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Altruista? Dipende dal tuo cervello.
Ecco le basi neurali del comportamento altruistico.
Articolo di Sergio Audasso
Pubblicato in data 19/08/2022

Pensare di aiutare le altre persone quando queste si trovino in difficoltà è alla base del principio solidaristico di ogni società civile che si rispetti. O perlomeno dovrebbe essere così.

Tutti, chi più chi meno, tendiamo ad essere maggiormente altruisti in situazioni specifiche. Ma in quali situazioni?

Esistono situazioni nelle quali siamo più altruisti rispetto ad altre? E che cosa influenza la scelta che ne determina la differenza? Vi sono vari studi che cercano di dare una risposta a tali domande.

Il primo studio ha individuato specifiche aree del cervello coinvolte nel produrre i cosiddetti comportamenti altruistici pro-sociali selettivi. Questi sono l’erogazione di comportamenti attuati verso i componenti di uno stesso gruppo o percepiti come tali. Anche se i partecipanti a questo studio specifico erano topolini, i ricercatori ritengono plausibile, anche in virtù dei risultati di altri studi effettuati, che questo “pregiudizio in group” sia una struttura condivisa con tutti i mammiferi.

Dalle risultanze delle ricerche effettuate, si evince quanto il concetto di vedere l’ormone dell’ossitocina come protagonista assoluto del comportamento altruistico, sia non solo riduttivo, ma anche, per molti versi, errato. In due studi condotti dal prof. Carsten De Dreu e pubblicati sulla rivista Science e su Proceedings of the National Academy of Sciences, lo stesso professore e la sua equipe dimostrano l’utilità della ossitocina nell’attuare comportamenti pro sociali e altruistici solo verso elementi considerati dello stesso gruppo sociale. (accademicamente definito in-group). Non solo. Se da un lato promuoveva l’altruismo dall’altro, per chi veniva percepito come estraneo al gruppo, aumentava l’atteggiamento di difesa dimostrando l’innalzamento di un atteggiamento a carattere etnocentrico.

Nel recente studio condotto con i topolini diretto dalla prof.ssa Ben-Ami Bartal docente presso la l’University of California di Berkeley, si concretizza l’idea che sono alcune regioni del cervello a condurci verso un comportamento piuttosto che un altro. Nell’aiutare gli altri si attivano le aree della corteccia frontale e della corteccia insulare e, le aree del nucleo accubens e dello striato. E questo indipendentemente dall’appartenere allo stesso gruppo oppure no. Si attivavano al solo veder che vi era bisogno di aiuto. Mentre per attivare l’elemento selettivo si potenziavano le aree del nucleo accubens e dello striato. Rappresentanti il piacere e al ricompensa. Per cui, una volta sul posto dove esprimere l’attività altruistica, si preferiva aiutare chi veniva percepito come appartenente allo stesso gruppo. Si è rilevato così un legame tra il fattore motivazione/piacere e ricompensa con il comportamento dell’altruismo selettivo dettato dall’in-group.  

“Il fatto di considerare un membro dello stesso gruppo di appartenenza può essere un fattore più potente rispetto l’empatia al fine di promuovere la motivazione pro-sociale”, ha dichiarato la prof.ssa Bartal. Ha poi aggiunto: “La scoperta di una rete neurale simile coinvolta nell’aiuto empatico nei ratti, come negli esseri umani, fornisce nuove prove che prendersi cura degli altri si basa su un meccanismo neurobiologico condiviso tra i mammiferi”.

Già i mammiferi tra cui la specie umana. Come potrai tu stesso constatare le neuroscienze dimostrano quanto l’empatia sia reale nel cervello. In quanto, quando vediamo qualcuno soffrire il nostro cervello attiva regioni definite tattili ed emotive come se fossimo noi stessi a provare dolore. I ricercatori olandesi del Social Brain Lab hanno dimostrato proprio questo. Anche se, bisogna dirlo si sono spinti oltre. Hanno dimostrato come interferire con questa attitudine naturale.

Per condurre lo studio, è stato offerto ai partecipanti l’opportunità di ridurre il dolore di una vittima a cui veniva somministrato uno schiaffo, un pugno o un pizzicotto sulla mano. In loro potere vi era la possibilità di ridurre il dolore della vittima, rinunciando a parte della somma di denaro che, altrimenti, avrebbero portato a casa mentre la loro funzionalità cerebrale veniva sia registrata che alterata e distratta.  Grazie agli strumenti di rilevazione utilizzati si è scoperto che l’attività nelle cortecce tattili aumentava quando i partecipanti aumentavano la loro donazione. Nella seconda fase dell’esperimento veniva alterata e disturbata la sensazione tattile del donatore. La regola vuole che le donazioni fossero più cospicue quando si notava quanto la vittima provasse dolore. In modo del tutto differente quando l’attività tattile veniva alterata o disturbata. Questo disturbo ha portato a due conseguenze interessanti per le risultanze dell’esperimento. Prima risultanza è la diminuzione della percezione del dolore nell’altra persona. La seconda, strettamente legata ad essa, è stata la diminuzione delle donazioni. Queste, quindi, non si adattavano più ai bisogni della vittima.

Questa ricerca stabilisce che le cortecce tattili, non solo sono in grado di percepire il dolore su di noi, ma hanno, empaticamente, un risvolto sociale importante. Sono coloro che potrebbero, in merito a quanto risulta da queste ricerche, adattare il nostro aiuto ai bisogni degli altri e assumere decisioni comportamentali sociali di solidarietà o indifferenza.

Fonti

Link al social brain lab - https://nin.nl/research/researchgroups/keysers-group/sbl/ visionare secondo filmato (in inglese)

Ben-Ami Bartal, I., Breton, J. M., Sheng, H., Long, K. L., Chen, S., Halliday, A., Kenney, J. W., Wheeler, A. L., Frankland, P., Shilyansky, C., Deisseroth, K., Keltner, D., & Kaufer, D. (2021). Neural correlates of ingroup bias for prosociality in rats. eLife, 10, e65582. https://doi.org/10.7554/eLife.65582.

De Dreu, C.K., Greer, L.L., Handgraaf, M.J., Shalvi, S., Van Kleef, G.A., Baas, M., Ten Velden, F.S., Van Dijk, E., &Feith, S.W. (2010). The Neuropeptide Oxytocin Regulates Parochial Altruism in Intergroup Conflict Among Humans. Science, 11, 1408-1411.

De Dreu, C. K., Greer, L. L., Van Kleef, G. A., Shalvi, S., & Handgraaf, M. J. (2011). Oxytocin promotes human ethnocentrism. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, 108(4), 1262–1266. https://doi. org/10.1073/pnas.1015316108

Olff, M., Frijling, J.L., Kubzansky, L.D., Bradley, B., Ellenbogen, M.A., Cardoso, C., Bartz, J.A., Yee, J.A., & Van Zuiden, M. (2013). The role of oxytocin in social bonding, stress regulation and mental health: An update on the moderating effects of context and interindividual differences.

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