Ucraina, elezioni e guerra

Le elezioni amministrative confermano il nuovo corso democratico dell'Ucraina ma allo stesso tempo nuovi venti di guerra all'orizzonte.

Sono appena terminati i conteggi dei ballottaggi tenutisi ieri in Ucraina per le elezioni amministrative, i risultati confermano la quasi totale vittoria in tutti i comuni e regioni dei candidati dei partiti di Governo e di quei candidati che seppur all’opposizione sono ascrivibili come strenui oppositori del partito delle regioni, il partito dell’ex Presidente Yanukovich ora scappato in Russia.

E’ un ulteriore passo avanti nella stabilizzazione interna dell’Ucraina in quanto molti comuni erano ancora governati dagli uomini di Yanukovich e questo rappresentava un problema interno non da poco. Il rinnovamento è avvenuto per via democratica con il voto che in prevede la vittoria del candidato che supera il 50% dei voti al primo turno o il ballottaggio tra i due migliori.

Le elezioni sono state monitorate dall’OSCE che le ha riconosciute e che non ha rilevato anomalie al di fuori della norma internazionale.

E’ un passo importante perché dimostra che il cammino intrapreso dal nuovo corso si integra perfettamente con gli standard di democrazia rappresentativa europea e che il cambio di leadership non è avvenuto in maniera violenta o anti democratica. Inoltre come certificato da organi internazionali, l'economia Ucraina sembra essere uscita dalla drammatica recessione durata diciotto mesi. I dati dei consumi confermano che l'economia si sta riprendendo e che se stabilizzata l'Ucraina può essere certamente un player business molto interassante.

Contemporaneamente il Presidente Poroshenko ha portato il livello di allerta delle truppe a “ready to combat” in quanto nel Donbass da più di una settimana sono ripresi i combattimenti. In questo lasso di tempo il Ministero della Difesa ha comunicato che le cifre ufficiali tra morti e feriti è stato di 38 persone di cui alcuni civili.

Nonostante gli sforzi e gli accordi di Minsk, la guerra continua. L’OSCE non è in gradi di monitorare l’arretramento degli armamenti pesanti in quanto le truppe russe impediscono l’accesso in diverse zone al personale preposto ed anche l’utilizzo dei droni è disturbato da sistemi di jamming che “oscurano” le riprese aeree di punti sensibili.

E’ probabile che Putin utilizzi la copertura mediatica di questi giorni tutta orientata ai tragici fatti di Parigi per sferrare attacchi su tutta la linea del fronte. La Russia sa benissimo che può giocare la carta della paura europea per avere il via libera all’invasione dell’Ucraina, perché è chiaro che quasi nessun Stato Europeo si spenderebbe (Italia in testa) a difesa dei valori internazionali che tutelano le integrità territoriali degli Stati sovrani.

In tale ottica l’attentato all’aereo Metrojet russo e i successivi attentati di Parigi sono stata manna dal cielo (l’aggettivo “imprevisto” lo lascio alle riflessioni del lettore) e assistiamo alla coda delle cancellerie di mezza Europa ai piedi dello zar di Mosca, tutti intenti a richiedere la fine delle sanzioni alla Russia e pronti ad un’alleanza militare con il Cremlino.

E’ indubbio, sta nei fatti oggettivi, che gli attentati abbiano avvantaggiato solo la Russia come è indubbio e nello stesso tempo strano, che nella rivendicazione dell’ISIS non si faccia menzione della Russia e non si minacci un attentato terroristico a Mosca ma a Roma e Washington. Ieri notte la Francia in una sola notte ha condotto più di 160 raid aerei su Raqqa, un numero enormemente maggiore rispetto ai raid Russi di due mesi.

Non è possibile al momento dire che ci sia una “strana alleanza” tra Russia e ISIS ma è indubbio che esiste una specie di patto segreto di non belligeranza. Se poi andiamo a vedere chi guadagna politicamente da questi ultimi avvenimenti, vediamo che in Francia alle elezioni di Dicembre Marine Le Pen (uno dei principali sponsor di Putin in Europa) potrebbe far man bassa di voti così come dopo l'attentato di Madrid del 2004 vi fu un cambio di Governo, ed in Italia Salvini (alfiere di Putin nel belpaese) sta salendo nei sondaggi. Praticamente tutti i movimenti di destra europea ne stanno traendo benefici, specie in ottica anti europea stessa. La chiusura delle frontiere potrebbe destabilizzare tutta la regione Balcanica che vede in transito centinaia di migliaia di profughi Siriani, profughi che si troverebbero a metà del viaggio bloccati con un inverno alle porte. Questa potrebbe anche essere una chiave di lettura studiata a tavolino a Raqqa con l'intento di destabilizzare l'Europa. 

Dovrebbe sorgere una domanda spontanea, bisognerebbe chiedersi come mai l’ISIS (che dovrebbe essere un acerrimo nemico della Russia) effettua azioni che spianano la strada alla Russia in Europa. Chiedersi come mai a Mosca ove sono residenti quattro milioni e mezzo di mussulmani non vi è segno di problematiche di sicurezza. Chiedersi se in un momento storico dove tutti condannano il terrorismo, è il caso di stringere la mano ad un leader che ha sulla coscienza l’abbattimento del volo MH17 con 298 morti, così come anche stabilito dal tribunale internazionale che ha dimostrato che quell’aereo è stato abbattuto da un missile di fabbricazione russa lanciato dai cosiddetti “omini verdi” che anche i bambini sanno essere soldati regolari dell’esercito russo. Chiedersi se si è daccordo a riconoscere come "istituzionalizzate" organizzazioni quali Hezbollah e Hamas come dichiarato dal deputato russo Mikail Bogdanov al giornale Israeliano "The times of Israel" che non ritiene queste due organizzazioni come "terroristiche".


In guerra si usa dire che il nemico del mio nemico è mio amico, ma a volte stringere patti con il diavolo si rischia di bruciarsi.

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Articolo pubblicato il 17/11/2015