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L'EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Giancarlo Guerreri: credere o non credere? Questo è il dilemma…
84 anni fa una storica bufala, per festeggiare Halloween
Articolo di L'Editoriale
Pubblicato in data 30/10/2022

Sommersi, da un’infinità di notizie sfornate costantemente da tutti i canali d’informazione, bersagliati come inermi birilli di un bowling gigantesco che non conosce tregua, saper decidere, scegliere o comprendere cosa ci sia di vero o di falso in ciò che vediamo e ascoltiamo, diventa più un lavoro a tempo pieno che il desiderio di essere aggiornati.

Tutti conoscono il valore e il potere dei messaggi televisivi, siano essi mirati a riversarci addosso spot pubblicitari o consigli su chi votare alle prossime elezioni.

Ciascuno di noi conosce bene quale grado di paura abbiano scatenato nel pubblico le immagini e le minacce della narrazione ufficiale di una dibattuta pandemia che inizia a mostrare solo ora il suo autentico volto. Ma sicuramente pochi si ricorderanno di un innocente scherzo radiofonico, ordito da Orson Welles il 30 ottobre 1938.

Alle 20 in punto del 30 ottobre del 1938, vigilia di Halloween, un programma della CBS, “La Guerra dei Mondi”, ispirato all’omonimo romanzo di fantascienza di Herbert George Wells, iniziò con queste parole:

“Sappiamo che nei primi anni del XX secolo questo mondo era osservato da molto vicino da intelligenze più grandi di quella dell’uomo, anche se mortali come la sua”

La voce che invase le case degli americani era quella del 23enne attore Orson Welles, che aveva organizzato una finta diretta radiofonica su una presunta invasione da parte di ferocissimi alieni.

Le veridicità della trasmissione rese il messaggio credibile ed oltre 6 milioni di americani si barricarono in casa terrorizzati, mentre altri fecero i bagagli per scappare verso altre città o sulle colline.

Durante il finto notiziario un sedicente astronomo dell’Università di Princeton, interpretato da Welles, escluse la possibilità di qualunque ipotesi di vita aliena su Marte. Dopo pochissimo tempo, da un falso inviato, giunse la notizia di uno strano meteorite cilindrico che era atterrato in una piccola località del New Jersey.

Il sedicente cronista descrisse le reazioni degli abitanti colti dal terrore. Tecnici del suono, rumoristi e specialisti degli effetti acustici parteciparono alla “bufala” per rendere ancora più realistico lo scherzo.

Il giornalista parlò di sconcertanti movimenti all’interno del cratere e di qualcosa di molto simile ad un tentacolo che si muoveva contorcendosi. In un crescendo di tensione l’inviato raccontò, con voce tremante, di un raggio di calore che stava incenerendo la folla (e in seguito anche lo stesso reporter sembrò essersi dissolto).

Successivamente il pubblico venne informato dell’arrivo dell’esercito per combattere contro i marziani. Dal meteorite si videro uscire esseri con tre gambe circondati da nubi di gas tossici in grado di avvelenare l’aria circostante.

Il terrore si diffuse tra il pubblico, causando autentiche reazioni di panico. Successivamente tutto venne spiegato, chiarendo che si trattava della falsa notizia di una invasione aliena, ambientata nell’anno 1939, quindi nel futuro.

Welles stesso, alla fine, annunciò che il programma non era altro che uno scherzo radiofonico… in onore di Halloween

Non soffermiamoci sul fatto che un simile scherzo possa essere stato di discutibile gusto, e che 6 milioni di spettatori vennero colti dal panico e dal terrore… soffermiamoci, invece, sul fatto che abbia giocato un ruolo determinante l’indubbia autorevolezza della fonte d’informazione.

Quello fu probabilmente un autentico esperimento mediatico, un test generale per valutare la credibilità di messaggi, anche assurdi, che se declinati da fonti autorevoli diventano automaticamente verosimili.

“Non importa cosa si dica, importa chi lo dice e come lo dice”.

Secondo molti psicologi il modo con il quale vengono espressi i concetti conta più del contenuto dei concetti stessi. Inoltre noi esprimiamo, a parole, circa il 40% di ciò che vogliamo comunicare, il restante 60% viene manifestato con il tono della voce, con i gesti, con l’intensità dello sguardo, ovvero con tutte quelle informazioni che appartengono al cosiddetto “non verbale”.

Fatte queste brevi considerazioni, rimane il problema della decodifica dei messaggi che riceviamo dai media.

Quasi sempre i nuovi concetti si interfacciano con ciò che aprioristicamente crediamo, o pensiamo di credere, generando, a volte, degli autentici conflitti.

Non vorrei banalizzare il discorso ma temo che troppo spesso siamo vittime di pregiudizi, nel senso che assumiamo posizioni sul contenuto di determinati argomenti, unicamente sulla base di presunte affinità o malcelate simpatie personali. Un po’ come avviene quando, da piccoli, decidiamo per quale squadra di calcio fare il tifo.

