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L’EDITORIALE DELLA DOMENICA DI CIVICO20NEWS - Francesco Rossa: Legge di bilancio. Le nuove regole sul reddito di cittadinanza
Il governo di Giorgia Meloni ha annunciato che toglierà progressivamente il sussidio alle persone “occupabili” dal 2023, ma poi?
Articolo di L'Editoriale
Pubblicato in data 27/11/2022

Nel disegno di legge di bilancio approvato dal governo di Giorgia Meloni sono previste delle modifiche al reddito di cittadinanza, ampiamente promesse durante la campagna elettorale da tutti i partiti che compongono la maggioranza.

In sintesi, il reddito di cittadinanza continuerà a essere previsto per le categorie in oggettiva condizione di povertà e che non possono lavorare, mentre chi è giudicato “occupabile”, ossia in grado di poter avere un lavoro, continuerà a riceverlo solo fino ad agosto 2023.

Dal 2024 dovrebbe essere tolto solo a quest’ultima categoria di persone, ma comunque, diversamente da quanto detto da alcuni media, non sarà abolito del tutto.

 

L’iter parlamentare inizierà presumibilmente a metà dicembre, ma è già partito il fuoco dei rosiconi a difesa della legge, così com’è, con in testa Giuseppe Conte, il novello Masaniello che continua a minacciare di scatenar le piazze, a favore del parassitismo ed in effetti ha già prospettato una marcia su Roma.

Perché tanto accanimento e livore, da parte della sinistra, quando nei mesi scorsi non passava giorno senza che emergessero abusi clamorosi, penalmente perseguibili, da parte di beneficiari- truffatori che hanno escogitato ogni mezzo, sino al conseguimento dei benefici pecuniari anche per residenti stabili all’estero, carcerati, malavitosi e quant’altro?


Il reddito di cittadinanza è la più importante misura proposta dal Movimento 5 Stelle durante la campagna elettorale del 2018. Fu introdotto nel 2019 dal primo governo di Giuseppe Conte, guidato proprio dal Movimento 5 Stelle insieme alla Lega.

È uno strumento pensato per le famiglie e gli individui che si trovano in difficoltà economica: non è un sussidio di disoccupazione, ma una misura di sostegno al reddito che rimane disponibile una volta terminati gli strumenti ordinari, come la cassa integrazione e il sussidio di disoccupazione.

Tant’è che alcune delle persone che lo ricevono, svolgono un’attività lavorativa, che però non consente di raggiungere una soglia di reddito tale da uscire dalla povertà.

L’assegno è mensile e non ha un importo fisso: dipende dal numero di componenti della famiglia, dall’ISEE, dalle eventuali integrazioni per pagare l’affitto, ecc.

 

L’erogazione dell’assegno è legata, teoricamente, a un percorso di inserimento lavorativo, obbligatorio per i percettori tra i 18 e i 65 anni. Non è invece obbligatorio per i disabili o per chi ha a carico disabili o minori di tre anni.

Al momento il sussidio è per legge temporaneo, ma di fatto non decade quasi mai: dopo 18 mesi l’erogazione viene sospesa per un mese, per poi riprendere. Invece, il beneficio decade del tutto se si rifiutano due offerte di lavoro.

Dal gennaio, dovrebbero cambiare le regole per le persone che ricevono il reddito e sono considerate “occupabili”.

Secondo la definizione che ha dato il comunicato stampa del Consiglio dei ministri, gli “occupabili” sono persone tra i 18 e i 59 anni che possono oggettivamente lavorare e che non abbiano nel nucleo famigliare disabili, minori o persone a carico con almeno 60 anni.

 

Con le nuove regole, nel 2023 alle persone che ricevono il reddito e definite “occupabili” sarà erogato l’assegno al massimo per 8 mensilità, invece delle attuali 18 rinnovabili. Durante questo periodo dovranno frequentare corsi obbligatori di formazione o riqualificazione professionale. Il sussidio decade se queste persone non frequentano i corsi o nel caso in cui rifiutino la prima offerta di lavoro congrua.

Dal 2024 dovrebbe poi essere tolto del tutto.

