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Cultura
Quando Padre Cristoforo prese una multa
Dove si dimostra, in tre puntate, che leggere I Promessi Sposi è tutto fuorché inutile
Articolo di Patrizia Lotti
Pubblicato in data 25/03/2023

 

SECONDA PUNTATA

“A questo mondo c’è giustizia, finalmente”  

A. Manzoni, I Promessi sposi, cap. III

La mattina seguente Paolo Antonini entrò a scuola con aria pensierosa. La giornata era fredda, ma si preannunciava nitida e luminosa; le finestre della sala docenti davano verso est e sullo sfondo si vedeva chiaramente il sole sorto da poco dietro la sagoma inconfondibile del Resegone. «Il sole ridea calando dietro il Resegone», recitò meccanicamente tra sé il professore. Ma il sole stava sorgendo, tanto per cominciare. E poi quel giorno in classe  avrebbe lavorato su  Manzoni, non su Carducci. Per tutto il mese di novembre aveva deciso di dedicare due ore la settimana  ai Promessi Sposi, il romanzo che amava di più.

«E pensare che tanti lo trovano noioso, retorico, superato. Gente piena di pregiudizi, che pensa di andare controcorrente e non si accorge di ripetere, dal sessantotto ad oggi, le stesse cose. Sono passati quarant’anni; non sarebbe ora di cambiare? Propongono deliranti sostituzioni del più bel romanzo che abbiamo con Il birraio di Preston o altre assurdità del genere. »

«Perché è un ottimo esempio di come una storia possa essere raccontata da punti di vista diversi, di tante tecniche narrative», pontificano.

Stupidaggini. Con tutto il rispetto per Camilleri, stupidaggini. 

Perché, Manzoni non sa descrivere un personaggio attraverso descrizioni fisico-psicologiche da manuale o semplicemente con due battute? O non è capace di usare il flash-back? E, soprattutto, le ingiustizie che subiscono tanti suoi personaggi, raccontate magistralmente, non le vediamo purtroppo ancora oggi? Povera Italia! Davvero da noi non c’è mai niente di nuovo sotto il sole.» Prese il registro, salì le scale ed entrò  in  II A. Guardò subito verso il banco di Alisei. Vuoto. In un certo senso se l’aspettava.

Chissà come stava. Le due ore passate insieme il giorno prima non avevano chiarito cosa fosse successo nella stradina, ma era chiaro che il ragazzo era stato malmenato volontariamente. Non aveva nessun indizio; solo la certezza che, chiunque fosse stato, non l’avrebbe passata liscia. Non gliel’avrebbe permesso. Mentre apriva   I Promessi Sposi sentì bussare. Era  Lorenzo Alisei. Si scusò per il ritardo e presentò la giustificazione controfirmata dal preside. Antonini  esaminò con cura la firma del padre. Il nome era scritto con chiarezza: Dante Alisei. Almeno adesso sapeva con chi avrebbe dovuto parlare. Tornò al suo romanzo.

«Bene, ragazzi. Qualcuno vuole riassumermi il quinto capitolo?»

Mentre riprendeva la vicenda dell’ingiustizia subita da Renzo e Lucia, del più forte che ha la meglio sul più debole, anche se ha torto, sentiva la sua mente percorrere due strade diverse e parallele. Una gli faceva spiegare con sicurezza la  trama, confrontare personaggi e situazioni, sottolineare tecniche narrative e figure retoriche; ma l’altra era emozione, pura emozione. Gli sembrava che  le parole di Manzoni fossero state scritte per lui. L’oltraggio subito da Renzo e Lucia diventava la colpa di cui era stato ingiustamente accusato; non si era mai sognato di passare con il rosso.

Era il T-red, regolato con un giallo troppo breve, che lo puniva senza motivo.  Le illustrazioni di De Chirico svanivano e il podestà assumeva l’aspetto del sindaco, l’Azzeccagarbugli quello del consigliere Frassinetti, don Rodrigo quello del dirigente dell’ufficio tecnico. Comparve anche l’Innominato, con il volto nascosto da un cappuccio nero e Lucia tremante ai suoi piedi.

«Non ho ancora le prove, ma le troverò, bastardo. Non la passerai liscia.»

La sua voce a tratti si alzava per poi abbassarsi velocemente, come se l’emozione inciampasse nella realtà e ne venisse risucchiata per un po’. Camminava tra i banchi facendo domande ai ragazzi su don Rodrigo e il conte Attilio, ma nella sua mente era un pubblico ministero feroce.