Se siamo nati in una grande città nella quale giocano due squadre importanti, la scelta per chi fare il tifo, potrà nascere da una adesione al pensiero della squadra per cui tifa la famiglia o per consolidare il rapporto con il gruppetto di amici o compagni di scuola che frequentiamo.

Raramente, in questa fase iniziale ma determinante per le scelte, entreranno in gioco altre variabili. Prima decidiamo da che parte stare, quindi passeremo la vita a consolidare la nostra idea fino a sentirci impossibilitati a cambiarla.

La spiegazione è abbastanza semplice. Durante la prima fase, quella della scelta iniziale, entrano in gioco poche variabili e la preferenza comporta un basso livello di energia. Pertanto tifare per la Juve, per il Toro o per il Milan, risulta essere poco importante e dipende esclusivamente dall’imprinting ambientale.

Più tardi le cose si complicano. Dopo aver speso molte energie documentandosi sui giornali, seguendo la propria squadra del cuore nelle varie trasferte, partecipando a incontri sportivi e altro… l’energia necessaria per un ipotetico cambiamento diventerebbe sempre più elevata, fino a che il cambiamento di squadra sarà impossibile da realizzare.

L’unica eccezione riguarda coloro che, da attori del sistema, sono vincolati alle scelte economiche dei dirigenti degli ambienti sportivi. Succede quindi che il giocatore Tal dei Tali, nato e allevato in una squadra (quindi si presume tifoso della medesima) possa entrare in un gruppo antagonista e resettare, per ovvii motivi economici, il proprio “credo calcistico” a favore della nuova squadra che lo ha accolto.

L’ambiente esterno gioca un ruolo determinante sulle scelte emotive, e non sarà certo una caso se tale sentimento si chiami “fede calcistica”.

Lo stesso ambiente agirà sulle scelte legate alla “fede religiosa”, determinando, grazie alla pressante educazione e condivisione di dogmi l’adesione a questa o quella particolare confessione.

A titolo d’esempio ricorderemo il caso dell’isola di Cipro:

L’isola potremmo dividerla in due parti, interessate da due “credo” assolutamente distinti.

Il nord, la parte Turca è islamica, il sud, quella greca è ortodossa.

La parte islamica è interessata da una presenza sunnita, mentre al sud interviene una maggioranza cristiana greco ortodossa con fortissime influenze sulla realtà politica, economica e sociale.

I dati dicono che la popolazione sia cosi divisa:

78% cristiani, quasi tutti della Chiesa greco ortodossa con minoranze di cattolici, mormoni e armeni. 

18% Islamici, la maggior parte sunniti. 

4% altre religioni tra cui atei e buddisti.

Si deduce che coloro che nasceranno al nord saranno islamici, mentre a sud saranno cristiani ortodossi.

La domanda che sorge spontanea riguarderà il valore delle proprie preferenze individuali.

Se è vero che il responsabile delle scelte sportive, religiose o politiche è soprattutto l’ambiente o la regione geografica d’appartenenza, diventa molto difficile stabilire, con onestà intellettuale, quali siano i veri giusti valori o il senso di una precisa scelta che possa avere un autentico, oggettivo significato.

Resta inteso che possano modificarsi nel tempo anche le più profonde convinzioni personali, è possibile cambiare confessione religiosa o convinzione politica, si tratta, tuttavia, di casi molto rari e non sempre determinati da semplici riflessioni di natura filosofica o intellettuale.

Tornando all’oggettiva difficoltà insita nella decodificazione dei messaggi dei media, tenendo presente che la nostra mente risulta essere condizionata, se non addirittura programmata dalle cause presenti nell’ambiente, il lavoro di destrutturazione e analisi dei messaggi diventerà ciclopico.

Affermare che tutto ciò che riceviamo come messaggio mediatico sia necessariamente falso sarebbe puerile, così come sarebbe sicuramente ingenuo affermare il contrario.

Verità e menzogna sembrando danzare a braccetto, mescolandosi in un valzer che diventa pura cacofonia, se non addirittura nefasto strumento di potere.

Distillare il vero dal falso diventa una difficile operazione alchemica, un lavoro da realizzare nell’intimità della propria Coscienza, cercando di essere non solo razionali, ma, soprattutto onesti con se stessi.

L’autoinganno è alle porte, falsi maestri, falsi giornalisti e pessimi governati faranno del loro meglio per indurci a credere ai loro subdoli messaggi.

La chiave, l’unica chiave che ci permetterà di aprire la porta della Verità è nascosta dentro di noi, ma sarà solo la nostra onestà intellettuale che potrà farla girare nella toppa.

  

    Giancarlo Guerreri

         Editorialista

 

 

 

 

 

 

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