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Interviste
Pianeta Toro - Luca Ghiringhelli: "La nostra storia è già leggenda"
Agli Ultras Granata va riconosciuto il merito di aver scritto la loro storia non su un libro, ma allo stadio
Articolo di Massimo Calleri
Pubblicato in data 30/08/2022

La nostra storia è già leggenda, è un libro che parla di Toro da una prospettiva diversa, quella della sua curva:

 

Sul Toro sono stati scritti più di 300 libri, probabilmente un primato, ma non si è ancora detto tutto. Si è parlato della tragedia di Superga e di quel grande Toro che lì concluse la sua storia, di Meroni e di Ferrini, della squadra che nel ’76 rivinse lo scudetto, di Pulici e di Graziani, di Pianelli e del “Mondo”, ma della curva Maratona non si è ancora detto nulla. In altre città questo non succede, gruppi ultras o di semplici tifosi hanno pubblicato la loro storia, Torino non poteva mancare, anche perchè qui tutto è nato…”.

 

In che senso?:

 

“Torino è città di primati, anche se spesso non li ostenta. Qui è stata fatta l’Italia e ne siamo stati la prima capitale, è stato condotto il primo esperimento nazionale di volo, in piazza d'Armi, è stata occupata la prima università, nel 1967, gli operai hanno dato vita alla prima rivolta storica, quella di Piazza dello Statuto nel 1962, abbiamo il Museo egizio più grande del mondo, dopo quello del Cairo, è stato inventato il cinema italiano, la radio, la scuola serale per gli operai, il salone del libro, quello del gusto, della cioccolata, la moda, la grande industria automobilistica, il primo nucleo storico delle Brigate Rosse, il primo grande processo alle stesse BR ed il tifo organizzato. Correva l’anno 1951, era l’epoca dei Fedelissimi, il primo club nato all’interno di uno stadio italiano. Dopo di loro ne vennero tanti altri e dopo gli Ultras, primo gruppo italiano ad adottare questa denominazione, ne vennero ancora di più. E’ di questo che nel libro si parla, di una curva, la Maratona, di una squadra di calcio, il Toro e della sua città, Torino. Tre storie impossibili da analizzare separatamente”.

 

“Tante direi, si tratta di oltre 700 pagine…”:

 

Sono il risultato di un gran lavoro, di una collezione di oltre 26 mila scatti della curva, in casa ed in trasferta, nonché di una ricca bibliografia, nella quale spicca, oltre all’intera collezione di Calciofilm, Alè Toro, Stampa, Stampa Sera e Tuttosport, anche l’intramontabile ragazzi di stadio”.

 

“Parli ovviamente di Daniele Segre…”:

 

Certamente, ma non solo. Parlo anche di Fiorenzo Alfieri, un pilastro della cultura torinese al quale va riconosciuto il merito, tra i tanti, di aver organizzato il primo vero dibattito sulle curve cittadine, con particolare riferimento a quelle di Torino. Fu incuriosito, durante la Coppa Europa di Atletica del ’79, da una scritta “gobbi ebrei bastardi” sulle quali le telecamere della RAI su soffermarono a lungo ed alla quale seguirono le polemiche di rito. Lui, da buon cultore di fenomeni sociali e giovanili, anziché puntare il dito contro quelli che la massa definiva come “i teppisti della domenica”, ebbe l’idea di conoscerli, andare in mezzo a loro e concedergli un diritto fino a quel momento negato, quello della parola. Furono quelle le basi, dal quale scaturì il bellissimo lavoro di Daniele Segre”.

 

Tuttavia il lavoro di Segre analizza gli anni a cavallo tra i ’70 e gli ’80, mentre tu abbracci 40 di storia della curva”:

 

Io parto nel 1951 perché è l’anno di fondazione dei Fedelissimi Granata e del tifo organizzato italiano, per finire nel dicembre 1992, anno in cui abbandono un certo attivismo di curva. Ritengo che per parlare di certe tematiche, solo chi ci sia stato dentro e conosca i fenomeni sia legittimato a farlo. Mi fermo lì ed almeno personalmente, un seguito questo libro non ne avrà. I racconti narrati sono il resoconto, oltre che del lavoro bibliografico di cui parlavo in precedenza, anche degli aneddoti raccontati dai capi storici della curva di allora, lasciando poco spazio ad un modo, quello virtuale, in cui le notizie pubblicate non sempre corrispondono alla realtà.

