “Libro di Re Ruggero” del 1153: egli scriveva che Cervia, grazie alle sue saline, era una “città grande, popolosa, commerciante, industriosa, ricca e florida”.

A conferma, un secolo dopo, Enrico di Susa (docente all’Università di Bologna e meglio noto come Cardinale Ostiense) amava dire: “Plus habemus de parvula Cervia quam de tota Romandiola”.

Quando inizia la decadenza di Cervia?

Probabilmente tra la Signoria dei Da Polenta e la dominazione veneziana, in quanto in un documento del 1452 è già scritto che essa è una “città marina, vera immagine dell’antichità, essendo fabbricata semplicemente con argeni e tronconi di alberi, e ripiena di capannuccie di canne, e di paglia, per l’habitatione de sali, che colà si fanno in gran quantità”.

Nel Seicento era un fatto acquisito, a causa delle cattive condizioni ambientali e sanitarie.

Una lettera degli anziani del 1633 dichiara che: “Il poco numero degli abitanti di questa città causa che quantità di case di essa vanno a male, per non essere habitate”.

I Vescovi iniziano a preferirle Massafiscaglia per risiedere (Monsignor Girolamo Santolini vi muore e vi viene sepolto nel 1656).

La prima richiesta per una nuova Cervia si legge negli Atti Consiliari del 5 gennaio 1634.

Dovrà passare oltre mezzo secolo: la prima fase della ricostruzione va dal 1697 al 1714.

Nei suoi Annali del 1691 l’Abate Benedetto Fiandrini scrive che il Conte Michelangelo Maffei fa costruire due magazzini per il sale presso il nuovo porto e accanto fa erigere una torre per difenderli dai pirati.

Finalmente, il 9 gennaio 1697 Papa Innocenzo XII firma il chirografario con cui affida al Tesoriere Generale Cardinal Lorenzo Corsini l’incarico di riedificare Cervia.

Si costruiscono in luogo più sano, lontano un miglio e mezzo da saline e paludi: l’abitazione del Governatore; le carceri; le case per i Ministri della Camera Apostolica; il quartiere per il Bargello e gli sbirri; l’osteria; il forno; il granaio pubblico; 40 case a due piani di 4 stanze l’una per i salinari; un muro sulle sponde del canale del porto (lungo dalla città al mare).

Il Vescovo si impegna a fabbricare a sue spese la nuova cattedrale e il palazzo vescovile.

I cittadini (non salinari) che accettano di trasferirsi nella Nuova Cervia ottengono in dono il terreno per costruire la loro casa.

Il Vescovo benedice la posa della prima pietra il 24 gennaio 1698.

L’architetto Francesco Fontana progetta la città secondo le classi sociali del tempo: in periferia salinari ed artigiani; nella piazza e nelle vie principali i nobili e i cittadini più importanti; la piazza, come si vede ancora oggi, viene divisa fra autorità civile e religiosa (il palazzo municipale è opposto alla cattedrale e al palazzo vescovile, che nel corso del Novecento hanno perso questa dignità, con l’accorpamento della Diocesi sotto Ravenna).

Dietro il palazzo priorale (oggi comunale) si crea una piazzetta per le botteghe e i banchi delle ortolane e dei pescivendoli.

Al cervese Lorenzo Caleppi viene concesso l’appalto per il trasporto del materiale di recupero dalla demolizione della città vecchia, che si abbatte man mano che si costruiscono le abitazioni e i palazzi della città nuova.

È una complessa fabbrica in continuo movimento, un’operazione unica nel suo genere.

Una storia poco conosciuta perché della città vecchia non è rimasto quasi nulla e i documenti si trovano negli archivi vaticani (perché nel Sei e Settecento Cervia faceva parte dello Stato della Chiesa).

Cosa rimane di Cervia Vecchia?

La Rocca (che sarà demolita nel 1705); la chiesa della Madonna della Neve, appositamente conservata per tumularvi le ossa raccolta dal cimitero della cattedrale e da altre chiese, che si decide di lasciare nella città morta. La chiesa verrà sconsacrata nel 1866, incamerata dal Demanio, adibita a caserma della Guardia di Finanza e infine ad abitazione.

La nuova città è in origine un rettangolo di 270 metri per 170, ogni angolo termina con un baluardo che si eleva dalle mura, con 48 abitazioni al suo interno. Al centro dei lati nord e sud si aprivano la Porta Ravenna e la Porta Cesenatico (distrutte da eventi bellici).

Nella via di mezzo si allineano 13 case più ampie e signorili, aperte da portoni con cortili interni che ospitavano scuderie, rimesse, legnaie e magazzini con accesso da ingressi secondari.

Vi sono anche i conventi di tre ordini religiosi: gli Agostiniani, con la chiesa di San Giorgio; i Conventuali, con la chiesa di San Francesco (divenuta cinema); i Minori Osservanti (trasferitisi da Cervia Vecchia nel 1704), con la chiesa di Sant’Antonio.

Una volta terminata in tutte le sue parti, con grande sforamento sulle previsioni di spesa, la città piacque molto per la sua simmetria, per la ordinata uniformità dei suoi edifici, per la sua piazza ampia e regolare ornata di portici per tre lati.

Una curiosità: nella pianta del 1711 sono segnati alcuni edifici al di fuori del perimetro di Cervia. L’Ospizio dei Padri Cappuccini con chiesuola e cortile e un orto spettante al Bargello; una osteria con portico antistante, cortile, stalla, fienile e appartamento soprastante; la conserva della neve; un ponte di legno sopra il canale, di fronte al Baluardo del Forno.

Un piccolo mistero storico…

Dal disegno che il Canonico Pietro Senni ci ha lasciato del Palazzo Comunale di Cervia Vecchia si desume che il balcone, la nicchia e la statua della Madonna che ornano il Palazzo Comunale di Cervia Nuova provengano da quell’altro edificio… Ma nel Libro dei Partiti (il registro delle deliberazioni del Comune di Cervia, N.d.A.), alla data del 26 agosto 1754 si legge che fu deciso “di dare facoltà agli Ill.mi signori Anziani nunc e pro tempore di poter fare una immagine della Beata Vergine, e farla riporre nel nicchio sotto l’orologio, con la ringhiera di ferro per poter, secondo il buon costume delle altre città, far sonare all’Ave Maria da una trombetta, e pubblicare li bandi dalla stessa ringhiera...”. Chi sarebbe stato l’autore della nuova immagine non ci è dato di sapere.

E io mi domando, infine, perché non si sia chiamata Cervia Nuova la città oggi frequentata da tanti turisti, come avvenuto in altri casi, considerate le modalità della sua costruzione con l’abbandono della città vecchia.

 

@Ezio Marinoni

Bibliografia

Umberto Foschi – La costruzione di Cervia Nuova.

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