Dov'è finito l'interesse per la cosa comune? L'Italia sommersa

Lavoro onnipresente, spese asfissianti e svaghi frivoli. L'epoca dei lumi è finita? Il quarto stato ha perso nuovamente la consapevolezza di sé?

L’Europa ha toccato il fondo. L’astensionismo nei paesi europei è sempre più alto. Con i provvedimenti strutturali auspicati dalle istituzioni europee vi sono evidenti rischi per lo stato sociale.

Il liberismo estremo imposto dalla Troika ha ibernato l’efficienza economica dei paesi così detti “a rischio” da ormai 7 anni. I PIIGS (la I in più è rivolta alla presenza incostante del nostro paese in questo gruppo), ovvero Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna hanno subito dei danni ingenti derivati dalle politiche dell’Austerity. Ma se l’Irlanda è uscita dalla crisi grazie ad una ribellione alle politiche europee, la Grecia e la Spagna preparano una rivoluzione anti-Austerity grazie a Syriza e Podemos e il Portogallo avanza qualche timida protesta, in Italia tutto scorre secondo la corrente voluta dalla Troika, con proteste portate avanti soltanto da piccole minoranze.

Perché la maggior parte degli italiani non reagisce? La risposta a questa domanda ha radici molto lontane. Per rispondere a questo difficile quesito sarà necessario prendere spunto da grandi scrittori, filosofi, sociologi e artisti. In nostro aiuto verranno Orwell, Marx, Pellizza da Volpedo, Durkheim e Ray Bradbury.

Partiamo dalla costruzione della società italiana. Il nostro paese dopo la fine della classe media, ha subito alcune modifiche in materia di lavoro e disponibilità economiche individuali. Le persone che fino a qualche anno fa appartenevano al ceto medio, adesso si trovano in una situazione che l’Istat definisce di “quasi-povertà”. Ciò è stato possibile grazie ad una serie di provvedimenti condivisi tra l’Europa e i governi italiani (da Monti a Renzi). Il blocco della spesa pubblica unito all’aumento delle tasse ha causato la fine di molte aziende medio-piccole, tartassate dalle spese fiscali e dalla concorrenza spietata di aziende molto più grandi, che senza controlli da parte dello stato sono riuscite ad attuare dei meccanismi illegali. Molti dipendenti persero il lavoro e altrettanti si trovarono sotto aziende libere di gestire forme di ricatto sempre più stringenti. Questi ricatti (licenziamenti facili, delocalizzazioni, trasferimenti forzati dei lavoratori e molti altri) permettono tuttora il prolungamento spropositato degli orari di lavoro, i raggiramenti per evitare il pagamento degli straordinari e altre pratiche scorrette nei confronti dei lavoratori dipendenti.

Questa pressione mentale e fisica ricorda molto da vicino le distopie raccontate da George Orwell e Ray Bradbury in 1984 e Fahrenheit 451. Il primo parlava dei così detti Prolet: masse di lavoratori considerate al livello degli animali che vivevano per il lavoro e la ricerca della stabilità economica. Esse non partecipavano alla vita politica in quanto non avevano il tempo e le forze per farlo. Ray Bradbury invece, mostrava gli svaghi frivoli offerti alle masse per non pensare. Inoltre lo stesso scrittore aveva previsto qualcosa di ancor più specifico e raggelante se si pensa alla contemporaneità di queste parole: “Ci riducono in condizioni così pietose, quando viene la sera, che non possiamo fare altro che andarcene a letto o rifugiarci in qualche parco divertimenti a canzonare o provocare la gente[…]spaccare i vetri[…]salire in macchina e correre pazzamente[…]tutte le persone[…]urlano o ballano intorno come impazzite o addirittura si battono a vicenda, selvaggiamente”. Gli svaghi frivoli odierni sono offerti dalla televisione, con show privi di qualsiasi senso culturale e sport utilizzati come oppio delle masse. Anche internet è diventato purtroppo un mezzo di disinformazione e ignoranza. La febbre dei social-network, unita alla massa informe di video frivoli quanto gli show televisivi, non lascia scampo (bisogna comunque ammettere che la contaminazione è ancora limitata grazie alla libertà di espressione e alla rivincita delle minoranze presente tuttora sul web).

