Incontro con lo scrittore Stefano Garzaro. Il mito sovietico, le immagini e le bandiere. Le storie di un passato recente in una Torino e dintorni che ormai non esistono più.

nichelCi sono persone capaci di cogliere l'aura di luoghi noti, in questo caso in Piemonte,  luoghi ben conosciuti dai torinesi in particolare a quelli già un po’ più avanti negli anni e restituirla nei loro racconti. Scrittori che con il loro narrare forniscono l’esatta idea di quanto sia cambiata la nostra società, e noi con questa, sotto l’impulso dei flussi migratori e dell’evoluzione tecnologica. Sono venuto a conoscenza di un autore la cui vita giovanile è coincisa con tale mutazione, una vita che riporta anche me agli anni 60 del secolo scorso e mi porta a ricordare di come sia stata la vita nella prima cintura torinese.

Così mi trovo ora di fronte a Stefano Garzaro, autore che gentilmente ha accettato l'invito a parlarmi del suo libro. Mi racconta dei suoi esordi e di come ha iniziato a coltivare e sviluppare la sua passione. "Scrivo fin da ragazzo, ho sempre scritto; mi sono specializzato in editoria locale e nella storia di Torino. Di recente,  parliamo degli ultimi 6-7 anni i titoli, almeno quelli che hanno avuto  più successo, sono stati quelli in cui descrivo la barriera di Nizza, pozzo Strada la borgata Lesna e infine, la storia di Moncalieri".

"In precedenza avevo trattato la storia di Moncalieri ho cercato di seguire non tanto la storia in senso classico,come la fuga da Testona, la salita sul bricco cercando magari presentarlo in maniera, senza voler dare mostra di sapere molto. Mi attengo ai fatti, senza inventare nulla.  C'è infatti modo e modo di raccontare;  posso farcire un racconto  di citazioni dotte, che non servono a nulla, e posso invece fare scorrere il testo in modo che anche chi non ha una  particolare formazione, riesca a capire di che cosa stiamo parlando".

"Questa la parte, per così dire, istituzionale, ma l'essenziale sia per quel che riguarda il  testo         su Moncalieri, così come per gli altri libri su Torino, sono biografie concentrate, ma significative, di personaggi scelti a campione. Raccolte insieme, fatte interagire fra loro, creano la storia della città. Ci sono personaggi del passato, alcune colonne come il Beato Bernardo di Baden  di  cui facciamo fatica a distinguere realmente quali siano gli  episodi storici realmente avvenuti  e la leggenda".

"Avvicinandoci a tempi più vicini a noi, si incontrano il pittore Tommaso Juglaris, riscoperto di recente dalla Famija Moncaliereisa e poi i personaggi tipici, il contadino, il parroco, l'operaio che ha lavorato alla tipografia Pozzo di Moncalieri e così via. Ancora  una figura curiosa che ho ritrovato, e di cui parlo, una donna fotografo che già negli anni precedenti la seconda guerra mondiale, aveva il suo studio a Moncalieri. L'ho trovata per caso e così, esaminando la foto dei coscritti,  sono risalito ai suoi discendenti.  Li ho trovati e mi hanno permesso di entrare in casa loro. Questa lunga introduzione serve per dare un fondamento al romanzo di cui intendo parlare il cui titolo è 'Ventinove sotto zero" , ovvero la temperatura che si registra d'inverno sulla Piazza Rossa a Mosca. Il  romanzo  non è di pura fantasia,  ma nasce dalla ricostruzione di avvenimenti romanzati , avvenuti a cavallo  degli anni 60 a Torino, nella barriera Nizza Millefonti ed  in particolare a tetti Fre. Un'isola proletaria di case fatiscenti, case molto povere, nate fin  dall'inizio del secolo scorso quando  vi si installarono le prime piccole fabbriche. A quell'epoca le attività venivano portate fuori da Torino, oltre la cinta  daziaria per non pagare le tasse e così fu  favorita la nascita dei borghi operai, come borgo San Paolo, come  Nizza Millefonti , dove nacque la Fiat Lingotto da cui la barriera fu trasformata  completamente, diventando il borgo più densamente operaio d'Italia".

ciric "Oggi non lo è più, ma a quel tempo era davvero un quartiere all'avanguardia.   Non tutto era perfetto, ma sicuramente la modernità era di casa. La storia che racconto è ambientata principalmente a Torino. Immagino che un occhio indiscreto entri in una sezione del partito comunista e vada a vedere che cosa succedeva negli anni 60, quali fossero  i rapporti interpersonali fra i frequentatori. Il partito comunista aveva sempre dato di sé un'immagine granitica, certamente l'immagine che compariva al popolo non era modificabile, ma all'interno in realtà il dibattito era molto vivace".

