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3º capitolo della Tremenda Verità: l’astronave Arka 2 e i ragazzi nel cosmo
Il grande inganno narrato in tv, impossibile nasconderlo più a lungo. L'ultimo decollo mentre l'atmosfera sta evaporando
Articolo di Carlo Mariano Sartoris
Pubblicato in data 30/09/2022

Link del capitolo precedente: Il Grande Inganno

https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=45804

 

 3º capitolo: L’esodo nel cosmo

… Durante i giorni dell’apocalisse, la morte sarebbe piombata ad esigere la vita su tutto il pianeta; una morte totale e boccheggiante. L’ultima aria, sempre più evanescente, sarebbe andata a perdersi nell’immensità in un estremo turbine dissipato nel cielo stellato. Un totale respiro saliente, poi il nero, il niente, lasciando dietro di sé uno scenario agghiacciante.

La notizia aveva allucinato il mondo, tacere la tremenda verità era ormai inutile. Dichiararlo in forma ufficiale aveva soltanto spezzato le speranze di chi ancora preferiva sentirsi ingannato. L’ultima estate, più torrida che mai, era parsa opera d’un diavolo salito dall’Inferno. Dall’altra parte dell’equatore, l’inverno aveva chiuso in una morsa di gelo ogni cosa. La sopravvivenza si era fatta difficile, e infine, tutti avevano compreso, interrogandosi su quel cielo sempre più cristallino e sulle frettolose spedizioni siderali. I disordini si si erano diffusi in fretta. Il tempo ci aveva imposto di partire.

Arka 3 non ce l’avrebbe fatta, doveva decollare sei giorni dopo di noi, era stata incendiata dalla folla inferocita esplodendo in una palla di fuoco mentre stava per partire. Avevamo assistito sgomenti alla strage, poi avevamo perduto i contatti con la torre di controllo, anch’essa devastata da chi non era riuscito a partire. L’astronave disintegrata avrebbe dovuto seguire la nostra stessa rotta. Se fossimo riusciti a completare la missione, non avremmo dovuto aspettare più nessuno.

La velocità è 7.0. Da tre mesi e tre giorni stiamo navigando nel nostro battello minuscolo nel cosmo. Trepidiamo, preghiamo un vecchio Dio, abbiamo paura di morire, è umana bramosia di vita, più forte dell’ignoto che ci attende.

Oggi sappiamo d’essere gli ultimi superstiti della razza umana. Siamo rimasti in contatto con Arka 1 fino al momento del suo impatto con l’atmosfera di Venere. Subito pareva che tutto si dovesse svolgere secondo i calcoli, poi, allarmanti segnali sulla velocità di discesa e l’angolo di tangenza, indi un rumore molle, dopo, solo silenzio.

L’altra amara sorte della nave gemella, si è consumata senza poterne chiarire le cause. Era previsto un margine d’errore stimato ? < 0,2513 ∑π, ma c’era ottimismo. Il verosimile martirio dei nostri compagni è stato un colpo durissimo per il morale. Siamo rimasti soli, è una gigantesca responsabilità. 

La base Ω, trenta metri sotto la superficie del nostro sventurato pianeta, nonostante tutto funziona e trasmette continuamente informazioni e dati.

Jovè, l’infallibile elaboratore ci sta pilotando sul nostro obiettivo. Siamo nelle sue mani virtuali, le uniche a funzionare ancora; razionali onde in radiofrequenza sembrano marcate da strane inflessioni. Forse è suggestione, eppure paiono come mortificate. Vien da pensare che i segnali emessi da macchine ormai quasi umanizzate, per analogia hanno diritto ad essere coscienti, quindi afflitte per il mesto epilogo di tutta la faccenda.

Come si temeva, il dilagare della tremenda verità aveva liberato gli istinti più ancestrali delle moltitudini infuriate e senza più limiti. Stravolti dal cataclisma, imminente, poco dopo il nostro decollo, anche i militari avevano disertato e dei governanti non v’era traccia. Pareva si fossero eclissati assieme a pochi eletti, in rifugi approntati nel sottosuolo. Non ci erano stati comunicati luoghi e dati sulle loro possibilità di sopravvivenza, ma avevamo fatto dei calcoli. Non potevano sperare di durare in eterno, come e dove poi? Che ulteriore disonore ritardare la fine in qualche esiguo antro rintanati come talpe!

Collegati con le emittenti via onde 109 Hz, sul monitor ad ultrasuoni elastici, avevamo potuto seguire lo svolgersi degli avvenimenti. Avevamo assistito a terribili visioni e atroci notizie dai volti d’impassibili, ambiziosi giornalisti che, da tutti i telegiornali, aggiornavano su devastazioni e brutalità, sfruttando l’ultima occasione per fare audience. Le previsioni meteo non mancavano mai.

