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“Venti di terrorismo” di Claudio Giacchino
La Torino del sangue innocente
Articolo di Ezio Marinoni
Pubblicato in data 27/05/2023

Un racconto a più voci scandisce gli anni in cui un’intera città è stata sotto scacco dei terroristi che hanno ucciso e ferito decine di persone. A Torino dal marzo 1977 all’ottobre del 1982 il copione degli omicidi delle Brigate Rosse e di Prima Linea era sempre uguale: colpi di pistola, raffiche di mitra a bruciapelo contro uomini inermi, colti di sorpresa mentre uscivano di casa per andare al lavoro o si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Poliziotti, carabinieri, agenti di custodia, guardie giurate, un avvocato, un giornalista, dirigenti Fiat, capisquadra, sorveglianti, studenti narrano in prima persona gli ultimi assurdi momenti delle loro esistenze. Le vite di venti uomini, caduti in una guerra grottesca che per anni ha incupito la città, tracciano la storia di un’Italia in cui era molto facile morire senza ragione alcuna.

"Venti di terrorismo", di Claudio Giacchino. Questa la traccia narrativa della quarta di copertina; il libro è vincitore del Premio I Murazzi 2023, pubblicato dalle Edizioni Graphot.

Venerdì 12 maggio 2023, in una sala dell'ex carcere Le Nuove, l'ex giornalista della Stampa Claudio Giacchino, cronista che ha seguito molti clamorosi casi torinesi di «nera», terrorismo e mafia dagli Anni Settanta ai Novanta, ha raccontato storie di vittime del terrorismo rosso, ricostruendo con coraggio e lucidità una “booth hill” torinese.

L'Associazione “Nessun uomo è un'isola” ha coordinato l'incontro, con una visita guidata all'ambiente carcerario al termine della presentazione del libro.

Presentato dal prof. Gianni Oliva, Giacchino ha ripreso le motivazioni e le storie alla base del suo ultimo libro in un luogo emblematico per la storia e la giustizia torinesi, dove hanno perso la vita due delle vittime di quel periodo: Salvatore Lanza e Salvatore Porceddu, uccisi il 15 dicembre 1978 mentre erano impegnati in un servizio di vigilanza nei pressi del carcere. Le due guardie vengono raggiunte da colpi d'arma da fuoco in un attentato compiuto dalle Brigate Rosse nell'ambito della "Campagna contro il trattamento carcerario dei prigionieri politici", decisa dopo la istituzione, nel luglio 1977, del circuito penitenziario di massima sicurezza.

"Venti di terrorismo" è una operazione di memoria e di giustizia. Cosa significava uscire di casa con la paura di diventare un bersaglio? In una città percorsa da tensioni difficili da immaginare per chi non le ha vissute sulla propria pelle.

Gli Anni di Piombo sono una scomoda e pesante eredità che ha lasciato ferite aperte, che deve ancora interrogare la storia e la coscienza. La narrazione del terrorismo degli anni Settanta ha riguardato principalmente i carnefici, l’analisi del contesto culturale, le risonanze sociali e psicologiche. Troppo poco si è raccontato delle vittime, poco si è andati a fondo nella dimensione umana di quel momento storico. Anche dopo le azioni criminali dei terroristi, Brigate Rosse e Prima Linea, si leggevano i loro comunicati stampa, prodotti da soggetti abili a comunicare, e nessuno poteva ascoltare le vittime.

I terroristi vivono liberi da anni, la loro voce è ascoltata nei convegni, trova spazio sui mezzi di informazione, scrivono libri e rilasciano interviste, gestiscono librerie e spazi culturali. Alle vittime è toccato l'oblio, così come alle esistenze spezzate prima del tempo e senza motivazione, ai sogni infranti dei loro familiari.

Claudio Giacchino e la Graphot danno finalmente voce e visibilità a chi non ne ha mai avuta, per non perdere la memoria e chiamare crimini e criminali con il loro nome, inciderli nella coscienza collettiva.

A Torino il terrorismo rosso inizia nel 1973 con il rapimento di un sindacalista della Cisnal, Bruno Labate, poi rilasciato e incatenato. Qualche giornale, per cecità o collusione, scrisse che aveva fatto tutto da solo. Segue il rapimento dell'ingegner Amerio. E poi, via via, una escalation di terrore.

