Raramente capita di incontrare, anche virtualmente, persone in grado di aprire la mente con puntuali e inaspettate considerazioni.
Mi riferisco a quegli individui, spesso intellettuali, artisti o scienziati, che grazie a felici collegamenti interdisciplinari, riescono a creare ponti in grado di unire anche le sponde più distanti.
Sia Albert Einstein che Steven Jobs sostenevano che per avere idee nuove fosse necessario pensare in modo differente, quindi uscire dagli schemi e accettare nuove prospettive in grado di cambiare la propria visione delle cose.
Non entrerò nel Buco Nero delle possibili risposte alla fatidica domanda: Dove sono le idee che non abbiamo ancora?
Pur essendo una domanda cruciale, alla quale è difficilissimo dare una risposta, potrebbe diventare argomento di future riflessioni.
Mi limiterò a far notare che molte idee geniali sono nate come fenomeni di illuminazione, quasi dal nulla e non come frutto di complicati ragionamenti. In pratica come autentici “doni” che inaspettatamente, forse grazie a capacità recettive personali, si sono palesati nella mente.
Penso a Giordano Bruno, che per primo concepì il concetto di Infinità dei mondi e degli Universi, mi riferisco a Charles Darwin e ad Alfred Wallace che intuirono, quasi contemporaneamente e da due punti distanti del Pianeta, il meccanismo della Selezione Naturale come motore dell’Evoluzione delle Specie.
Le ultime scoperte della Fisica Quantistica sembrano introdurci in una nuova e fantastica dimensione nella quale le confortanti regole della Fisica Classica sembrano svanite nel nulla.
La materia, così come la conosciamo non esiste più, un tavolo di legno è formato da molecole e atomi che sembrano uniti ma che, in realtà, vibrano in uno spazio immenso fatto di vuoto.
Niels Bohr, il fisico danese, che diede un significativo contributo per comprendere la struttura atomica e la teoria quantica, disse:
“Se la meccanica quantistica non ti ha profondamente shockato, non l’hai ancora compresa.”
La cosiddetta illusione quantica della materia deriva dalla scoperta che la nostra realtà materiale-fisica, non è affatto una realtà fisica e tantomeno materiale, bensì una realtà probabilistica. Basterebbe questa semplicissima affermazione per mettere in ginocchio dogmi scientifici e concrete certezze, duramente conquistate nei secoli dalla Scienza.
Determinare la realtà è sempre stata un’ossessione per gli studiosi.
Dalle prime speculazioni filosofiche dei Greci, fino a Galilei, il padre del metodo scientifico basato sulla ripetibilità degli esperimenti, l’Uomo si è sempre posto domande sulla propria esistenza e sull’universo che lo circondava e ha sempre manifestato la necessità di credere nell’esistenza di punti fermi e di leggi immutabili.
Kant, nell’Estetica Trascendentale, ritiene che esistano solo due forme pure a priori della sensibilità: lo Spazio e il Tempo; il primo è la forma dell'intuizione sensibile esterna, il secondo è la forma dell'intuizione sensibile interna. Tali espressioni, secondo Kant, sono le forme dell'intuizione, non dei concetti, come volle sottolineare polemicamente contro il pensiero di Leibniz.
Come avevano già intuito gli stessi Greci, e in Oriente altri Maestri illuminati, l’Uomo si rivolge verso la realtà dell’Universo attraverso l’uso dei sensi, con tutti i limiti che comporta questo tipo di approccio. Tale metodo si è rivelato fallace e ingannevole, perché la realtà fisica e materiale non risulta essere per nulla concreta.
La Fisica quantistica sembra demolire le nostre certezze, regalandoci una nuova Visione del Mondo che potrebbe essere così sintetizzata:
“Tutto ciò che noi consideriamo reale è fatto di cose che non possiamo considerare reali”.
Tuttavia l’Uomo ha bisogno di certezze, di concretezza e di sicurezza. Queste confortanti qualità del pensiero sembrano dissolversi di fronte alle visioni di una Fisica quantistica che demolisce la rassicurante immagine di un mondo percepito, da sempre, come stabile, concreto e corporeo.
La Storia del pensiero umano è costellata di cambiamenti radicali del proprio punto di vista. Al pari delle fasi dell’Evoluzione biologica anche il Pensiero subisce nuovi mutamenti che proiettano le visioni del mondo, aggiornate dalle nuove conoscenze, verso traguardi inaspettati.
Dopo Galilei il pensiero illuminista prevalse sul pensiero scientifico del XVIII e XIX sec, fino agli inizi del XX, quando Einstein pubblicò i suoi studi sulla Relatività.
È proprio con Einstein che, nei primi decenni del ‘900, si scatena una autentica rivoluzione concettuale che cambierà per sempre la visione della realtà. Viene per la prima volta concepita una relazione tra materia ed energia: E=mC2, quindi con Max Planck e Niels Bohr, si entrò nell’anima della Meccanica Quantistica.
