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Cronaca
Ancora ingiustizia per l'eroe Bruno Contrada
La riforma più che mai indispensabile è quella della giustizia ingiusta
Articolo di Massimo Calleri
Pubblicato in data 14/01/2022

Tra i tanti esempi di malfunzionamento della giustizia in Italia, specialmente nella lotta alla mafia, c’è la vicenda di Bruno Contrada, alto funzionario di Polizia e dei servizi segreti che ha impegnato tutta la propria carriera alla lotta alla mafia.

Appartiene alla scuola di chi la mafia la combatte con informatori, pedinamenti, indagini serie che portano all’arresto dei mafiosi e non alla scuola, molto più in voga, di chi pretende di combattere la mafia carpendo mezze frasi da “pentiti” per mandare a processo con accuse assolutamente prive di fondamento personaggi in vista – specialmente politici- accusati di “concorso esterno”, il famoso reato che non esiste inventato in Italia in cui praticamente chiunque potrebbe incorrere tanto è vago; questi signori guadagnano titoloni sui giornali, avanzano in carriera con indagini fondate sul nulla che sempre nel nulla si chiudono, non senza avere devastato la vita degli indagati.

Non poteva mancare un’accusa per concorso esterno a uno come Contrada, che sicuramente in tanti anni di lotta alla mafia avrà avuto contatti con informatori dentro le cosche – altrimenti che servizi segreti sono…- e qualche parola col contagocce di qualche “pentito” lo ha fatto diventare un pericoloso mafioso, ovviamente con tanto di arresti a ridosso del Natale di tanti anni fa, con seguito di televisioni e giornalisti amici a documentare il tutto.

E’ inutile dire che chi ha condotto i processi contro Contrada apparteneva alla scuola di pensiero dei processi “ad effetto” fondati sul niente che portano sul banco degli imputati personaggi eccellenti distruggendone le vite senza che un solo boss mafioso venga minimamente sfiorato dalla possibilità di arresto.

Il processo a Contrada è durato anni ma alla fine è stato riabilitato, quasi novantenne, ed è stato riconosciuto che la sua condotta non ha comportato alcun reato.

E non ci sarebbe stato bisogno di processi quasi trentennali per capire che uno dei massimi esponenti della lotta alla mafia, che non ha mai cercato le copertine o i titoli al TG, la mafia l’ha combattuta e non agevolata.

Il Tribunale di Palermo è stato condannato a risarcire Contrada per ingiusta detenzione, ma i magistrati hanno avuto da obiettare anche su questo; le opinioni dei PM, perché di opinioni si tratta, anche se poi cadono alla prova del processo perché infondate, hanno valore di dogma quasi come i pronunciamenti papali e quindi nessun risarcimento deve andare a chi ha avuto carriera e vita distrutta dalle loro indagini per poi risultare innocente dopo essersi fatto anni di carcere senza nemmeno che il processo fosse iniziato.

Oltretutto nel procedimento in cui la procura ha rifiutato di pagare il risarcimento a Contrada, come ha osservato il suo legale, all’imputato, ammalato e ultranovantenne, non è stato permesso di difendersi e far valere le proprie ragioni.

Se mai ci fosse ancora bisogno di capire che la riforma più che mai indispensabile è quella della giustizia ingiusta…

Un eroe come Contrada dovrà essere ricordato nei libri di storia e non trattato come un criminale da magistrati accecati dall’odio ideologico che su quell’odio hanno costruito le proprie carriere.

 

Luigi Cabrino

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