"Io mi sono divertito a descrivere un'assemblea di sezione perché è un'assemblea agitata, finisce infatti in rissa fra i partecipanti, che se le danno di santa ragione. Mi diverto a descrivere questo evento, perché mi premeva vedere come il personaggio principale, che è di pura fantasia, Cesare Ferrero, si trovi a dover scegliere cosa fare della propria vita. Viene messo di fronte a due strade. È un soggetto molto acuto, fa formazione storica ai suoi compagni, è molto abile nel trasmettere le emozioni in modo molto semplice.  Nel mio racconto, ovviamente una finzione, fa carriera nel partito, ha addirittura un incontro, del tutto fortuito, con Palmiro Togliatti che ha ricevuto informazioni su di lui e gli vuole offrire una possibilità".

"Gli prospetta una carriera politica luminosa all'interno del partito. Lui è lacerato,  perchè, contemporaneamente, la vita gli offre un'altra occasione: quella  di vincere un concorso di insegnamento in una scuola media di Nichelino. Nichelino a quel tempo era veramente la sentina d'Italia, era un quartiere dormitorio in cui, oltre a tante brave persone, si veniva a trovare anche tanta feccia. Era un insieme di immigrati senza contatti,  Lucani, Calabresi, Siciliani che non parlavano fra di loro, figuriamoci i Veneti. Spiace dirlo, ma c'era del razzismo regionale con alcune situazioni familiari davvero drammatiche".

Insegnare a Nichelino era una missione umanitaria; bisognava davvero avere una forte vocazione all'insegnamento, all'educazione, quindi comportava una grande lotta sia interiore, sia nei confronti della realtà. Cesare va a curiosare nella scuola dove è stato convocato, ci va senza convinzione, tanto ritiene che la sua strada sia già segnata da un'altra parte. Incontra una insegnante, una ragazza che comincia ad aprirgli un po' la mente. Gli fa notare che far politica non è solamente stare nel partito. Fare politica è amare la propria società, amare le persone che stanno intorno, affezionarti a questi bambini, fare qualcosa per loro, non da solo. Nota che questa ragazza sta lavorando in modo serio a qualcosa che trasformi la scuola in qualcosa di veramente utile per i bambini. Insomma cerca di convincerlo ad accettare l'incarico di insegnante".

"Nel frattempo Cesare compie  il viaggio premio in Russia, siamo a Capodanno, nel 62. Una volta giunto aband Mosca scopre una realtà completamente diversa da quella che immaginava. Il mito sovietico, le immagini e le bandiere, gli slogan che imperavano in Italia, si frantumano perché scopre corruzione, disorganizzazione,  soprattutto mancanza di libertà.  E' stupito dai tentativi del KGB di fare una propaganda molto grezza,  molto ingenua. Resta colpito da come i suoi compagni di viaggio italiani non colgano questa realtà".

Vi è un episodio, quello in cui i compagni di Cesare Ferrero compiono il viaggio notturno da Leningrado a Mosca dove  approfondisco questa tematica. La comitiva arriva  alla mattina,  alle sette, e incrocia gli operai che stanno andando al lavoro, i pendolari che vanno e vengono, camminando a testa bassa ripiegati su se stessi per il  freddo e la fatica.  Gli italiani scendono dal treno con il pugno levato, cantando l'Internazionale. Sono arrivati come se fosse un pellegrinaggio, come chi va in un  santuario.  Questi pendolari alzano la testa, li guardano e dicono sconsolati: "Ah, Italiani..." E' proprio tutto un mondo da scoprire, bellissimo, almeno dal punto di vista paesaggistico".

