Fratelli d'Italia

quei ragazzi che ci fanno tanto onore

Essere amanti del motociclismo con un pizzico di conoscenza per quello sport che richiede esperienza, passione, arte millimetrica e grande talento, talvolta ripaga.

Domenica 29 marzo, riparte il circo del Motomondiale. È notte dall'altra parte del mondo sulla pista del Qatar, terra di deserto, cammelli, grattacieli, petrolio, dollari e nababbi, luogo dell'impresa che ha fatto tremare anche la tv. Bella vetrina per i cavalieri dell'impossibile, ultimi eroi di questa vecchia e decadente Italia, autori di una delle più spettacolari gare della moto GP tramandate alla memoria degli uomini.

Non so quanto gli indigeni del posto siano sanguigni appassionati di questo sport, ma di sicuro si devono essere fatti una bella opinione del nostro Paese. Tre bandiere italiane a sventolare davanti al mondo; lui, l'eterno Valentino "patrimonio dell'umanità" a gioire per una vittoria come fosse un ragazzino alle prime armi. Sugli altri due gradini del podio: Andrea Dovizioso e Andrea Iannone, alfieri di quella Ducati fiore all'occhiello del made in Italy e oggi, come tante altre eccellenze nostrane, azienda con l'accento straniero.

Poco importa, il mito resiste ed è sempre tricolore, sapor di piadina e accento emiliano. Negli occhi del mondo sono rimaste le immagini d’una gara che passerà alla storia per la spettacolarità di uno spot che, nello spettatore, sovente genera il rischio di un arresto cardiaco.

Partenze sbagliate, recupero, sorpassi sul filo dei 300 all'ora e poi di nuovo giù, a capofitto, fino all'ultimo giro. Persino le leggi della fisica sovente si stupiscono di cosa riesce a fare la meccanica umana quando mescola tra loro: gomma, carbonio, alluminio, corpo e cervello.

Ne è scaturito un trionfo italiano in un momento in cui ne abbiamo tanto bisogno. Solo poche ore prima, dalle parti della Malesia, Sebastian Vettel si era già portato avanti con il lavoro, regalando alla Ferrari quell'insperato successo che mancava da troppo tempo.

È qui che viene la morale della favola: il signor Renzi si è complimentato con i prodi cavalieri e con mastro Marchionne. Ben vengano le felicitazioni, ma non è la prima volta che, come sommessa risposta, si invitano i nostri governanti a prendere il buon esempio da quegli scapestrati ragazzi cuore e velocità.

Quando scatta il semaforo verde si parte tutti nella stessa direzione. L'obiettivo è chiaro: agguantare il traguardo muovendosi bene e in fretta, senza perdersi in balle. E’ così che si raggiunge il successo, è vero che durante la gara i campioni non si fanno sconti e se le danno di santa ragione, ma con criterio e con rispetto anche quando la rivalità è forte.

Vincerà uno solo e mai per trucco, tradimento o scheda bianca, nessuno riscuoterà mai un premio che non sia guadagnato dando di sé il 100%. Il trionfo richiede affiatamento, serietà, professionalità e un lavoro di squadra "senza se e senza ma"; senza logorroici emendamenti.

Grazie dunque, del complimento signor Presidente, adesso siamo noi ad aspettare un traguardo che sia fatto di fatti e non di proclami. Il traguardo è sempre là, invischiato fra malaffare, giochi di potere, menzogne e instabili trovate per far fessi gli italiani sempre più poveri di gloria e di svenduta eccellenza. Si sa correre nella politica richiede altri requisiti. Il rischio è basso di fratturarsi un osso anche quando si gioca sporco, per non dire altro. Peccato, un po' di rischio inserito nel regolamento, avrebbe molta approvazione, aggiungerebbe spettacolo alla competizione.

 

 

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Articolo pubblicato il 31/03/2015