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Monsù Moriondo e la macchina per il caffè
Un ricordo in occasione del suo 171esimo compleanno.
Articolo di Massimo Centini
Pubblicato in data 10/06/2022

In questi ultimi anni, molti di avranno constatato il notevole aumento di rivendite di cialde – o forse di dice capsule? – per il caffè espresso, per quella che, nella koinè quotidiana, chiamiamo “macchinetta. Per molti di noi si tratta di una vera e propria rivoluzione, soprattutto per i tanti ancora affezionati all’intramontabile “Moka”. Una presenza storica nelle cucine di molti torinesi che, nei tempi andati, sostituì un’altra pietra miliare: la cosiddetta “napoletana”, quella da ribaltare e quindi aspettare che il caffè “passasse”…

Ma in questa nostra città, attaccata all’abitudine-rito del caffè in modo diverso da quanto invece accade nel centro-sud, in occasione dell’Esposizione Universale di Torino del 1884, venne presentata la prima macchina per il caffè espresso, proposta dal torinese Angelo Moriondo. Un altro dei tanti primati di questa nostra città.

Una realizzazione innovativa festeggiata come un avvenimento di livello internazionale, sottolineato dalla “Gazzetta Piemontese” del 24 luglio 1884: “Moriondo inaugurerà una bellissima macchina per fare il caffè, di sua invenzione e frutto di un lungo e diligente lavoro (…) Questa macchina risponde egregiamente a tutte le esigenze dei buongustai di caffè non solo, ma altresì a quelle di un pronto servizio, di buona economia, avuta per un numero considerevolissimo di tazze. Perché può dare da una a dieci tazze di caffè ogni dieci minuti e fino a trecento in un’ora, e il caffè esce concentrato e saporitissimo”.

Quell’innovativa invenzione era alta circa un metro, a forma di campana, in rame e ottone e alimentata da una caldaia a carbone, che però poteva essere convertita a gas.

Certamente il geniale Angelo Moriondo non sapeva di aver realizzato il prototipo di una macchina destinata a modificare in modo significativo la cultura della società. Infatti, quando pensiamo alla “macchinetta del caffè”, ci viene in mente una cosa sola: l’intervallo, poi evolutosi linguisticamente in coffee break. Che si tratti di scuola, dove è giunta più tardi rispetto ai luoghi di lavoro, quell’apparecchio offre l’occasione per una sosta e un’ipotesi di socializzazione.

Nel corso del tempo, la macchinetta, ha cambiato nome: ha scelto di essere genericamente “distributore automatico”, più serio, ma più anonimo. Poi si è evoluta offrendo, accanto a una notevole scelta di bevande calde, bibite e le bottiglie d’acqua, le merendine a lunga conservazione, spazzolini da denti, fazzoletti di carta e tante altre cose.

L’evoluzione tecnologica corre veloce e colma di sofisticati circuiti elettronici le macchinette e così, davanti a quei distributori, molti di noi continuano a subire una sorta di stress da analfabetismo. Si è sempre un po’ perplessi sulle modalità da seguire: funzionerà? Mi fregherà i soldi? Dà il resto?

La molteplicità delle scelte accresce l’ansia.

Che la macchinetta da caffè sia un po’ ruffiana però non c’è dubbio. Lei si propone come intermezzo, come alternativa al bar, come spazio per il relax: in cambio chiede agli aficionados di pagarle subito un tot di consumazioni che garantisce attraverso una chiavetta elettronica da usare di volta in volta, bypassando così il problema della moneta. A questo aspetto monsù Moriondo non ci aveva pensato….

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