Questo senso di alienazione è stato ben espresso da Marx nella teoria del valore. Il lavoratore produce beni che non gli appartengono e non è libero, ma sottoposto a vincoli imposti dal capitalista. L’economia capitalistica traduce il rapporto tra le persone in modi di sfruttamento.

Il Jobs Act approvato recentemente dal governo rappresenta certamente un danno importante allo stato sociale italiano. I pochi contratti tutelati diventeranno vittime di carnefici pronti a tutto pur di raggiungere grandi guadagni spendendo il meno possibile. I lavoratori dipendenti si troveranno quindi di fronte ad una scelta: mantenere il proprio lavoro sotto ricatti continui o abbandonarlo rischiando di rimanere disoccupati per il resto della propria esistenza. Ed è su questo secondo punto che la riforma del lavoro proposta da Renzi ha toppato. La flessibilità deve arrivare sia in uscita che in entrata e lo Stato deve fare da cuscinetto, con un forte impegno nei confronti dei cittadini disoccupati in cerca di occupazione.

Questa condizione di forte incertezza economica e di pressione fisica e mentale, porta le persone a disinteressarsi della cosa comune. Disinteresse che viene interrotto soltanto dalla ricerca di un facile capro espiatorio su cui accanirsi. Questa condizione viene descritta in maniera chiara dal sociologo francese Durkheim che mette in antitesi la solidarietà sociale con l’anomia. Quest’ultima causa una totale mancanza di interesse nei confronti del prossimo portando spesse volte alle così dette “guerre tra poveri”. Come dimenticare il caso di Tor Sapienza, dove gli abitanti di quartiere in chiare condizioni di povertà si accanirono contro alcuni immigrati anch’essi nella loro stessa situazione. Questi cittadini erano fomentati da un odio che non gli apparteneva, ma era causato dalla forte influenza dei mass media e di alcune forze politiche che amano cavalcare queste disgrazie.

Dopo questa trattazione di natura generale (ci vorrebbero molte più pagine per qualificare maggiormente le tesi trattate) è giunto il momento di concludere, cercando di rispondere alle domande presenti nel sottotitolo dell’articolo. L’epoca dei lumi è finita? Se con “epoca dei lumi” si intende un momento storico in cui la capacità critica di un popolo ha dei risultati soddisfacenti nella vita sociale, economica e politica la risposta è sì. La maggioranza degli italiani vive con credenze e azioni non proprie. Il quarto stato ha perso nuovamente la consapevolezza di sé? Chiaramente sì. La lotta contro il potere si è interrotta bruscamente grazie al “finto benessere” presente nel nostro paese e all’impressionante capacità intrusiva delle classi forti, che influenza le decisioni e i pensieri del popolo italiano. Fanno riflettere a questo proposito le parole di Pellizza da Volpedo, autore del famoso quadro che segnò un epoca: “L'arte deve essere una rappresentazione idealista della natura e di noi stessi, in vista del perfezionamento fisico e morale della nostra specie”. Perfezionamento che ha subito negli ultimi anni un processo regressivo, soprattutto nel nostro paese.

Quali sono quindi le possibili soluzioni? Qualunque risposta potrebbe rappresentare un sogno utopico, ma non esprimerlo sarebbe soltanto un ulteriore motivo di felicità per coloro che vogliono mantenere questo sistema. È necessaria un’alternativa inedita alle attuali forze politiche, come Podemos in Spagna e Syriza in Grecia. Questa alternativa deve nascere dalle minoranze, che devono scrollarsi di dosso il loro ruolo minoritario e tentare di conquistare la maggioranza. 

L’unica soluzione rimane quindi una rivoluzione dal basso.

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 30/01/2015