«Consigliere Frassinetti, è vero o no che è stato contattato dall’Innominato? È vero che insieme avete manomesso volontariamente i T-red  forniti della ditta Griso? È vero o no che vi siete appropriati indebitamente del cinque per cento del denaro entrato nelle casse del comune di * con i proventi delle multe, conseguiti illecitamente? È vero o no…»

Improvvisamente si trovò davanti gli occhi di Alisei. Tornò sulla strada della ragione, vergognandosi di essersi lasciato travolgere da una banalità come una multa, mentre il ragazzo che lo guardava era vittima di un sopruso ben più grave. L’emozione riprese il sopravvento. L’avrebbe difeso,  con la sicurezza e la determinazione di padre  Cristoforo,  dell’Innominato dopo la conversione. La sua voce adesso era tranquilla e le parole si susseguivano senza incertezze. Con  tono calmo e sicuro commentò l’inizio del VI capitolo. Ritto nella sala del castello padre Cristoforo pronunciava senza timore il nome di Lucia davanti a  don Rodrigo,  gli rovesciava addosso tutta la sua indignazione per le false e spudorate  proposte di aiuto, lo spaventava con le sue profezie: «Verrà un giorno…»

«Verrà un giorno, bastardi, in cui i vostri maneggi saranno sotto gli occhi di tutti, e la magistratura vi condannerà; non importa se il prefetto è dalla vostra parte, se in regione avete agganci e appigli. Non saranno sufficienti. Caro Frassinetti, a breve avrò in mano le intercettazioni delle tue  telefonate a Milano, alla ditta De Poli, già indagata in Emilia per irregolarità nella regolazione dei T-red di Casalecchio di Reno. Ho preso le mie informazioni, cosa credi? Sei finito, caro il mio consigliere. E anche tu, o voi, chiunque siate, non tormenterete più questo povero ragazzo. Vi smaschererò e Alisei tornerà a sorridere come prima.  Se lo merita. È onesto. E l’onestà oggi è  una merce rara. Non vi permetterò di calpestarla e di farla a pezzi.»

 Il professore continuò la lettura.

«…Lucia, dico: vedete come io pronunzio questo nome con la fronte alta, e con gli occhi immobili.»… «Ho compassione di questa casa: la maledizione le sta sopra sospesa.…Lucia è sicura da voi: ve lo dico io povero frate; e in quanto a voi, sentite bene quel ch’io vi prometto. Verrà un giorno… »

Nella mente di Alisei le parole di padre Cristoforo, lette da Antonini con voce bassa e minacciosa, ebbero l’effetto di uno schiaffo ben assestato sulla guancia sinistra, ancora livida per i pugni del giorno prima. Bruciavano, quei lividi. Il viso gli diventò rosso per la vergogna: subire la violenza dei suoi aguzzini senza reagire era solo vigliaccheria, la  squallida rassegnazione di un poveretto tremante che balbetta spaventato chinando la testa  davanti ad un padrone crudele ed ingiusto. La rabbia e l’indignazione di padre Cristoforo diventarono le sue. 

«Verrà un giorno, bastardi incappucciati, e verrà presto, preparatevi, in cui troverò il coraggio di ribellarmi. Vi coprite la faccia quando mi picchiate, ma scoprirò chi siete. Mi avete riempito di botte, il mio cellulare e i miei soldi sono finiti nelle vostre tasche, le lenti dei miei  Ray Ban sono a pezzi. Ma adesso basta. È finita. Non mi fate più paura. Vi disprezzo. Anzi, mi fate quasi compassione; non immaginate neanche di cosa possa essere capace un innocente, quando deve difendere la  pulizia della sua  coscienza.  Non sono più  disposto a fare il vostro gioco. Ve lo dico in faccia, bastardi; mi date la nausea. Ma come potete pensare di farla franca ? Ce l’ho anch’ io chi mi aiuta, cosa credete. Antonini, per esempio. Lui ha capito cosa sta succedendo. Aspetta solo che io parli. E io parlerò. Questo padre Cristoforo mi piace, mi dà coraggio. E anche Antonini: com’è bravo quando spiega così. Sembra di essere a teatro. Però stavolta la rappresentazione è stata per me, solo per me. Grazie, Antonini. Tu non lo sai, ma hai fatto di più oggi, con i tuoi Promessi Sposi, di ieri, quando mi hai portato a casa e abbiamo mangiato insieme.»

Guardò Antonini dritto negli occhi: non aveva più niente da nascondere, tanto meno a lui. Il professore lesse nel suo sguardo tutta l’indignazione e la determinazione di padre Cristoforo.

La visita alla caserma dei carabinieri sarebbe stata più lunga del previsto.

 

La conclusione, cari lettori, alla prossima puntata.

 

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