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Perché non piove più? Il portale delle teorie: souvenir di quando c’era la nebbia
La primavera è appena cominciata e già si sentono i profumi dell’estate, l’aria è secca e il sole è cattivo
Articolo di Carlo Mariano Sartoris
Pubblicato in data 10/04/2023

Pioveva sempre a Pasquetta! Le stagioni sono cambiate in fretta in questi ultimi tempi, dove l’attività antropica è chiamata alla resa dei conti, quindi è doveroso ricordare particolari meteorologici tipici di un Piemonte neppure troppi anni addietro, per non dimenticare quando avevamo meno tecnologia, nessuna 5G e così via, ma vivevamo mica male, in modo più semplice e naturale.

La nebbia ad esempio, che faceva capolino a novembre e si manifestava fin quasi a primavera è ormai cosa rara. Tempi umidi odor castagne abbrustolite, durante i quali nevicava e pioveva il giusto, faceva freddo con puntualità proverbiale e c’era un perché.   

Durante la stagione invernale, Torino e dintorni non sono mai stati un comprensorio dai lunghi sguardi verso orizzonti lontani. In un tempo ancora vivo nella mente di persone ormai di una certa età, a confondere la vista, e non solo quella, provvedeva la nebbia. Si presentava puntuale a una certa ora, fluido impalpabile e strisciante che veniva dalla umida campagna confinante. Come dita di una immensa mano penetrava dalle strade e dai corsi della periferia, inghiottendo lentamente anche la città.

Quella nebbia fitta e persistente aveva un fascino. Come fosse opera d’un sortilegio, la notte scura diventava biancastra e gli incroci delle vie si tramutavano in tranelli dove ci si poteva perdere a 50 m da casa, mentre i passi frettolosi di qualche invisibile viandante diventavano assopiti scalpiccii, indecifrabili echi che potevano venire da dovunque.

Alla luce dei lampioni, complici in quel gioco delle ombre, i profili degli alberi, lavorati dalla fantasia, assumevano sagome di mostri malvagi e le auto che si muovevano prudenti nella poca visibilità concessa, anch’esse parevano animali avanzare acquattati e sospettosi, occhi i loro fari, talvolta gialli, come non se ne vedono più.

Negli anni 50 e 60 Torino era ancora una città piccola, industriale sì, ma circondata da una economia agricola che soffiava odori di fieno e di animali fino in periferia. L’intera Pianura Padana era perlopiù dedita alle coltivazioni e l’urbanesimo era molto più contenuto. Se il cielo era sereno, la nebbia si impadroniva di tutta la pianura, rogna per chi si trovava per strada, ma si era abituati a guidare in quel muro bianco, noi del nord, patria di quella nebbia derisa da Totò.

Dalla fine degli anni 60, la massiccia immigrazione ha preteso i nuovi quartieri della periferie. Quantità di palazzi popolari, in pochi anni hanno disegnato un nuovo volto del territorio urbano e suburbano. La terra padana ha barattato i boschi e il suolo agreste, sostituiti dall’umanizzazione, modificando il microclima, la percentuale di umidità e quindi, anche la nebbia. Da quegli anni è passato il tempo che doveva passare, la nebbia che penetrava a Torino quanto a Milano e oltre, è scomparsa, insieme all’umidità, alle piogge di primavera e tanti fenomeni atmosferici che sono stati soppiantati da nuove e più aspre calamità figlie del riscaldamento globale, che a sua volta non è nato da sé.

Se la siccità incombe è perché l’uomo ha fatto più danni in cinquant’anni che il resto della natura dall’inizio dei tempi, però, quando a Torino si affaccia ogni nuovo e più tiepido inverno, la nebbia scomparsa lascia il posto alla cappa dell’inquinamento e l’aria intrisa di polveri sottili, vista dall’alto della collina, modifica la visibilità e mimetizza i profili dei palazzi tentando di tener fede alla tradizione cittadina. Ma ormai la "bolla africana" incombe e anche la NASA prevede un 2023 molto caldo sull'Europa continentale. Per quanto riguarda la nebbia chissà, se il tempo è ancora imprevedibile, speriamo di essere smentitI in toto dal novembre che verrà!

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