Il governo aveva anche considerato l’idea di interrompere il sussidio per gli “occupabili” già da gennaio. Ci sarebbe stato così un risparmio per lo stato pari 1,8 miliardi di euro l’anno (complessivamente il reddito di cittadinanza ne costa circa 8 all’anno), ma al prezzo di lasciare centinaia di migliaia di persone improvvisamente senza un reddito. È stata così adottata una soluzione “ponte” di quasi un anno.

 

I partiti che compongono la maggioranza sono sempre stati piuttosto contrari al reddito di cittadinanza, sebbene nessuno di loro durante la campagna elettorale ne avesse esplicitamente preconizzato il destino o la rimodulazione.

La posizione di Meloni era quella più chiara: tempo fa arrivò addirittura a definirlo «metadone di stato».

Durante la conferenza stampa di martedì scorso, Giorgia Meloni ha detto che questi nuovi vincoli sono solo l’inizio di un percorso di riforma dello strumento, che parte dal principio generale che debbano continuare a essere tutelate col sussidio solo le persone che sono nell’impossibilità oggettiva di avere un impiego.

 

Meloni si era così espressa: «avremmo avuto bisogno di più tempo per fare una riforma complessiva, che faremo, ma intanto stabiliamo che si continua a tutelare chi non può lavorare, disabili, anziani, famiglie prive di reddito con minori a carico, donne in gravidanza».

Al momento per queste categorie non cambierà niente, ma Meloni e Calderone hanno più volte detto che nel corso del prossimo anno sarà totalmente ripensato lo strumento.

 

È difficile prevedere ora se il governo arriverà mai a togliere del tutto il reddito di cittadinanza alle persone più in difficoltà, soprattutto perché sarebbe una decisione piuttosto impopolare.

Uno dei presupposti principali dell’introduzione del reddito di cittadinanza, quando fu votato, era che fosse vincolato alla partecipazione delle persone che lo ricevono a un percorso di inserimento lavorativo. Questo tuttavia è sempre stato l’aspetto più controverso e probabilmente fallimentare della misura.

 

C’è già chi irride la risolutezza del governo, circa il limite degli otto mesi di sussistenza, garantendo che nonostante i diktat, tutto dovrebbe tornare come prima.

La legge di bilancio, se così approvata, lascia non pochi scontenti.

Dal mantenimento della risibile consistenza delle pensioni di invalidità, al mancato adeguamento del costo della vita per le pensioni che eccedono il limite di 2100 euro mensili, con sacrifici per i pensionati che hanno sempre lavorato, versando contributi previdenziali ed irpef.

 

“Si toglie al cittadino modello per continuare a foraggiare i pelandroni”, questo è uno dei commenti che sta girando sui social. E’ inoltre  previsto l’aumento delle acccise sul tabacco e altro ancora seppur un po’ mimetizzato.

Sarebbe quindi meritorio ed equo che il governo ribadisse la portata effettiva delle modifiche al sussidio, non derogando dal temine, per compiacere alle demagogiche richieste dei grillini e dell’estrema sinistra, ma emanando da subito, disposizioni di verifica e controllo adeguate e capillari.

Quali:

- Sospensione immediata del trattamento per coloro che lavorano in nero e percepiscono redditi ragguardevoli;

- per coloro che vivono stabilmente all’estero;

- per i trafficanti nel malaffare, che compiono reati e percepiscono redditi e compensi di gran lunga superiori.

 

Così facendo il governo, procedendo a difesa della legalità, potrebbe ottenere una discreta scrematura a monte, dirottando altrove, risorse preziose e nel contempo sviando le inevitabili critiche dell’opposizione che, a parole ha sempre ribadito che gli abusi dovrebbero essere stroncati.

 

Voltare pagina, per il governo, significa anche uscire dalla palude delle contraddizioni, dalle prediche dei soloni che poi non adeguano il loro comportamento e favoriscono ogni rendita parassitaria possibile.

Da qui potrebbe partire la marcia silenziosa di Giorgia Meloni, per affermare, nei fatti, che anche l’Italia può rientrare nei canoni di un Paese normale ove il diritto e l’equità prevalgano sui comportamenti omertosi che offendono i cittadini che vivono onestamente.

 

Francesco Rossa - Condirettore Responsabile - Direttore Editoriale

 

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