APRI
IL
MENU'
Cultura
20 gennaio, i Santi Martiri di Torino
Solutore, Avventore, Ottavio e le loro chiese
Articolo di Ezio Marinoni
Pubblicato in data 20/01/2022

Chi sono i Santi Martiri di Torino?

Solutore, Avventore e Ottavio, ricordati come i primi (in ordine cronologico) protettori della città.

Poche sono le notizie riguardo alle loro esistenze: da alcuni scritti risalenti al V secolo risulta fossero soldati romani appartenenti alla Legione Tebea, che secondo la tradizione cristiana sarebbe stata condannata prima alla decimazione (punizione esemplare in cui viene condannato a morte un soldato ogni dieci) e poi allo sterminio completo dall’Imperatore Massimiano.

Causa del suo accanimento fu il reiterato rifiuto di giustiziare le popolazioni stanziate nella regione del Vallese, in Svizzera, ree di essersi convertite al cristianesimo. L’epurazione di questi soldati viene ricordata come il massacro di Agaunum.

I tre futuri santi cercano di fuggire, vengono raggiunti a Torino: Avventore e Ottavio sono catturati per primi e trucidati immediatamente; la fuga del più giovane dei tre, Solutore, arriva fino ad una cava di sabbia dove cerca riparo, anch’egli viene catturato e, condotto nei pressi della Dora Riparia, subisce il destino degli altri due compagni.

Leggiamo ne “Le chiese di Torino” di Luciano Tamburini:

Il martirio dei protettori di Torino – Solutore, Avventore e Ottavio – era avvenuto in un livido mattino d’inverno fra il 285 e il 286, e fuori dalle mura era sorta, a cura di una pia matrona, una cella oratoria migliorata poi dal vescovo Vittore e sostituita più avanti da un monastero benedettino. Sorgeva sull’area della futura cittadella e fu atterrato il 26 aprile 1536 dai francesi”.

La tradizione vuole che la matrona che recupera i loro corpi si chiamasse Giuliana, di Ivrea: mossa a compassione, si occupa della loro sepoltura e decide di innalzare sul sepolcro una piccola cappella. Questa verrà trasformata verso la fine del V secolo in una basilica dal Vescovo Vittore, in carica dal 470 al 494, e circa cinque secoli dopo incorporata ad un monastero per farne un’abbazia intitolata a S. Solutore dal Vescovo Gezone. Il complesso ospitava i resti delle spoglie del santo a cui era intitolata oltre a quelle di Avventore e di Ottavio, oltre a quelle di santa Giuliana, che le aveva raccolte.

Gli agiografi medievali indicano in Giuliana anche l’educatrice di Gaudenzio, che diventerà Vescovo di Novara.

Il complesso scomparso ospitava i resti delle spoglie del santo a cui è intitolata oltre a quelle di Avventore e di Ottavio, nonché quelle di Santa Giuliana, che le aveva raccolte.

Con la demolizione dell’abbazia le reliquie sono trasferite prima nella chiesa di Sant’Andrea (l’attuale Consolata) e poi presso l’oratorio provvisionale dei Gesuiti il 19 gennaio 1575, fino a quando non trovano la loro collocazione nella chiesa dei Santi Martiri, il 20 Gennaio 1584.

Nonostante l’Arcidiocesi di Torino ne celebri la memoria proprio il 20 Gennaio, il Martiriologio Romano stabilisce la loro memoria liturgica il 20 novembre, fissandola come data della loro morte:

“A Torino [si festeggiano] i santi Martiri Ottavio, Solutore e Avventore, soldati della legione Tebana, i quali, sotto l’imperatore Massimiano, combattendo valorosamente, furono coronati dal martirio”.

 

La chiesa dei Santi Martiri

Si tratta della prima chiesa fatta costruire dai Savoia a Torino ed è la più antica sede dei Gesuiti in città. Edificata per accogliere le spoglie dei più antichi protettori della città e della casata sabauda (i Santi Martiri Avventore, Ottavio e Solutore), questa chiesa ha sancito l’alleanza fra il Duca Emanuele Filiberto, presente alla posa della prima pietra nel 1577, e i Gesuiti, chiamati a Torino negli anni Sessanta del Cinquecento a dirigere un collegio nell’Isola di San Paolo, tra le vie di Dora Grossa, oggi Garibaldi e dei Guardinfanti, l’attuale via Barbaroux.

Durante gli scavi per le fondamenta della chiesa vengono rinvenute una gamba bronzea di un legionario e una zampa di cavallo, anch’essa in bronzo, (conservati presso il Museo di Antichità).

