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Interviste
Intervista a Piero Chiambretti: tornare bambini è possibile.
Impariamo da loro, sono il nostro futuro.
Articolo di Chiara Rota
Pubblicato in data 28/04/2023

È stato ed è uno dei volti più significativi della televisione italiana, autore e conduttore di programmi ormai cult.  

Classe ’56, Piero Chiambretti è un personaggio molto amato e noto qui a Torino, dove ha saputo, con la genialità che lo contraddistingue da sempre, costruire una rete di ristoranti - uno diverso dall’altro - tutti accomunati da una caratteristica: l’originalità, la cura fino al particolare.

Una carriera intensa e sorprendente che lo ha visto protagonista di talk show, programmi comici e spot pubblicitari sempre vincenti. 

Oggi è tornato in tv con la sua solita ironia, puntando tutto sui bambini con "La Tv dei 100 e Uno", andato in onda in prima serata su Canale 5: una platea di 100 piccoli protagonisti (tutti tra i 6 e gli 11 anni) in tre puntate, in cui i grandi sono tornati bambini e i bambini si sono dimostrati migliori dei grandi.

Abbiamo tutti bisogno di essere bambini, soprattutto in questo momento storico, in cui poco per volta ci hanno sottratto le certezze e la stabilità.

Come dice Peter Pan: «Nel momento stesso in cui dubitate di poter volare, cessate di essere in grado di farlo.»

Ed è questo che in effetti succede nella vita quando si cresce: pensiamo di non essere più in grado di assaporare la magia dei momenti e poco per volta ci convinciamo che la fantasia non sia una cosa importante e che non sia possibile tornare bambini.
Ma non è così e Piero, come Peter Pan, con il suo sorriso disarmante e la sua ironia genuina, ce lo dimostra.

 

L’abbiamo vista tornare sugli schermi con "La Tv dei 100 e Uno".  Un programma dedicato ai bambini. Cosa l’ha spinta a costruire un programma come questo?

L’infanzia è un’età magica che si vorrebbe senza fine. Il programma è anche il primo progetto televisivo a cui 100 bambini hanno partecipato attivamente riportando in vita il bambino che è in tutti noi. Quel bambino che crediamo non esistere più.  Invece è sempre lì e ha voglia di tornare. Tutti noi dovremmo nutrire il bambino che c’è in noi.  Osservate i bimbi, sono tutti belli sempre e questo nasce dalla loro purezza, spontaneità e totale assenza di sovrastrutture; la loro intelligenza non è ancora contaminata e la luce che emanano dai loro occhi è del tutto naturale, senza filtri.

Il progetto è una mia idea maturata già anni fa, quando è nata mia figlia Margherita.  Oggi è diventato realtà, sono molto felice di questo e sto lavorando affinché questo format, del tutto unico nella sua originalità, possa essere esportato presto anche all’estero. Il mondo intero ha bisogno di quella tenerezza che solo i bambini sanno dare.

 

Il programma ha avuto un grande successo: a cosa è dovuto, secondo Lei?

"Oggi di programmi con bambini ce ne sono tanti, ma nella storia della televisione italiana credo non ci sia mai esistito una produzione audiovisiva con finalità di intrattenimento nello stesso studio con cento bambini contemporaneamente che parlano, pongono domande e sono i protagonisti veri.  

"La Tv dei 100 e Uno" è un programma pulito, dove non ci sono parolacce, volgarità, risse e dove nessuno si spoglia... L’originalità di questo format? Non ci sono giudici e voti perché non è una gara, ma una trasmissione popolare, con esibizioni, spettacoli, in cui al centro c’è l’autenticità pura che solo i bambini hanno. Non dimentichiamoci che questi piccoli saranno gli adulti di domani.

 

L’abbiamo vista come testimonial di tante campagne di beneficenza in questi anni.  Qual è la sua opinione su questo argomento?

I progetti di beneficenza sono tantissimi, a mio avviso anche troppi. La beneficenza è una cosa importantissima ma dipende da chi e come viene fatta. La mia impressione è che spesso sotto la parola beneficenza si nascondano solo progetti finalizzati all’auto pubblicità personale e questo non mi sembra un atto benefico. Chi ha le possibilità per fare del bene ha il dovere di farlo, anche in silenzio. Viviamo un momento difficilissimo. La povertà è aumentata a dismisura e a tutelare i più deboli e i più fragili dovrebbe essere lo Stato. Ma questo non avviene o viene realizzato solo in minima parte e in maniera insufficiente. Se devo mettermi in gioco in prima persona, mettendoci la faccia, seleziono molto bene i progetti a cui dare voce, per aiutare chi non ce l’ha.

Il volto noto può aiutare a sposare la causa e raccogliere fondi. Ed è quello che spesso faccio, appoggiando i progetti in cui credo nel profondo.  L’attenzione verso i più deboli è e rimane un atto intimo e privato che fa parte della nostra sensibilità, non ha bisogno di pubblicità, ma di supporto.

Ho appena aderito con entusiasmo al progetto “un goal per Kevin”: sabato 29 aprile alle ore 20,30 allo Stadio Testona di Moncalieri, la Nazionale Calcio Spettacolo scende in campo contro la Nazionale Italiana Bikers Family. L'incasso sarà devoluto a favore di Kevin un bambino nato con una malformazione rara.

 

Torino è la sua città dove ha lasciato un marchio indelebile attraverso i suoi celebri ristoranti, fiori all’occhiello un po’ di noi tutti. Cosa pensa dei mille ristoranti che stanno nascendo un po’ ovunque?

Sono originario della Valle d’Aosta, ma per forza di cose la mia culla è stata poi Torino. È una città bellissima, piena di potenzialità. Mi ha divertito molto creare i ristoranti. Credo che il successo di questi sia dovuto principalmente all’originalità e alla cura dei dettagli, anche i più piccoli e insignificanti.

Ho un’antipatia atavica per gli chef stellati: credo che Masterchef abbia in qualche modo compromesso la genuinità della cucina. Auspico un ritorno alle tradizioni, che punti solo sulla qualità dei prodotti, senza orpelli e mode inutili. Sto già lavorando a tal proposito. Mi piacerebbe creare una nuova tendenza, che riporti sulle nostre tavole la grande tradizione italiana, troppo spesso dimenticata a favore dei luoghi comuni del momento. 

È un momento difficile per i ristoratori, per cui l’unica speranza è puntare sull’alta qualità del prodotto. Piatti semplici, come fatti in casa, ma così buoni che a casa non li hai mai mangiati.

 

Un’ultima domanda sul mondo dello spettacolo. La tv di oggi sembra appiattita completamente. Ci sono speranze che la tendenza possa invertirsi?

Per fare dei programmi di un certo livello ci vogliono tanti soldi. Oggi nessuno ha voglia di spendere, è questa la realtà. In questo momento non vedo possibilità di “risalita”, almeno non nell’immediato. Ma non smettiamo di credere nei sogni, quello mai.

 

“If I can dream” e se un uomo impara a sognare può liberare la sua anima, canta Elvis Presley: sicuramente dietro alla maschera giocosa di Piero esiste un’anima infuocata che ha imparato a sognare ancora più profondamente da quando è diventato padre di Margherita.

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