Giuseppe Giamesio, trifolau ecologista, nel ricordo di Carlo Marenda, giovane trifolau che ne porta avanti le idee

«Save the Truffle è una vera, tangibile, seria occasione per agire e mantenere gli ambienti naturali nelle nostre colline. Conservare le tartufaie significa difendere ecosistemi ad elevatissima biodiversità»

Nel corso del Convegno “Un’alleanza perfetta: trifolau e cane da tartufo”, tenutosi ad Alba domenica 11 ottobre, nell’ambito della 85a Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, ho fatto conoscenza di Carlo Marenda, relatore dell’intervento introduttivo “Un’eredità originale: testimonianza di un giovane trifolau albese nel ricordo di Giuseppe Giamesio”.


Carlo Marenda, di Alba, ha narrato la sua amicizia con l’esperto trifolau Giuseppe Giamesio di Roddi, noto come “trifolau ecologista”, così stretta che Giamesio gli ha lasciato in eredità, oltre ai suoi provetti cani da tartufi, le sue lungimiranti idee sulla ricerca dei tartufi. Parlando con Carlo ho appreso – devo dire con sorpresa - delle problematiche di natura ecologica riguardanti il mondo dei tartufi. Gli ho quindi chiesto di far conoscere ai Lettori di “Civico20News” Giuseppe Giamesio e, soprattutto, le sue idee al riguardo dei tartufi (m.j.).   

 

Ho conosciuto Giuseppe Giamesio all’alba di una mattina di novembre del 2010 nel bosco che dalla frazione di Santa Maria sale verso il paese di La Morra.


Io, giovane trifolau dilettante, a mia insaputa mi trovai di fronte ad uno dei trifolau più conosciuti delle Langhe.


Giuseppe Giamesio, classe 1932, era originario di quella piccola frazione, dove oltre a stupendi vigneti, c’erano dei fantastici boschi in cui si trovavano tartufi in abbondanza.


Giamesio aveva ereditato la passione dei tartufi dal proprio padre che a sua volta l’aveva ereditata dal nonno: per i Giamesio, parlare di tartufi e di cani, era una cosa piuttosto normale, come in tante altre famiglie che abitavano una Langa povera nei primi anni dopo la guerra.


L’approccio con il trifolau più anziano non fu per me facile ma, complice la mia buona educazione e la mia passione (soprattutto), divenni suo amico in un tempo abbastanza breve.


Ricordo perfettamente come Giamesio mi parlava sempre nella penombra della notte, senza mai farsi vedere completamente, quasi a voler vivere in simbiosi con quella natura così variegata e strana che è rappresentata dai boschi della Langa. I suoi cani erano sempre vicini, per non dire attaccati, a lui che, mentre con una mano li accarezzava, con l’altra si appoggiava all’immancabile bastone.


Non ricordo con esattezza quale parola, frase o altro, fece scoccare la scintilla tra l’anziano ed il giovane, ma dopo qualche settimana fui invitato a casa sua, presso Roddi.


La sua abitazione rappresentava un museo del tartufo, per la quantità di foto, riviste, articoli ed altro ancora, in cui si parlava del prezioso tubero e si narravano le gesta di Giamesio.


Imparai ben presto che Giuseppe Giamesio (“Notu”, per i suoi compaesani e amici di Roddi) era una voce fuori dal coro nel mondo dei tartufi, una voce che già cinque anni fa, vedeva un mondo del tartufo sempre più in crescita sotto l’aspetto commerciale e sempre più in declino sotto l’aspetto della tutela e della salvaguardia del nostro patrimonio di boschi e piante.


Giamesio sosteneva che ogni manifestazione legata al tartufo si doveva parlare di tutela e salvaguardia delle piante tartufigene, di pulizia dei boschi, di incentivi per chi piantava nuovi alberi… non si poteva solo e sempre parlare di vendita, di regolamentazioni fiscali, di conservazione e derivati del tartufo.


Nei pochi raduni dei trifolau, Giamesio era solito presentarsi con il suo immancabile cartello al collo, sul quale erano scritte alcune frasi che evidenziavano la sofferenza del mondo del tartufo ed al tempo stesso indicavano la strada da intraprendere.


Credeva fortemente, inoltre, nella didattica delle scuole, perché il tartufo rappresenta la prima eccellenza piemontese ed ognuno di noi deve conoscere la sua storia, le sue origini, per garantire il futuro al proprio territorio.


Purtroppo Giamesio si ammalò agli inizi del 2014 di un male incurabile che lo costrinse ad un lento calvario; si chiuse dentro se stesso, senza parlare con nessuno, quasi come fosse un leone dentro una gabbia.


Una settimana prima che mancasse, venni chiamato a casa di Giamesio, con mia grande sorpresa, visto che ormai mi ero rassegnato a perdere il mio amico senza nemmeno poterlo salutare e ringraziare.


Giamesio mi parlò per l’ultima volta, chiedendomi di prendermi cura dei suoi tre cani e al tempo stesso mi chiese di impegnarmi nel portare avanti le sue idee sul mondo dei tartufi, perché lo vedeva in forte pericolo.


Il progetto “Save the Truffle”, ovvero “Salviamo il Tartufo”, nasce proprio da qui: portare avanti le idee di un’ottantenne che con la sua lungimiranza, legata alla sua grande passione, ha chiesto ad un giovane e fidato amico di realizzare un suo sogno.

Carlo Marenda

Le foto di questo articolo sono di Bruno Murialdo (Alba).

Per approfondire:

http://www.savethetruffle.com/

https://www.facebook.com/savethetruffle/?fref=ts

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Articolo pubblicato il 07/12/2015