 

Sembra una considerazione polemica la tua…”:

 

Non esattamente, diciamo che tutto nasce da una passione personale che ho sempre coltivato e che continuo a fare, quella del collezionismo sportivo. E quando ci si trovava tra di noi, magari per scambiarci foto e racconti, tutto era rigorosamente su carta. Nel libro ho cercato di riprodurre il clima di quegli anni, fatti di aggregazione e partecipazione collettiva, non solo sulle gradinate di uno stadio.

 

Quindi il tuo non è un libro in cui parli solo di calcio?”:

 

 No assolutamente. In quegli anni tutto si mischiava, il calcio, la politica, la musica, la moda e le bande giovanili. Torino e la Curva Maratona le legano indissolubilmente e ne costituiscono un fondale meraviglioso. Anzi, una particolarità di questo libro è che, delle oltre 700 foto pubblicate, tante delle quali inedite, non una sia riferita ad un calciatore. Fatta eccezione per Paolo Pulici, che abbiamo sempre considerato uno di noi, prima ancora di un calciatore.

 

“Un viaggio interessante e variegato il tuo, o sarebbe più corretto dire il vostro?”:

 

Non è un viaggio solo mio, assolutamente. Io ho avuto l’onore di raccontare una storia lunga, complicata ed unica, col rispetto (spero…!) che questa storia merita, ma da solo non ce l’avrei mai fatta. Non a caso nei ringraziamenti sono riportate le persone che negli anni, a vario titolo, hanno collaborato alla riuscita di questo progetto.

 

Puoi raccontarci qualche curiosità che ha contraddistinto questo percorso, non solo letterario?:

 

Intanto il fatto che il libro sia stato presentato ufficialmente il 23 Luglio a Sassofortino, durante la kermesse annuale di “Maremma Granata”. E’ stata una scelta doverosa, un tributo a chi più di altri mi ha supportato e che, ironia della sorte, sono ragazzi con radici toscane. Riccardo Ceccarelli l’ho conosciuto come corrispondente prima ancora che come tifoso. Ti parlo dell’83, il suo volto lo ricordo durante tutte le trasferte di quella stagione, così in quelle successive. Lui ed il suo gruppo, la prima sezione degli ultras, quella del Centro Italia, amato e rispettato dai capi di allora, non a caso Cocco e Joe gli diedero una mano a confezionare il primo lunghissimo striscione.

 

A differenza di tanti non ha mai mollato, segue ancora oggi la squadra in casa e trasferta con la stessa passione di allora e questo riconoscimento è quanto mai doveroso. Paolo Castagnoli, altro toscanaccio con cui abbiamo condiviso un percorso spesso travagliato, esperto collezionista e militante di curva, dapprima in Maratona e successivamente nella Primavera. Mi ha dato consigli e spunti che abbiamo sviluppato insieme, mi ha pungolato e sostenuto nei momenti difficili, passati tra lutti, limitazioni pandemiche e guerre latenti o dichiarate. “Un'impresa da visionari ai limite dell’impossibile”, come l’ha definita Domenico Mungo, compagno di penna e di curva, le cui radici calabresi hanno trovato dimora tra i gradoni della Fiesole, oltre che della Maratona.

 

Lui, docente, scrittore e persona di rara cultura, non solo mi ha guidato, ma ha sposato questo progetto e quell’idea di Toro che stava alla base di tutto. Ci ha onorato col racconto, “profondo granata”, che ho voluto in apertura del libro, oltre al sottotitolo dell’opera, “storia fotografica e sociale della Curva Maratona del Torino calcio”. Con lui abbiamo realizzato un libro importante dai costi relativamente bassi, abbiamo evitato, ad esempio, la copertina cartonata che avrebbe alzato il prezzo ed anche l’editore, Gianluca Iorio di Urbone, si è ridotto gli utili per coprire i costi dell’opera, credendo fortemente in noi e nel nostro progetto.