"Questi episodi hanno riscontri nella realtà; tutto è verificabile, a parte gli episodi personali di Cesare Ferrero che sono cuciti alla storia, ma il resto è riferibile  o a viaggi compiuti da me, o a interviste a personaggi più anziani di me, che hanno vissuto davvero simili esperienze. Ho visto l'Unione Sovietica sia prima che dopo la caduta del regime; l'impressione è stata quella di un grande disfacimento. Dapprima un corpo malato, ma che restava in piedi grazie ad un'ingessatura molto robusta,  un corpo malato all'interno, ma  che osservato dall'esterno, dava il senso di una rigidezza e di una coesione notevole".

"Nel momento in cui questa ingessatura si rompe, questo corpo mostra la sua malattia che poi degenera perchè entra la mafia, entrano gruppi di potere strani. Ho visto episodi tristissimi, le massaie che vendevano lungo la strada le loro suppellettili perché non sapevano più cosa vendere per  campare. Oppure le donne che aspettavano che la metropolitana chiudesse, per infilarsi a dormire, perché non sapevano dove andare."  

Qui giunti, non posso fare a meno di chiedergli come vede l'Italia di oggi, alla luce di queste sue esperienze: "Sono abbastanza pessimista- risponde- Vedo questa frantumazione di valori che è irreversibile. Abbiamo perso i valori sia di una certa sinistra, che di una certa destra. Non amo  applicare  etichette, preferisco  giudicare il prossimo per quello che fanno, per quello che organizzano per cui se una persona,   sia di sinistra che  di destra agisce  bene, mi stimola ad entrare in contatto con lei. Cerco di collaborare con lei, di aiutarla ed anche di imparare, se c'è qualcosa che posso imparare".


rem"Purtroppo molte ricchezze che erano state accumulate sono state disperse. Ho però  un barlume di fiducia nei ragazzi molto giovani, nei sedicenni, diciottenni , nei nativi digitali. A me sembra che si sia verificata un'evoluzione anche fisica nel pensiero, un 'evoluzione  del cervello. Certe cose non riesco più a farle mentre  i giovani, invece, vi riescono molto bene.  Credo che si tratti di una predisposizione dovuta alla mutazione della società, ad un fatto culturale. Io non riesco e non sono mai riuscito a fare tre cose contemporaneamente.  Mi ricordo, quand'ero ragazzo, se  studiavo è c'era la radio accesa che trasmetteva musica, mi dava fastidio. Se leggevo, dovevo leggere".

"Vedo questi ragazzi che,  mentre studiano,  tengono l'IPad  sott'occhio e magari fanno ancora qualcos'altro.  Mi chiedo: ma come fanno? Questo significa che se riuscivo a ricavare una  sintesi in una certa maniera, procedendo a gradini,  i giovani  riescono a ricavare una  sintesi dal disordine e a compiere determinate scelte. Ovvio, non vale per tutti, perché comunque c'è una massa di pecoroni che c'è sempre stata. Colgo  però un lievito che fa crescere la società,  vedo che questi ragazzi riescono a ottenere risultati  in modo geniale, partendo da un disordine che io non saprei definire, ma questo mi fa ben sperare; ho la certezza  che il mondo avrà un futuro".

E, a proposito di futuro, gli chiedo : quali sono i suoi progetti?

"Di sicuro presentazioni del mio libro. Saranno molto frequenti;  tra l'altro, sotto Natale, penso di averne  una alla settimana.  Di certo in alcune librerie, circoli politici di vario colore, ma anche in circoli culturali privati o anche in  associazioni a carattere spirituale, in cui si pratica la meditazione qualche cosa che abbia attinenza con lo spirito, con la massima libertà senza preclusioni, perchè dove c'è ricerca, lì c'è anche il mio interesse, che è quello di tutte le persone intenzionate a migliorare la società in cui viviamo".

Stefano Garzaro

Ed. Pintore, Collana Falesie

Pagg. 214 F.to 14x21,5 cm

Brossura

ISBN 978-88-99431-00-6

Euro 15,00

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Articolo pubblicato il 20/11/2015