APRI
IL
MENU'
Di tutto un po'
La «Torino noir» vista e narrata da Milo Julini
La pellicciaia assassinata (Prima parte)
Articolo di Milo Julini
Pubblicato in data 14/08/2022

Siamo a Torino, nel settembre del 1944, in una appartata via del Borgo San Donato, via Pacinotti, che dalla via Gaspare Saccarelli e dalla piazza Vigliardi Paravia raggiunge via Domenico Capellina, mantenendosi all’incirca parallela alla via San Donato. Nell’ultimo isolato, tra le vie Vagnone e Capellina, al civico 22, in un austero caseggiato di stile razionalista, si colloca la location di un efferato delitto.

Nella mattinata di mercoledì 13 settembre di quell’anno, in un alloggio dello stabile, la signora Rosa Turino in Massone, pellicciaia di 43 anni, viene uccisa con ripetute coltellate, inferte con selvaggia violenza.

Un delitto oscuro, che continua a rappresentare un cold case.

La vittima. Fin dalle prime cronache del 1944, emerge la irregolare situazione matrimoniale di Rosa Turino. Inizialmente indicata come «convivente con un onesto operaio», presto emerge che si era separata dal marito nel 1928, e che «aveva sempre vissuto a modo suo ed alquanto dispoticamente». Si arriverà a parlarne come di una ninfomane viziosa...

Elementi indubbi sono le sue agiate condizioni economiche e la sua attività di commerciante, in particolare nel traffico illegale della “borsa nera” che prospera grazie al razionamento dei generi di prima necessità imposto dalla guerra: «la vittima era una donna interessatissima, che di tutto si occupava, dalle pellicce alla “borsa nera” spicciola, fino alle sigarette, delle quali se ne sono trovate in gran numero in alcuni cassetti. Ed il denaro? Ed i preziosi? Anch’essi dappertutto. Incominciando dall’entrata, nel soprabito della donna, gli agenti hanno trovato il portamonete gonfio di biglietti da mille; poi in cucina, in un cassetto, facilmente apribile, altri biglietti di banca, di tutti i tagli; in camera da letto poi, in una cassetta, circa centomila lire. Sul tavolo della cucina è stato trovato un anello con brillanti, del valore di circa centomila lire. In camera da letto poi, dodici pellicce di notevole importo, e negli armadi, nella dispensa, una grande quantità di cibarie, dal fiasco di olio ai sacchetti di farina, caffè ed altri generi tesserati» (La Stampa venerdì 15/09/1944).

Ma non si tratta di una avida megera, il cronista ci tiene a precisarlo: «da informazioni assunte presso conoscenti e vicini è risultato che aveva un cuore buono e caritatevole, nonostante fosse intransigente in materia di affari» (La Stampa sabato 16/09/1944).

Il delitto. Va precisato come la nostra ricostruzione, basata sulle cronache giornalistiche de La Stampa, risulti particolarmente difficoltosa: nel tempo sono stati forniti particolari incompleti e, talora, contraddittori. Le cronache depotenziate del 1944 si sono arricchite nel tempo di dettagli truculenti. Ciò premesso, il delitto è inizialmente indicato come avvenuto poco dopo le 12:00. In seguito, è anticipato alle 11:00. Nessuno si è accorto di nulla, una donnetta ha udito rumori sospetti, ma non vi ha fatto caso. L’assassino è entrato, è salito, ha discusso a lungo con la Turino, come appare da un taccuino aperto con una penna accanto e numerosi oggetti sparsi sul divano. La donna è stata uccisa a colpi di coltello; il suo corpo è stato poi coperto con un tappeto e l’assassino, o gli assassini, si sono allontanati. In apparenza, non è stato portato via nulla.

La scoperta. Nel 1944 non ne sono precisate le modalità; nel 1951 si dice che l’allarme è stata data dalla signora Maria Diamante, coinquilina della vittima: ha udito trillare con insistenza il telefono nell’alloggio della Turino, senza che nessuno rispondesse. Si è quindi recata dalla vicina per accertarsi che non le fosse accaduto niente di male. Nessuno rispondeva. I timori della signora Diamante si sono propagati ad altri casigliani e così è stata avvertita la Polizia. Poco dopo, veniva forzata la porta dell’appartamento.

L’arma. Le cronache del 1944 dicono che non è stato ancora precisato quale coltello sia stato adoperato dall’assassino, il quale, dopo l’omicidio, lo ha portato via e, presumibilmente, dopo essere uscito in via Pacinotti, lo ha gettato fra le macerie delle case bombardate. Secondo il cronista, sarebbe utile trovarlo per precisare se l’assassino sia giunto dalla Turino per ucciderla, oppure se il delitto sia stato scatenato da una discussione degenerata.

L’autopsia. Nel 1944 si parla di sette coltellate, due mortali per la notevole emorragia provocata; nel 1951 di ben sedici ferite che crivellano il corpo della vittima. I colpi sono stati vibrati con violenza selvaggia.

Il telefono. Va precisato che al tempo l’apparecchio telefonico è una vera rarità nelle case private ed è considerato un lusso da nababbi. Come si è detto, si parla di allarme destato dallo squillare della suoneria senza risposta. L’attenzione della Polizia viene destata dal notevole numero di chiamate che vengono fatte al numero della Turino anche il giorno 17 settembre 1944, dopo che è apparsa sui giornali la notizia del delitto: in un’ora ci sono ben sette chiamate e, tra queste, alcune che non hanno dato risposta alla domanda dell’agente di servizio che risponde. 

Le prime indagini. Il delitto desta una viva impressione. Le indagini del Commissario di P. S. di San Donato si muovono secondo tre ipotesi: vendetta? Passionalità? Rapina? Inizialmente, lo stesso cronista si rende conto di quanto siano difficili: «il mistero si fa fittissimo, impenetrabile. Difficile la scoperta dell’assassino».

Dopo alcuni giorni manifesta un maggiore ottimismo. Escluso il movente del furto e quello della passionalità, la Polizia ricerca due persone legate alla Turino da vincoli commerciali. Il loro nome è balzato in primo piano dalla consistente corrispondenza commerciale della donna dove si riscontrano frasi molto compromettenti. Tutto questo porta all’enfatica affermazione: «il mistero che sembrava impenetrabile sta man mano diradandosi, fino a far sperare che presto i colpevoli saranno assicurati alla Giustizia».

Per il suo commercio, la Turino riceveva molte persone: le ricerche si orientano nel giro delle sue conoscenze, accuratamente appuntate su un taccuino trovato nel suo alloggio. Sono effettuati alcuni fermi di suoi conoscenti, senza risultati.

Si parla di un individuo che sarebbe stato visto verso le 9:00 di quella mattina, due ore prima della scoperta del delitto, mentre suonava alla porta dall’appartamento, con un grosso pacco sotto il braccio.

I sospetti si appuntano su una persona che la sorella della vittima indica con insistenza come non estranea al delitto.

Gli eventi bellici e la situazione confusa di quei mesi non permettono di concludere positivamente le indagini, che vengono chiuse con un verdetto di omicidio ad opera di ignoti.

Fine Prima Parte - Continua

Altre notizie di
Di tutto un po'