"Todos somos americanos": così cambia il mondo.

Dietro alla svolta diplomatica importanti retroscena e forti conseguenze.

 

La notizia è di una portata storica, una delle più significanti del secolo aperto quattordici anni fa. Cuba e Stati Uniti tornano a parlarsi e a farlo senza minacce e ultimatum. Si riaprono le frontiere e si riaprono le possibilità di ricostruire una relazione tra l'isola caraibica e le diplomazie del mondo.

Nell'emozione del globo intero, “Mr.President” Barack Obama e il Lìder Raul Castro hanno tenuto in contemporanea un discorso destinato a cambiare la storia dei rapporti internazionali degli Stati Uniti d'America.

 

COS'E' SUCCESSO. Come emerso, i contatti tra i due stati per la riapertura durano da ormai diverso tempo. Pare che tutto sia cominciato con un lettera del Papa, un invito ai due paesi a “risolvere questioni umanitarie di interesse comune (…) al fine di avviare una nuova fase nei rapporti tra i paesi”. Così è avvenuto il primo incontro, un meeting segreto tra delegati dei due stati avvenuto proprio in Vaticano. Quindi, dopo la spinta di Jorge Bergoglio, gli incontri segreti sono proseguiti soprattutto in terra neutra canadese -un'ottima assicurazione per entrambe le parti- fino al raggiungimento dell'accordo. Come segno di buona fede è avvenuto un piccolo “acconto” reciproco, uno scambio di prigionieri politici.

 

COSA SUCCEDE ORA. Erronea la notizia della rimozione totale dell'embargo statunitense su Cuba (in vigore dal 1961). Tali poteri sono infatti attribuzione del Congresso USA, più o meno saldamente in mano ai repubblicani, quindi, almeno per il momento, l'embargo resta, anche se i presupposti per l'abbattimento sono stati gettati con forza -pare che lo stesso Obama sia assolutamente favorevole. Anzitutto vengono cancellate le pesanti sanzioni gravanti su Cuba. Cosa che, insieme ad altri fattori, renderà molto più agevole l'ottenimento dei visti e in generale il trasferimento di persone tra i due stati. Anche il settore delle telecomunicazioni e di Internet potrà giovare di grandi vantaggi e, unitamente alla liberalizzazione di alcune tecnologie promossa mesi fa da Raul Castro, avrà un doppio effetto positivo sullo sviluppo tecnologico dell'isola. Anche i trasferimenti di denaro degli emigrati avranno vita più facile, con il conseguente aumento degli introiti e l'innalzamento del livello di vita di non pochi cittadini. Tuttavia, come detto, il lato più importante della questione concerne il livello simbolico della svolta: Cuba non sarà più rappresentata come uno dei nemici dell'occidente, e conseguentemente potrà cominciare a crescere senza più l'ostruzione di questo.


QUI LA HAVANA. In tanti dicono che adesso la Revoluciòn è veramente finita. In tanti dicono che è stata l'isola a vincere la battaglia contro gli Stati Uniti, incapaci di chiudere la questione per sessant'anni e ora costretti a finirla una volta per tutti con una concessione (quasi)-senza contropartite. Altrettanti sostengono che il modo più astuto per far finire il sogno della società alternativa è quello di una pace che possa permettere all'economia capitalista di riuscire dove i pugni di ferro della politica non hanno mai avuto successo. Comunque la si voglia vedere, la costrizione economica di Cuba ha perso nel cinquantennio ogni canone logico per cui era stata pensata. Quando il mondo era diviso tra “buoni e cattivi” -diversi secondo il punto di vista adottato-, comunisti e occidentali, con l'inquietante presenza dell'URSS nucleare con cui ogni giorno volavano minacce di un olocausto atomico, l'embargo economico su Cuba, paese comunista a 90 miglia dal suolo americano, rispondeva alla logica difensiva. Cinquant'anni dopo la crisi dei missili e venticinque dopo il disgelo, la misura politico/economica dell'isolamento era diventata priva di ogni fondamento. Se da un lato c'è il timore percepito di un avvicinamento alle logiche capitaliste dell'economia occidentale, con la perdita di una cultura che a queste si è opposta per sessant'anni, dall'altro i cubani possono finalmente guardare al futuro nell'ottica di un sicuro maggiore benessere.

QUI NUOVA YORK. La mossa di Obama ha logiche e conseguenze ben precise. Da un lato la svolta cubana potrà facilmente migliorare i rapporti degli Stati Uniti con gli stati del Sud America, molto legati a Cuba e al suo ruolo di bastione anti americano, e per questo tendenzialmente ostili ad un miglioramento delle relazioni con gli USA. Non è un caso che il presidente abbia deciso di pronunciare una frase storica scegliendo la lingua dello storico avversario “Todos somos americanos”. Quanto accaduto sarà anche rinvigorente per il mandato di Obama, che spesso ha visto i suoi progetti fermati dall'opposizione interna ed esterna: la riforma sanitaria, la questione ucraina e quella medio-orientale hanno indebolito fortemente la percezione di un presidente forte, in grado di far prevalere la propria posizione sugli altri interlocutori. Cuba è invece il successo assoluto della diplomazia di Obama e in generale di quella americana degli ultimi anni e consegna l'idea di una nazione che tenta di spogliarsi dall'abito dell'imperialismo percepito da tutto il globo per provare a diventare il guardiano di pace che tanto ha annunciato di essere in passato.

 

 

Anche se sarà il futuro a definire i vantaggi e gli svantaggi di questo cambiamento per entrambe le parti, questa storica svolta ha posto le basi per un futuro meno buio per gli Stati Uniti d'America, per Cuba e per il mondo intero.

 

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Articolo pubblicato il 23/12/2014