Luigi Cibrario ci porge la storia di questa chiesa e uno spaccato delle sue preesistenze, fornendoci i nomi di chiese poi scomparse, e la descrizione del sito (Storia di Torino, vol. II).

“Lo sito medesimo in cui si murava la novella chiesa de’ Ss. Martiri, sorgea prima la chiesa antichissima parrocchiale di Santo Stefano, di cui si ha memoria fin dal 950. Nella quale epoca era uso, che i canonici della Cattedrale fossero incardinati ad alcune chiese della città, e v’esercitassero l’ufficio parrocchiale. Rettore della chiesa di Santo Stefano era allora l’arcidiacono del capitolo Torinese.

Nel 1551 la parrocchia di Santo Stefano era unita a quella di San Gregorio; nel 1575 fu soppressa, e la chiesa colle case vicine passò in proprietà del Seminario ivi fondato da monsignor Gerolamo della Rovere, in esecuzione dei decreti del Concili di Trento. Tre anni dopo era fatta al Seminario la facoltà di alienare la chiesa e le case vicine alla Compagnia di Gesù, affinché si potesse, e meglio stabilire il loro collegio, e murare una chiesa più degna in onore de’ Ss. Martiri protettori di Torino.

(…) Vincenzo Parpaglia, abate commendatario di San Solutore, avea domandato ed ottenuto da S. Pio V nel 1570, che si stralciasse un terzo circa delle rendite di quella ricca badia, e si cedesse in perpetuo alla Compagnia di Gesù, coll’obbligo fra gli altri d’edificare un tempio in onor di que’ Santi.

Fu cominciato nel 1577, nel qual anno a’ 23 di aprile il grande Emmanuele Filiberto ne pose la prima pietra insieme coll’arcivescovo Girolamo della Rovere e col Nunzio; e si ha memoria che fu posta al pilastro che è accanto alla porteria. Nello spazio di sette anni ne fu compiuta la metà, largheggiando e di doni e d’ufficii la compagnia di S. Paolo, poco prima per privata associazione formata ne’ chiostri di S. Domenico per mantener illesa in Torino la pura fede cattolica”.

Dopo questa narrazione, possiamo finalmente entrare in chiesa, progettata da Pellegrino Tibaldi (1527-1596) e resa “officiabile” entro il 1583 per accogliere solennemente il 10 gennaio 1584 le reliquie dei Santi Martiri torinesi. Raccolto in un’unica navata, l’interno è caratterizzato dal monumentale affaccio delle cappelle laterali.

Nel frattempo, Torino è diventata la capitale di un Regno, anzi di due Regni... (nel 1713 del Regno di Sicilia, nel 1730 del Regno di Sardegna) ...

Ed è proprio nel 1730 che l’urna in bronzo dorato con le reliquie dei Santi Martiri viene inglobata in un nuovo altare maggiore progettato dal primo architetto di corte, Filippo Juvarra (1678-1736), in sostituzione del precedente - che era innalzato tra il 1664 e il 1667 dall’impresa del luganese Tommaso Carlone, grazie ad un lascito testamentario della prima Madama Reale, Maria Cristina di Francia (1606-1663) -. Gli stemmi della Duchessa compaiono ancora sugli altari laterali del presbiterio, a testimonianza della sua regale origine.

Una delle prime descrizioni dell’interno ci viene da Giovanni Gaspare Craveri (Torino, 1713 - 1783), autore della Guida de’ forestieri per la Real Città di Torino, stampata nel 1753, che ne fa assaporare la magnificenza tutta barocca, con il suo aulico linguaggio (oltre al vocabolario, è da notare come le lettere “esse” si scrivessero “effe” eccetto che nei nomi propri).

La Tappezzeria è di damafco cremisi con galloni, e frange d’oro. Gli Archi delle Cappelle, e delle Tribune, e gli Architravi delle Colonne fi adornano con fandalo roffo con piccol gallone, e cordoni pendenti di fila d’oro.

(…) Non fi deve parò paffare fotto filenzio il grandiofo, e magnifico Oftenforio guernito di diamanti, ed il ricco, e fuperbo ornamento, di cui fi adorna la Cappella di S. Francesco Saverio, tutto d’argento intagliato, con li rilievi, ed altri lavori dorati”.

Craveri ci descrive ancora le Orme di Santa Giuliana: “(…) Vicino alla Balauftra vedonfi per due piccole grate da una parte le Pedate di S. Giuliana, impreffe nel marmo, e dall’altra parte il Saffo, fu cui fu decollato S. Solutore, tinto del fuo sangue”.

