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Cultura
2º capitolo de: LA TREMENDA VERITA'. Fantascienza del 2005
serie vascelli della TREMENDA VERITÀ numero 4
Capitolo del GRANDE INGANNO: l'atmosfera del pianeta stava svanendo verso l'infinito
Articolo di Carlo Mariano Sartoris
Pubblicato in data 25/09/2022

Per risalire  alla genesi del racconto, Link del primo  capitolo:

https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=45777

 

2º periodo: quello del GRANDE INGANNO

…Prima delle rivoluzioni industriali, ogni variazione dei ritmi planetari dovuta a influenze cosmiche o eventi naturali, era stata riequilibrata dall’Interiorità Profonda del nostro Astro vivente, minuscola entità Universale in armonia con il Tutto e il con Tempo. Era stata una scoperta che per molti versi, rimaneva inspiegabile, quasi esoterica. Alla ricerca di una verità scientifica, i ricercatori si erano inoltrati tra gli effetti gravitazionali della Materia Oscura, dell’Energia Oscura, dell’Energia quantistica e dell’azione di altre particelle universali, elaborando teorie che ogni volta aggiornavano le precedenti conoscenze.

Astrofisiche ridondanze scoperte in ogni angolo del cosmo esplorato da Neptune, il nuovo, possente telescopio spedito a indagare oltre le profondità del Sistema Solare. Erano ben più che teorie, nelle quali si celavano molte leggi che regolano lo zero e l’infinito, matematica trippa per scienziati alla ricerca di un algoritmo capace di riconvertire le sorti del nostro astro. Nel frattempo, il pianeta era alle prese con problemi di origine umana. Aveva bisogno di interventi semplici, sempre più sotto gli occhi di tutti.

Le foreste che fino a tre secoli prima ricoprivano il 50% delle terre emerse, rendendo il pianeta un Paradiso, erano state quasi tutte distrutte per tramutarle in legni pregiati e carta da ufficio. Allevamenti di animali da macello, piantagioni di OGM, miniere e discariche si erano prese il resto. Quelle poche oasi di verde rimaste erano diventate sollazzo d’insensati piromani; annoiati criminali in cerca di aride emozioni.

Al diminuire delle precipitazioni, la desertificazione delle zone tropicali, iniziata con lentezza, non era stata contrastata fin quando la conseguente carestia si era limitata a decimare le etnie più povere del pianeta. Allorché il fenomeno s’era spostato verso latitudini più “benestanti”, anziché provvedere a un globale ripopolamento boschivo e una definitiva messa al bando di ogni attività inquinante, i leader del mondo si erano impantanati tra interessi politici ed economici. L'infernale sinergia era impossibile da riavvolgere.

Intanto, la popolazione, triplicata in soli settant’anni, necessitava di una crescente quantità d’animali destinati al macello. Bestie che respiravano e defecavano, originando masse di metano. Era un effetto domino che si ripercuoteva sulla salute dell’atmosfera.

Nella necessità di una riconversione generale, solo i vegetali e il plancton avrebbero potuto compensare l’aumento di CO2 con altrettanto ossigeno, ma di grandi foreste non ve n’erano più e le distese di alghe marine erano state distrutte da un misterioso batterio sfuggito da un progetto d’arma chimica, disperso da qualche potenza militare in bidoni difettosi abbandonati nei fondali del Mar Grosso. Un segreto di Stato smascherato quando un inatteso sviluppo aveva dato origine a una diffusa mucillagine superficiale a base di plancton che spezzava la catena alimentare marina e soprattutto, impediva l’evaporazione e il ciclo dell’acqua. Dunque, non pioveva quasi più.

Vi era un’altra causa del disastro imminente. I nuovi jet supersonici che consentivano di dimezzare i tempi, per coprire le distanze volavano sempre più in alto, aprendo lunghi squarci nei livelli più instabili dell’atmosfera. Come ferite da taglio, tardavano a rimarginarsi, favorendo la fuga dei gas leggeri verso l’infinito. L’ossigeno presente in tutti gli strati della iposfera frequentati dai voli, veniva bruciato dai reattori che creavano CO2 direttamente in quota, rilasciando residui chimici della combustione che cadevano al suolo.

Era un’altra verità assodata, ma nessuna compagnia era disposta a far volare gli aerei più piano e più in basso; la concorrenza era agguerrita e tutti volevano volare per andare in vacanza..

L’atmosfera mutava in modo irreversibile. Neanche ricoprire le terre emerse di nuove foreste avrebbe ribaltato la tremenda realtà, tuttavia si sarebbe potuto tentare prima che fosse tardi, dando ascolto a studiosi e intellettuali, ma l’uomo, l’economia e il sistema non erano educati per capire e regredire. Niente si era mosso in tempo per arginare l’infernale inaridirsi delle terre, la cappa nel cielo e le furibonde tempeste. Il gelo era calato dal Nord e la scissione dalla gravità dell’atmosfera, lentamente la vedeva risucchiata verso il nulla. Era il Giudizio Finale rivelato da antiche scritture, oracoli e veggenti; profezia un tempo temuta e rispettata da un misticismo riverente, quindi schernita da ipnotiche tecnologie e infine ignorata dai cervelli manipolati da messaggi subliminali.

