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Riforma del MES
Continua il pressing sul governo italiano
Articolo di Massimo Calleri
Pubblicato in data 23/05/2023

Continua il pressing sul governo italiano affinchè ratifichi la riforma del MES; anche se la premier Meloni ha “firmato col sangue” un impegno a non ratificare la riforma le discussioni sono aperte e non è escluso che si arrivi ad un consenso anche italiano al “nuovo” MES.

Il punto è che, purtroppo, in ben pochi sanno di che cosa si tratti.

Il MES è già in vigore autorizzato dal parlamento italiano nel 2012 come strumento di aiuto ai paesi in crisi col proprio debito , per l’Italia non è, a mio avviso, un male poter contare su un simile strumento vista la mole mastodontica di debito pubblico che non accenna a diminuire.

La forma attuale del meccanismo prevede due linee di credito, una precauzionale ed una a condizioni rafforzate, molto più esigente in termini di riforme richieste in cambio; per intenderci quella utilizzata dalla Grecia.

Le forme precauzionali, per situazioni debitorie meno preoccupanti, sono state usate da alcuni stati europei senza particolari tragedie.

Al momento tutti gli stati UE, se dovessero accedere al MES si troverebbero costretti ad accedere alle linee di credito rafforzate, per le mutate condizioni debitorie degli ultimi anni.

E qui veniamo ai contenuti della riforma di cui tanto si parla; sono essenzialmente due, un inasprimento delle condizioni di accesso alle linee precauzionali e la possibilità , per il MES, di erogare prestiti al Fondo di Risoluzione Bancaria, a corto di liquidità, per il salvataggio di banche in crisi.

Le opposizioni al MES sono per le famose “condizionalità” – che personalmente non capisco perché non si chiamano condizioni – ma onestamente c’è da domandarsi se non sia giusto chiedere, a fronte dell’impazzimento del debito, la parziale rimozione delle cause che hanno generato la situazione.

Più problematico l’aspetto del prestito al fondo bancario; soldi destinati al salvataggio di stati con debito fuori controllo verrebbero destinati al fondo di salvataggio delle banche a corto di liquidi.

Forse è questo il punto dolente della riforma proposta, più delle famose condizioni di accesso agli stati che dovessero richiedere l’aiuto del MES.

E non a caso le pressioni maggiori per la ratifica della riforma del MES vengono non tanto da stati con debiti preoccupanti ma da stati con banche sull’orlo del crack finanziario.

Al di là del si MES – no MES ( e personalmente sarei favorevole visto il debito pubblico che grava sulle nostre spalle) sarebbe da chiarire il motivo per cui fondi destinati al salvataggio del debito pubblico potrebbero finire a salvare banche private.

Luigi Cabrino

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