Si può dire che la responsabilità non è solo di chi ha sparato? L'atmosfera culturale era pesante e a senso unico, gli slogan urlati per le strade erano un chiaro incitamento alla violenza di parte. Quanta parte di una folle deriva estremista viene da smagliature della coscienza collettiva di quel tempo?

Le fabbriche erano luoghi ingovernabili, dove la violenza ha potuto trovare qualche germe favorevole, prima del cambio culturale rappresentato dalla cosiddetta “marcia dei quarantamila”, altra pagina torinese, con gli impiegati e i quadri Fiat desiderosi di riportare la normalità nei luoghi di lavoro.

Un esempio a parte è l'attacco alla Scuola di Amministrazione Aziendale di via Ventimiglia 115. Poco dopo le ore 15 del 11 dicembre 1979 un commando di Prima Linea irrompe nell’istituto e tiene in ostaggio un centinaio di studenti; un secondo gruppo armato sceglie cinque professori e cinque studenti del master e li gambizza con due pallottole ciascuno. Gli assalitori riuscirono a dileguarsi prima dell'arrivo delle forze dell'ordine. Questo episodio è stato ricordato nella terza parte della miniserie televisiva "Gli anni spezzati", trasmessa su Rai 1 nel 2014. Più che un attentato terroristico pareva essere un’occupazione militare. Una componente del commando legge un proclama di Prima Linea sui motivi di quel gesto di guerriglia: multinazionali, padroni, formazione di dirigenti del potere, sfruttatori... di fronte a ragazzi e docenti che avevano l'unica colpa di voler studiare e insegnare in una scuola di formazione. Spari, revolverate e colpi di mitra su gambe e ginocchia, la giustizia marxista-leninista è compiuta. Con lo spray rosso qualcuno scrive: “Onore a Barbara e Matteo”, mentre il sangue dei feriti scorre sui pavimenti.

L'attacco in massa, e non più a un singolo obiettivo, risponde a una chiara logica di guerra: far capire ai cittadini, a tutti i torinesi, che nessuno è al sicuro, ovunque si trovi, tutti possono diventare un bersaglio dei terroristi.

L'assalto a via Ventimiglia è alla memoria di due componenti di Prima Linea morti durante uno scontro a fuoco con la polizia nel bar dell’Angelo, alla periferia nord di Torino. Qual era la folle premessa?  Lo scontro a fuoco del bar dell'Angelo era avvenuto il 28 febbraio 1979 all'interno di un bar di via Paolo Veronese, nei pressi di piazza Stampalia. Nell'improvviso conflitto a fuoco tra alcuni agenti di polizia, richiamati nel locale dalla segnalazione di un esercente, e due componenti del gruppo terroristico Prima Linea, un poliziotto rimane ferito, mentre Matteo Caggegi e Barbara Azzaroni, due militanti dell'organizzazione presenti nel locale, vengono uccisi; i terroristi si trovavano nel locale per preparare un agguato al consigliere comunista Michele Zaffino, impegnato nel progetto del Partito Comunista di coinvolgere la popolazione del quartiere Barriera di Milano nella lotta al terrorismo mediante la diffusione di questionari mirati. Le circostanze dello scontro a fuoco, la presunta delazione del barista e la smania di ritorsione di Prima Linea innescano una serie di successivi episodi violenti, come il fallito agguato di ad una bottiglieria di via Millio e, appunto, l'uccisione per errore del nuovo proprietario del bar dell'Angelo, Carmine Civitate, un camionista che aveva da poco rilevato il locale ed era del tutto estraneo alla vicenda.

Ecco, anche questa era Torino, fra il 1977 e il 1982. E, oltre ai morti, molte persone condannate a camminare per tutta la vita con una stampella, dopo essere state “gambizzate”; e qualcuno di loro è arrivato alla presentazione del libro, testimonianza vivente di un passato che non va dimenticato.

 

Claudio Giacchino

Venti di terrorismo

Edizioni Graphot – 2023 - 15,00 euro

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