 

Nelle tue parole colgo un velo di sofferenza, che sembra accompagnare la storia del Toro e tutto quello che ad essa si lega…”:

 

Questo progetto, dicevo in precedenza, è stato sviluppato durante un lungo periodo di emergenza pandemica ed oltre a questo, non ti nascondo la paura di non essere capiti o addirittura osteggiati dal resto della tifoseria. In questo è stata fondamentale la figura di Paolo Castagnoli, un amico prima ancora che un cultore della materia. Non nascondo che, senza di lui, questo libro probabilmente non sarebbe mai stato concluso. E poi Gianni Ellena, persona di cui parlo nel libro e col quale abbiamo condiviso le esperienze di curva e non solo, dal 1987 in poi. Ci ha lasciato nella prima fase del Covid e nonostante da allora, di tempo ne sia già passato parecchio, il dolore è ancora troppo grande per dire altro. Di certo qualcosa di lui vivrà sempre, anche nelle pagine di questo di libro.

 

Nella parte finale del libro trovano posto alcune interviste a cinque grandi esponenti del tifo della Curva Maratona. Immagino non sia stata una scelta facile, considerato l’importanza della storia che racconti e dei personaggi che ne fanno parte…”:

 

Certamente nel libro trovano posto tutti i leader della curva di allora, come Ginetto Trabaldo, affiancato dai fidi “Cucciolo”, Mario Bai e Piero Gay, per restare nell’ambito dei Fedelissimi. Senza dimenticare il salto di qualità, in termini coreografici, che la curva ha fatto grazie all’opera di Serafino Geninetti, colonna portante dei Leoni della maratona, con il mitico Dante, Giulio, Sergione, Piero “il macellaio”, i fratelli Dicembre ed i “Cambogia”. Su tutti però spiccano gli Ultras in termini di mentalità, abnegazione, colore e calore. Quelli di Pino “Strega”, Francesco “Checco” Genre”, Giovanni “il margaro”, Danilo, Carlo Aicardi, Giò, Luca “il rosso”, Ciro, Carmelo e poi Susanna, Luisa, Anna, Silvia, le mitiche S.L.A.S., nessun altro gruppo ultras dava tanta importanza alle donne quanto noi, almeno in quei tempi.

 

Ed in tempi più recenti i vari “Cocco”, Roby, Fausto, Sonia, Eze, Fe’, il “Butcher”, i fratelli Deregibus, “Sampatrignano”, “Stromboli”, Giorgione, “Uovo”, Oscar, figure di spicco degli anni ’80 così come Fabrizio Viola, Walter Celozzi, Fabio “polmone”, “the Scottish”, Baza, Morgan, Enzino e Peppo dei Granata Korps.

Però nel libro non potevo parlare con tutti in prima persona ed ho scelto di farlo coi personaggi che per varie ragioni non avevano trovato spazio su libri o riviste, ma che alla curva hanno dato tantissimo.

 

Ho sottolineato l’importanza delle donne, sia in  ambito sociale che culturale, iniziando con loro la serie delle interviste. Parlando degli anni ’70 non si possono dimenticare le lotte dei movimenti femministi, contro l’aborto o a favore del divorzio. Ed in quegli anni loro erano in prima fila, nelle piazze così come nelle balconate degli Ultras o dei Fedelissimi. Ringrazio quindi Luisa, Susanna, Danilo, Cocco e Roberto, grazie ai quali abbiamo ricostruito la storia della Curva Maratona e della Torino di allora.

 

In chiusura, pensi ci sia ancora qualcosa da dire su questo libro?”:

 

Non nascondo che questo tema sia stato dibattuto, in curva e non solo. Di certo agli Ultras Granata va riconosciuto il merito di aver scritto la loro storia non su un libro, ma allo stadio, con tutti i sacrifici che questo tipo di scelta poteva comportare. Ma in queste pagine non si parla di un solo club, bensì dell’intera Maratona, dei tanti gruppi che ne facevano parte e delle mille sfaccettature che li contraddistinguevano. E’ questo che ho cercato di consegnare alla memoria del lettore. Ho parlato della mia curva e di un mondo che probabilmente è superato e vive nei ricordi di chi c’era. L’ho fatto da semplice appassionato, nulla di più. Ho fatto nomi di personaggi importanti della nostra curva e sono loro che hanno fatto la storia. Io, semmai, l’ho raccontata, ma la differenza è sostanziale. Penso sia doveroso dirlo.

 

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