APRI
IL
MENU'
Voci e cose dal Piemonte
Rinascimento privato al Museo Accorsi – Ometto di Torino
In mostra fino al 29 gennaio 2023
Articolo di Ezio Marinoni
Pubblicato in data 18/11/2022

Il Museo di Arti Decorative Accorsi – Ometto non finisce mai di stupire e presenta una nuova raccolta artistica che ci conduce nel cuore della storia antica del nostro Piemonte. Questa mostra, che mutua il titolo dall’omonimo romanzo di Matia Bellonci, Premio Strega 1986, vuole raccontare l’evoluzione della pittura piemontese dalla metà del Quattrocento alla metà del secolo successivo, attraverso una trentina di opere provenienti da collezioni private; sei sezioni tematiche accompagnano il visitatore in questo percorso.

Ideatori e curatori sono di un nuovo scrigno d’arte Serena D’Italia, Luca Mana e Vittorio Natale.

Durante l’anteprima, il Presidente Appendino ricorda la ricostruzione dell’ambiente museale che oggi vediamo, conforme ai desideri di Giulio Ometto.

Il Direttore, Luca Mana, accompagna gli intervenuti in un percorso storico ideale, che si apre nel quarantesimo anniversario della morte di Pietro Accorsi e offre un numero ristretto di opere di altissima qualità, realizzate da pittori che hanno viaggiato molto, portando la loro arte e la loro ispirazione in giro per l’Italia.

Vittorio Natale, uno dei curatori, si interroga e aiuta a riflettere sul senso del collezionismo, ieri e oggi, e ritiene che il Museo Accorsi – Ometto sia la sede più appropriata per le esposizioni provenienti da collezioni private.

Il collezionismo d’arte è stato incentivato dalle Leggi Rattazzi (1), che hanno prodotto danni ingenti al patrimonio artistico religioso, paragonabili soltanto alle soppressioni napoleoniche. Se ci spostiamo nella vicina Francia e percorriamo la Valle del Tinet, si nota come nel Nizzardo (ceduto dal Regno di Sardegna nel 1860) le opere d’arte siano rimaste nelle chiese. Con il coraggioso motto “riportiamoli a casa” il Museo Accorsi – Ometto è riuscito a recuperare ed acquistare a Modena l’opera di Spanzotti Un santo tebeo e San Lorenzo, che viene qui esposta.

Tra la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento, la pittura piemontese deve molto a due maestri e capiscuola quali Antoine de Lonhy e Giovanni Canavesio, che riescono a imporre uno stile nuovo e diverso rispetto al linguaggio figurativo tardogotico. Verso la fine del Quattrocento Macrino d’Alba e Giovanni Martino Spanzotti diffondono le novità artistiche lombarde e romane, che diventano un fondamentale bagaglio formativo per i pittori della generazione successiva, quali Defendente Ferrari e Gandolfino da Roreto, autori di scene in bilico tra onirico e reale.

Per capire a fondo un’opera d’arte dovremmo conoscerne la storia e la genesi: un esempio di scuola può essere il polittico di Defendente Ferrari conservato nella Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, del quale possediamo il verbale della comunità di Moncalieri che dona l’opera ai monaci di Ranverso. Inoltre, in relazione a quel periodo storico, occorre ricordare che, prima del Concilio di Trento (2), l’arte figurativa era libera di immaginare i modelli e le persone da ritrarre; sarà quel Concilio a imporre precisi modelli iconografici per rappresentare la divinità e i santi, dai quali non ci si poteva più discostare.

La sezione I Precursori si apre con Giovanni Canavesio (a lui si deve la “Cappella Sistina delle Alpi”, a Notre Dame des Fontaines in Val Roya), Tommaso Biazaci (attivo in Liguria insieme al fratello Matteo) e Andrea De Aste. Di quest’ultimo pittore non abbiamo date per la sua biografia; l’opera Santi Giovanni Battista e Nicola, con i Santi Domenico e Lazzaro (in cuspide) risale al 1420 – 1425 circa, la più antica fra quelle presentate.

Il Salone Cinese è diviso in due sezioni: I Committenti e I Grandi polittici tra scomposizione e ricostruzione. Nella prima ci sono Tommaso Cagnola e Oddone Pascale. Il quadro di quest’ultimo San Chiaffredo e San Defendente con il committente, (1520 – 1530), dagli abiti dei canonici ritratti fa supporre si trovasse in chiesa con tale attribuzione; nella successiva sezione incontriamo Pietro Grammorseo e Giovanni Martino Spanzotti, con la sua tela recuperata Un santo tebeo e san Lorenzo, prodotta con un collaboratore (forse Defendente Ferrari).

