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Cronaca Nazionale
"Tutti i giorni é il 25 Aprile"
Un ricordo toccante dal profondo significato
Articolo di Massimo Calleri
Pubblicato in data 25/04/2022

Frequentavo la quarta elementare della Cesare Battisti di Pinerolo, era il 1968, istituzione pubblica dopo che erano trascorsi poco più di venti anni dalla liberazione dal nazifascismo. La didattica prevedeva anche la materia della storia dei primi "900, due classi di quarta io ero nella sezione F eravamo in 42 studenti, classe mista sia come genere che come appartenenza sociale, nella mia classe c'erano anche la figlia del comandante dei C.C. che prima della fine dell'anno si trasferì, figli nomadi dei circensi (Orfei) e figli degli sfollati del terremoto del Belice in Sicilia del 1968).

 

L' aula è al terzo e ultimo piano dell'edificio ex caserma militare Fenulli, salite una serie di rampe con gradini molto comodi ecco all' inizio di un lungo portico vetrato il tavolino con il bidello, sulla sinistra in fila le aule, tra una e l' altra gli attaccapanni. Dalle vetrate sul lato destro guardando in basso si vede il cortile e in fondo come orizzonte le Alpi Cozie-Graie, ho ammirato spesso quel paesaggio da lì.

 

Si avvicina la ricorrenza del 25 Aprile, la maestra Bianca La Regina durante la lezione di storia, in tutto l'anno ci leggeva alcune lettere dei condannati a morte della resistenza Italiana, intercalando con aneddoti della sua partecipazione attiva a quegli eventi, fu messa al muro più volte e fortunosamente si salvò sempre. Disse a me e a Flavia R. di fare un tentativo, andammo dal bidello e gli facemmo questa domanda:

 

"Se la sente di parlarci della sua esperienza da deportato a Mauthausen?".

 

Facemmo in tempo a vedere diventare lucidi i suoi occhi prima che, chiudendoli abbassando la testa e trattenendo il pianto, si alzasse dalla sedia.

 

Indossò il cappello e con il cappotto sul braccio scese lentamente le scale: si sentiva che singhiozzava lieve, io e Flavia restammo impietriti. La maestra si scusò con noi due e avrebbe voluto farlo anche con il bidello, con lui sicuramente si scusò appena lo rincontrò.

 

La pedagogia di allora...pensava che dovevamo sì diventare grandi, ma non così in fretta.

 

Gerry Di Fonzo

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