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Cronaca Nazionale
Sanremo2023 fa discutere già prima di iniziare
La coppia Amadeus - Stefano Coletta fa infuriare gli italiani stanchi della propaganda LGBT su RaiUno.
Articolo di Andrea Elia Rovera
Pubblicato in data 25/01/2023

In questi giorni il mondo del web si è diviso e spaccato per le scelte a favore del mondo LGBT fatte da Amadeus, direttore artistico di “Sanremo 2023”, con l’appoggio e il sostegno di Stefano Coletta, Direttore Rai e Direttore del Prime Time.

Nel prossimo Festival della Canzone Italiana, infatti, sono già stati annunciati diversi momenti dedicati alla comunità LGBT che, manco a dirlo, saranno pagati e foraggiati con il denaro pubblico dei contribuenti italiani.

Il collega Luigi Mascheroni, su “Il Giornale” del 23 gennaio scorso, riferendosi a Coletta ha scritto: “L’uomo che trasforma tutto ciò che tocca in un’industria dello spettacolo gay friendly, la televisione come ininterrotto flusso domestico e la fluidità di genere come normalità di rete”.

Parole forti quanto vere. E’ sotto gli occhi di tutti che da quando Coletta ricopre l’incarico di Direttore Rai il palinsesto LGBT è aumentato in modo esponenziale.

Noi di “Civico 20 News”, ad esempio, ci eravamo già occupati della discutibile scelta di Amadeus di portare Gianluca Gori sul palco dell’Ariston travestito da Drusilla Foer. In quell’occasione Gori ha addirittura proferito una bestemmia offendendo milioni di Cattolici, Evangelici, Ortodossi e Anglicani.

Sull’inopportunità di certe manifestazioni sul palco di Sanremo era anche intervenuto Mario Adinolfi, fondatore del “Popolo della Famiglia”, che in un tweet breve ma incisivo aveva scritto: “Una volta Sanremo era lo specchio del Paese. Ora pare un manicomio dove sono tutti fluidi e vanno in giro mezzi nudi e coi capelli pitturati come una tribù Cheyenne”.

Nel citato articolo Luigi Mascheroni calca la mano e dice che Stefano Coletta può essere considerato “il ‘Genitore 1’ dell’Italia democratica, progressista e Lgbtq, legatissimo al ‘Genitore 2’, Serena Bortone, nel cui programma le casalinghe si commuovono perché il figlio del portinaio non può pagarsi gli ormoni per la crescita delle tette”.

Come abbiamo già più volte scritto, ognuno è libero di vivere la sua sessualità come meglio crede, nel rispetto della legge e delle norme, ma non può pensare di farne sfoggio propagandistico al fine di sostenere ed incentivare la Lobby LGBT.

Non possiamo dimenticare, infatti, che nel luglio scorso un signore si è presentato vestito e truccato da donna nella trasmissione “Uno Mattina estate”, alle 10 del mattino, in piena fascia protetta. In sovraimpressione campeggiava il virgolettato “Sono un eterosessuale che si veste da donna”.

L’opinione pubblica si è scatenata. Moltissimi telespettatori hanno detto che bisogna rinominare RaiUno definendola per quello che realmente è: GAYUno. La polemica è approdata anche tra gli scranni del Parlamento.

Il Senatore della Repubblica Lucio Malan, “Fratelli d’Italia”, sul suo profilo Twitter aveva scritto: “‘Sono un eterosessuale che si veste da donna’. Servizio pubblico obbligatoriamente pagato attraverso la bolletta elettrica. Far parlare padri e madri che lavorano per mantenere la famiglia mentre lo Stato li tartassa no, eh?”.

Il tema ha creato una discussione fiume che è sfociata in una contrapposizione ideologica a cui ci siamo tristemente abituati.

La quaestio magna però è sempre la stessa: perché usare la televisione di Stato, foraggiata con contributi pubblici, per sostenere, inneggiare ed incoraggiare la fluidità di genere, la cultura omosessuale e l’ideologia gender?

Questo modo di fare informazione ed intrattenimento serve solo a creare frizioni all’interno dell’opinione pubblica e a fomentare intolleranza in chi non ne può più di vedere il bombardamento mediatico che Stefano Coletta e i suoi sottoposti propongono ad ogni piè sospinto.

Certamente torneremo sul tema anche perché – ne siamo certi – Amadeus trasformerà il Festival della Canzone Italiana in un internazionale Pride, in barba ai pubblici contribuenti.

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#Sanremo2023
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