La sezione Arredare decorando presenta due cassoni nuziali, esposti nel 1938, grazie a Vittorio Viale, nella mostra sul Gotico e Rinascimento in Piemonte.

La quinta sezione è denominata Immaginare la santità, con gli artisti Antoine de Lonhy, Gandolfino da Roreto, Gerolamo e Raffaele Giovenone. Colpisce il Profeta con turbante e filatterio (Salomone?) di Antoine de Lonhy, documentato in Borgogna dal 1446 e morto verso il 1490 in Savoia, fra altre incertezze storiche.

La mostra si conclude con la sezione dedicata a Defendente Ferrari e la pittura rinascimentale in Piemonte tra tradizione e innovazione e opere di Defendente Ferrari (nato forse a Chivasso, fra il 1480 e il 1485 e morto dopo il 12 novembre 1540), Jacopino Longo, Bernardino Lanino e Gerolamo Giovenone. Il pittore Jacopino Longo è soltanto documentato nel Piemonte occidentale fra il 1517 e il 1545, ne vediamo una complessa Adorazione dei Magi. A lui si deve una parte degli affreschi nella chiesa di San Sebastiano a Pecetto, un piccolo scrigno di arte fra Medioevo e Rinascimento.

L’arte piemontese non è ancora riconosciuta per il suo effettivo valore: basti pensare che due tavole in mostra, di Gandolfino da Roreto, documentato fra il 1493 e il 1518, sono state battute ad un’asta a giugno 2022 per 300 euro quale base di partenza per le offerte.

Un particolare merito dei curatori è aver raccolto tutte opere facenti parte di collezioni private e, quindi, non visibili al pubblico (tra cui la Collezione Pozzallo di Oulx, la Collezione di Palazzo La Marmora a Biella e un’opera di proprietà del Museo Accorsi – Ometto).

Il percorso, attraverso un gruppo di straordinarie opere, permette di conoscere e indagare alcuni aspetti della pittura rinascimentale piemontese, a partire dai suoi esordi, che si possono collocare verso la metà del Quattrocento: come detto, un tempo ancora popolato di ombre, riguardo alle biografie dei pittori e alle loro opere e collaborazioni artistiche. In questo percorso Torino si colloca, ancora una volta, come una vera capitale.

Rinascimento privato. Da Spanzotti a Defendente Ferrari nelle collezioni piemontesi.

Museo di Arti Decorative Accorsi – Ometto

Via Po 55 – Torino

Tel. 011 837688

www.fondazioneaccorsi-ometto.it

info@fondazioneaccorsi-ometto.it

Martedì, mercoledì e venerdì 10 – 18

Giovedì 10 – 20

Sabato, domenica e festivi 10 - 19

Note

(1) Leggi Rattazzi. Il 29 maggio 1855 con Decreto Reale sono promulgate le Leggi Rattazzi con cui, tra l’altro, si secolarizzano centinaia di case religiose, di cui vengono confiscati i beni, mentre tutti gli Ordini religiosi sono privati di qualsiasi riconoscimento giuridico. I primi due articoli sono emblematici: Art. 1 - Cessano di esistere, quali enti morali riconosciuti dalla legge civile, le case poste nello Stato degli ordini religiosi, i quali non attendono alla predicazione, all’educazione o all’assistenza degl’infermi. L’elenco delle case colpite da questa disposizione sarà pubblicato con Decreto Reale contemporaneamente alla presente legge. Art. 2 - Cessano parimenti di esistere come enti morali a fronte della legge civile i Capitoli delle Chiese collegiate, ad eccezione di quelli aventi cura d’ordine, od esistenti nelle Città, la cui popolazione oltrepassa 20,600 abitanti.

(2) Concilio di Trento. Convocato per combattere la diffusione della riforma protestante, arriva ad occuparsi anche di arte e musica sacra. L'arte della Controriforma, una conseguenza del Concilio, influenza l'intera Europa a partire dalla seconda metà del XVI secolo. I princìpi generali sulla libertà dell'uso delle immagini vengono rivisti e subito dopo il Concilio la tendenza alla magnificenza del manierismo e alcune licenze formali devono essere abbandonate, almeno in campo religioso.

Altre notizie di
Voci e cose dal Piemonte