Era la fine d’ogni forma di vita

Da tempo però, per decisione del Nuovo Governo Centrale, erano riprese spedizioni interplanetarie, dando inizio a un programma spaziale a cui si diede un’incompleta risonanza e al quale guardavano con attenzione metà degli abitanti del pianeta: quelli che credevano ancora nella scienza. Era stato l'inizio del meditato grande inganno.

Si trattava di missioni sempre più ardite, al fine di sondare la possibilità di colonizzare i pianeti più vicini. Spedizioni che decollavano tacendone il motivo che non poteva attendere risposta certa: tentare di organizzare una migrazione umana per preservarne la stirpe. Progetto minimo nella sua tragicità. L’unico che si era rivelato attuabile, ma occorreva fare in fretta.

Gli obiettivi erano due corpi celesti con caratteristiche simili, ruotanti attorno al Sole, secondo dati raccolti dalle sonde e poi elaborati dall’Onnisciente Computer Centrale, avevano un’atmosfera, seppur differente, e presentavano tracce d’acqua. Non v’era stato tempo di tentare degli sbarchi preliminari, ma i dati raccolti avevano lasciato spazio all’ottimismo. Erano pianeti “vivibili”, ma trasvolare l’intera popolazione era un progetto impossibile, l’Olocausto era imminente.

Sui corpi celesti si sarebbe potuto inviare soltanto una modesta colonia di abitanti selezionati per la fuga. Le possibilità di successo erano valutate rispettivamente del 52,02% per la prima astronave e del 78% per altre due. Non ne erano state allestite altre.

…Io appartengo ai prescelti.

Sono stato selezionato per partecipare alla più grande impresa della nostra civiltà e della nostra storia, ma non me ne compiaccio. Mi vergogno e piango, mentre i razzi ci spingono verso l’infinito.

La nostra astronave, Arka 2 è decollata appena in tempo per sfuggire alle rappresaglie delle moltitudini disperate che volevano partire con noi oppure abbatterci; ammassi di persone inferocite che avevano demolito le recinzioni della base, a malapena contenute dal fuoco di mille fedelissimi militari.

La sciagurata verità aveva iniziato a trapelare dal momento in cui era partita Arka 1, venti giorni or sono. Si trattava d’una cosmonave troppo imponente e popolata per mascherare il gigantesco imbroglio; una metallica, aguzza piramide lucente. La gente aveva capito.

Arka 1 era decollata dalla base sulla pianura di Arcadia, diretta verso Venere, con a bordo trecento giovani astronauti selezionati e addestrati in fretta. Uomini e donne d’ogni razza e colore, saturi di tristezza e giustificato timore. Pionieri sorretti dall’importanza della missione e da una smisurata speranza. Il medesimo tipo di equipaggio e gli stessi sentimenti che riempiono, quasi palpabili, gli spazi angusti di questa metallica nave spaziale. All’interno, tre centinaia di sconosciuti. Ci si osserva muti, consapevoli delle mostruose colpe dell’arroganza del genere umano.

Dal momento in cui siamo partiti, scrutiamo i nostri pochi e fortunati volti, coscienti dell’immensa importanza dell’avventura a cui simo destinati. Noi, manipolo di cosmonauti, ma soprattutto piccoli mortali impauriti e proiettati verso l’ignoto con più nulla da perdere e tutto da guadagnare, saettanti nello spazio verso la nostra meta.

I venti giorni, che avevano separato i due decolli, erano stati sufficienti per far rimbalzare la conoscenza della tremenda verità in ogni angolo del pianeta agonizzante. 

Una volta vista schizzare verso il cosmo la prima astronave, molti studiosi al corrente del complotto, avevano compreso d’essere stati abbandonati. Condannati a una morte atroce, avevano vuotato il sacco, confessando ai giornalisti come il nostro pianeta era stato distrutto e abbandonato, illustrandone la fine.

Dopo quest’altra estate rovente, nelle notti si sarebbe tornati a vedere il cielo stellato, come lo si vedeva un tempo lontano, quando l’aria era pura e trasparente. Sarebbe stato l’indizio dell’assottigliarsi repentino del già esile strato d’atmosfera che aveva reso possibile la vita sulla pelle del nostro meraviglioso, unico mondo. L’autunno e l’inverno sarebbero stati gelidi, sempre meno protetti dall’intrusione del glaciale infinito, per poi…. 

A breve la prossima puntata, ma occorrerà coprirsi bene. Link: 

https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=45846

 

 

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