Erano esplosi ovunque saccheggi, violenze, regolamenti di conti, conflitti e sette che predicavano suicidi di massa pregando qualche nuovo Dio, come se uccidersi prima della fine ormai prevista, fosse un espiare i peccati d’arroganza inflitti al Pianeta vivente in cambio d’una ingannevole utopia d’invincibile scienza.

Saltati gli schemi della rete logistica che riforniva ogni spicchio del globo, in poche settimane l’umanità era spirata di freddo, di calore, di fame, di sete o lottando a morsi e mani nude per un raffermo tozzo di pane. Tutto ancor prima che iniziasse a svanire l’ultima molecola respirabile dell’atmosfera.

Vederlo in tempo quasi reale e dalla nostra distanza, era stato allucinante. Terribile era stato cogliere il terrore negli occhi dei cronisti nel momento dell’addio raccapricciante. La folla si era riversata nelle sedi delle emittenti, giustiziando in diretta i giornalisti, colpevoli d’aver taciuto la tremenda verità, martiri mediatici pagati per farlo. Infine, ogni immagine e ogni voce erano svanite, lasciando posto a un vuoto, irreale, raggelante silenzio.

…In questi mesi di navigazione abbiamo imparato a conoscerci per i nostri requisiti e differenti qualità. Ben consapevoli del destino che ci accomuna, regna tra noi un clima di reciproca stima. Proveniamo dai quattro continenti, nessuno di noi si era mai incontrato prima. Siamo stati scelti nove mesi fa da imparziali algoritmi, quindi riuniti nella base di addestramento.

Prima eravamo ignari di tutto, una volta eruditi sul nostro compito, nessuno si è rifiutato. Intimamente è stato tremendo… Siamo tutti individui giovani, sani, istruiti, equilibrati, intelligenti. Del nostro passato ormai estinto e lasciato alle spalle, s’è parlato poco. Non abbiamo sviscerato i nostri sentimenti, ma molto d’altro è stato discusso e programmato.

Durante il viaggio abbiamo esaminato gli errori commessi dalle nostre civiltà, risalendo da quando la storia ce lo consentiva, valutando soprusi verso ogni altra forma di vita e la nostra etnia stessa. Orrori ripetitivi, costellati di peccati capitali sdoganati nel nome d’ignare divinità o dal predicare di fittizi governanti, dispensatori di parole morte come foglie secche al vento.

Man mano che aumentava la distanza dal mondo ansimante, abbiamo ripercorso la lunga, e per certi aspetti, esaltante storia delle invenzioni. Conquiste dapprima modeste, seppur geniali, tollerabili e poco invasive. Quindi le scoperte d’una scienza sempre più arrogante, in stolta sfida con il mistero della vita, nel nome dello sviluppo, dell’evoluzione civile o militare, ma sempre miope e perlopiù, fine a se stessa. 

Ultimi testimoni delle estreme agonie della vita, abbiamo focalizzato i vari volti del male che hanno perpetrato i disastri della nostra storia. Volti del potere e delle fastosità d’inutili oggetti e fugaci proprietà, di volatili, fatue ricchezze, della superbia latente dell’uomo, del suo senso di superiorità. Truffe all’intelletto che hanno scandito le scelte della nostra razza sempre in sfida con non importa cosa, portandola all’immane apocalisse globale. Ogni consapevolezza ci procura vergogna.

Abbiamo stabilito postulati semplici: un essere buono è più intelligente di quello cattivo e non produce danni. Le doti morali non possono essere separate da quelle intellettuali, umiltà e osservanza dell’appartenenza sono la vera ricchezza del genere umano.

L’armonia con le formule del minimo e dell’infinito, sono fonte di naturale, vitale bellezza. Non occorre comprenderle, ma osannarne il mistero. La sfuggente e pur  matematica perfezione degli equilibri stabiliti dal disegno universale che sancisce il rapporto tra tutte le cose, sarà la sola legge che abbiamo deciso di rispettare.

Ogni volta che abbiamo scavato al contrario di tutto ciò che ci aveva portato a vagare nello spazio infinito, abbiamo riesumato antiche reminiscenze dalla nostra memoria. Questo e altro abbiamo decretato, mentre intanto, osservando dall’oblò, l’astro destinato all’atterraggio si era fatto sempre più vicino.

 

Nel prossimo capitolo conclusivo, l’atterraggio e lo sbarco degli ultimi pionieri della nostra razza sulla terra promessa. Link:   

https://www.civico20news.it/sito/articolo.php?id=45876

 

 

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