Da ultimo, il Craveri ci narra come “Ne’ Chiostri fono tre Congregazioni di secolari, cioè quella della Santiffims Annunziata per i Nobili; quella de’ Ss. Re Magi per i Mercanti; quella del Tranfito della Vergine per gli Artifti. Tutte e tre quefte Congregazioni fono fotto la direzione di quefti Padri, li quali in quefto Collegio hanno pure una belliffima, e copiofa Libreria, nella quale fi confervano varj Manofcritti Originali”.

 

Tra il 1765 e il 1766 è collocato alle spalle del nuovo altare maggiore il grande quadro ovale con i Santi Martiri che invocano la protezione della Madonna su Torino, del pittore romano Gregorio Guglielmi (1714-1773).

La prima cappella di destra, in testa alla navata, custodiva in origine le reliquie dei Santi Martiri: per questo motivo, è la prima parte della costruzione ad essere stata completata. La cappella sarà ceduta in un secondo tempo alla citata Compagnia di San Paolo, che la dedica al proprio santo patrono e ne cura il nuovo allestimento.

La pala d’altare che rappresenta San Paolo, del 1607, è attribuita a Federico Zuccari (1539 – 1609). Non è certa, invece, l’attribuzione della composizione che sorregge la mensa dell’altare, con due angeli in bronzo che mostrano una cartella a racchiudere l’immagine del santo in preghiera davanti alla Madonna di Monserrat; è verosimile che sia stata realizzata su suggerimento di Andrea Pozzo che, tra il 1677 e il 1680, è presente ai Santi Martiri per affrescarne la volta con il fondale con Sant’Ignazio portato in gloria dagli angeli. Ignazio di Loyola e i Gesuiti erano devoti alla Madonna di Montserrat, in quel santuario una delle cappelle è dedicata al fondatore della Compagnia di Gesù.

Oggi è possibile vedere soltanto più una piccola parte di quei dipinti, sostituiti tra il 1842 e il 1844 dalle pitture di Luigi Vacca (Torino, 1778 - 1854): le superstiti si trovano sull’arco posto tra il presbiterio e la navata (due Angeli musicanti) e sulla parete di controfacciata (“Putti che sorreggono un cartiglio” e “Concerto d’angeli”).

Giuseppe Torricella, nel suo “Torino e le sue vie”, aggiunge altri particolari sulla chiesa e su personaggi che vi sono sepolti.

“Sul pulpito vi predicarono illustri oratori; fra i molti basta il ricordare i celebri Daniele Bartoli e Paolo Segneri. Riposano in questa chiesa: Filiberto Millet arcivescovo di Torino, dotto ed eloquente prelato morto nel 1625; Gian Francesco Bellezia sindaco della città, che tanto di distinse che travagliò Torino nel 1630, morto il 13 marzo 1672, e Priama sua moglie sepolta nel febbraio del 1675. Nell’ultima cappella a sinistra di chi entra, è la tomba con monumento del conte Giuseppe De Maistre, scrittore eloquente e profondo filosofo”. 

Dopo la sua morte, Joseph De Maistre (1753 - 1821) è dapprima sepolto nella chiesa di Altessano da dove, nel 1833, viene trasferito qui, presso quei Padri Gesuiti che gli erano stati maestri durante la giovinezza. Egli fu un controrivoluzionario nel suo tempo e uno strenuo assertore dell’autorità papale. Autore, fra altri testi, dello Studio sulla sovranità, Del Papa e Le serate di San Pietroburgo, era stato ambasciatore di Vittorio Emanuele I presso la corte dello Zar Alessandro I.

De Maistre è l’ultimo ad essere accolto in questa chiesa. Con lui si chiude così un cerchio di storia, arte, fede e pensiero.

@Ezio Marinoni

 

Bibliografia

Gaspare Giovanni Craveri – Guida de’ forestieri per la Real Città di Torino - 1753

Giovanni Semeria - Storia della chiesa metropolitana di Torino, descritta dai tempi apostolici sino all’anno 1840 – Alessandro Fontana Editore - 1840

Luigi Cibrario – Storia di Torino (2 voll.) - Alessandro Fontana Editore – 1846

Giuseppe Torricella – Torino e le sue vie illustrate con cenni storici – Borgarelli - 1868

Luciano Tamburini – Le chiese di Torino dal rinascimento al barocco – Il Bouquiniste

Altre notizie di
Cultura