Einstein nella Teoria della Relatività Generale, si occupò soprattutto di Forza di Gravità, comprendendo che quest’ultima sia la distorsione dello Spazio e del Tempo. In altre parole la Terra gira intorno al Sole non perché sia attratta dalla propria Stella, ma a causa delle loro masse che deformano lo Spazio., trasformandolo in una sorta di imbuto con il Sole al centro. La Terra, apparentemente attratta dal Sole, gli ruota intorno in un' un’orbita creata dalla deformazione spaziale, situata nella parte alta del bordo dell’ imbuto, precedentemente immaginato.
Einstein aveva lanciato il sasso offrendo ai successivi Fisici quantistici l’opportunità di stupirlo con ipotesi che nemmeno lui riuscì ad accettare immediatamente.
Solamente Anassimandro, nel VI secolo a.C., ebbe una illuminazione dalla portata gigantesca: se il Sole, i Pianeti, la Luna e le Stelle girano intorno a noi (ipotesi tolemaica) vuol dire che “galleggiano” nell’Universo… quindi anche la Terra deve avere uno spazio vuoto tutt’intorno; la Terra è sospesa nel vuoto…
Oggi può sembrare un’ovvietà ma 2.500 anni fa ipotizzare che la Terra non appoggiasse su nulla di solido e concreto… non fu cosa da poco.
Gli studi di Fisica si trovarono presto ad un bivio. Le indagini dei primi Fisici quantistici che si rivolgevano alle particelle atomiche osservarono che talvolta le particelle stesse si comportavano come onde e altre volte come particelle.
Saranno Werner Heisenberg, Niels Bohr, Max Born, Louis De Broglie e Erwin Schrödinger a dare il colpo di grazia alle precedenti certezze.
Furono proposti tre modelli interpretativi:
De Broglie e Schrödinger sostennero che la realtà è fatta di onde.
Niels Bohr affermò che le Particelle siano proprio particelle concrete, mentre la loro interpretazione come onde è solo una scelta matematica.
Heisenberg e Max Born asserirono che le particelle possono essere contemporaneamente onde o particelle (Interpretazione di Copenaghen).
Saranno proprio questi ultimi, Werner Heisenberg, Max Born e Erwin Schrödinger a demolire le precedenti certezze.
Werner Heisenberg propone il Principio di Indeterminazione, mentre Max Born pubblica l’interpretazione probabilistica della funzione d’onda.
In altre parole con il Principio di Indeterminazione, Heisenberg, dimostra che non sia possibile ricavare contemporaneamente due informazioni precise: ovvero misurare contemporaneamente e con estrema esattezza le proprietà che definiscono lo stato di una particella elementare. Se ad esempio potessimo determinare con precisione assoluta la posizione, ci troveremmo ad avere massima incertezza sulla sua velocità.
Viene quindi introdotto e applicato un principio che non è legato alla certezza e alla precisione, ma alla probabilità che un determinato evento possa accadere.
Basterebbero queste poche considerazioni per farci intuire come ciò che era stato interpretato come Deterministico, sia ora divenuto Probabilistico.
Questo ultimo passaggio risulterà di fondamentale importanza negli studi di Fisica Quantistica, ma riguarderà soprattutto altri ambiti molto più vicini allo studio dell’Uomo e della Filosofia.
In precedenti articoli abbiamo accennato agli studi di Federico Faggin, il più noto inventore italiano vivente, che ha proposto uno studio molto seducente che contempla la Coscienza e il Libero Arbitrio. Da tali studi si deduce che Faggin offra una interpretazione non Deterministica sia della Coscienza sia del Libero Arbitrio.
Potremmo sintetizzare liberamente il suo pensiero: non siamo macchine e a differenza dei PC (fossero anche quantistici), le nostre azioni non sono determinate a priori da azioni precedenti, almeno non in modo diretto…
Quindi è previsto un margine di libertà che permetterebbe all’Uomo di compiere delle scelte e di partecipare coscientemente alle scelte stesse.
Possiamo solo immaginare come queste ultime considerazioni possano trasformare la nostra immagine di Uomo in una Creatura realmente umana. Le macchine, PC compresi, sono macchine e il loro modo di funzionare è completamente Deterministico, senza alcuna possibilità di scelta che non sia stata introdotta dai programmatori.
Ma il bello deve ancora venire.
Nelle prime frasi del presente editoriale ho fatto un breve accenno a quei rarissimi individui, spesso intellettuali, artisti o scienziati, che grazie a dei collegamenti interdisciplinari, riescono a creare ponti in grado di unire anche le sponde più distanti.
Intendevo riferirmi, in particolare, al Prof. Carlo Rovelli che in un suo recentissimo saggio, Buchi bianchi (Adelphi, 2023), propone una straordinaria metafora che collega nientemeno la struttura dei buchi neri alla Divina Commedia.
Rovelli ci descrive un viaggio immaginario, trovando singolari analogie con quello dantesco.
Dante penetra in un luogo oscuro e tenebroso, si cala dentro una sorta di cono, infernale, sapendo perfettamente che non gli sarà consentito di ritornare sui propri passi…
Nel canto III dell'Inferno Dante arriva finalmente nell'Oltretomba e, ad accoglierlo, trova la porta infernale. Il canto si ambienta nell'Antinferno, il Vestibolo, da cui si sentono urla e pianti.
Dante trova «scritte al sommo d’una porta», quella che conduce all’Inferno, la frase riportata nel 9° verso:
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l'etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e 'l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate.
(Inf. III, vv. 1-9)
Nel 1522, l’architetto Antonio Manetti pubblica: “Dialogo di Antonio Manetti, cittadino fiorentino circa al sito, forma et misure dello inferno di Dante Alighieri poeta excellentissimo”.
Nella parte iconografica del testo troviamo la forma classica a cono della rappresentazione infernale. Un cono che sembra riprodurre fedelmente quello creato dalla Precessione degli Equinozi… ma non parleremo di questo aspetto.
Rovelli trova delle straordinarie analogie con la realtà strutturale dei buchi neri, nei quali la forma a cono può ricordare proprio quella dell’inferno dantesco.
Nei buchi neri è presente sul bordo rivolto all’esterno una zona definita “Orizzonte degli Eventi”, oltre la quale qualsiasi oggetto, fosse anche la stessa luce, non potrà più fare ritorno. Il buco nero è infatti generato dal collasso gravitazionale di una stella di massa notevolmente superiore a quella solare, la Forza di Gravità che genera il collasso e la massa quasi infinita della stella creano un’attrazione impossibile da vincere e tutto ciò che oltrepassa tale orizzonte, indistintamente, non potrà più invertire il proprio viaggio.
Non ci resta che immaginare, che nella zona dell’Orizzonte degli Eventi, possa comparire una scritta: Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate.
Proseguendo il suo viaggio immaginario, Rovelli, ci racconta di come l’imbuto si stringa e di come inizino a comparire Effetti Quantistici dovuti a una distorsione Spazio-Temporale estremamente forte.
In condizioni limite così grandi le Leggi di Einstein non risultano essere più funzionali alla comprensione… poiché tali Leggi non tengono conto egli effetti quantistici.
La genialità di Rovelli crea una metafora assolutamente inaspettata: Paragonando il luogo dei Fenomeni quantistici alla visione dantesca, noteremo che Dante e Virgilio, oltrepassato il punto centrale della Terra (che coincide con il punto centrale dell’Universo) imboccano uno strettissimo canale, la Natural Burella, generato dall’erosione del fiume Lete.
Il cono infernale e il sottile pertugio della Natural Burella sono esattamente simili alla rappresentazione dei buchi neri descritti da Rovelli.
Virgilio sulla soglia dell’Eden, posto in cima al Purgatorio, abbandona Dante, mentre sarà Beatrice a raccogliere il testimone per condurre il Poeta verso il Paradiso.
Il Fisico veronese immagina che in un punto molto stretto della parte finale dell’imbuto del buco nero, ci sia una zona nella quale le leggi della Fisica di Einstein non possano più funzionare a causa dei sopracitati Fenomeni quantistici, dove si renda necessario cedere il testimone alla Fisica dei quanti, come accade a Virgilio con Beatrice.
Oltre questa zona nasce l’ipotesi dei buchi bianchi.
Come i buchi neri furono perfettamente previsti dalle equazioni di Einstein così i buchi bianchi rappresenterebbero soluzioni alle medesime equazioni, scritte con il segno del tempo ribaltato. Per usare le parole dell’Autore: “La stessa soluzione vista come se fosse proiettata all’indietro nel tempo. Un buco bianco è il modo in cui apparirebbe un buco nero se potessimo filmarlo e proiettare il film al contrario. Le equazioni di Einstein, come tutte le equazioni della fisica fondamentale, non distinguono la direzione del tempo, non distinguono il passato dal futuro: ci dicono che se un processo può accadere, può accadere anche lo stesso processo ribaltato nel tempo”.
Lascio ai Lettori incuriositi il piacere della lettura di un saggio straordinariamente interessante.
La brillante metafora potrebbe considerarsi conclusa. Tuttavia se avessi la fortuna di poter incontrare Carlo Rovelli gli domanderei:
“Dante descrive tre Guide, Beatrice nel XXX Canto del Paradiso cede il Testimone a San Bernardo di Chiaravalle che condurrà il Poeta verso la conclusione del proprio viaggio. Cosa potrebbe rappresentare questa terza Guida in una nuova, eventuale, metafora quantistica…?”
… Forse avrebbe a che fare con “l’Amor che move il sole e l’altre stelle…?”
Civico20News
Giancarlo Guerreri
Editorialista
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