L'angolo della poesia: Il Tempio

 

IL  TEMPIO

 

Cantami Musa, ch’odo in te nascére,

versi velati, ma di luci aspersi.

Canta sublime, e facci qui pascere,

 

dell’amor tuo, ‘chè privi ne siam persi.

Canta del Sol, lo Spirito ‘nfinito,

che bacia con i raggi, suoi, dispersi,

 

il lento viaggiator, nel cielo sito,

che duce l’alme nostre, com’ancelle,

intorno a Colui che moss’invito.

 

E possa rimirar sopra, le Stelle,

che coprono di nott’ il nostro Tempio,

mirando le galassie tra di quelle,

 

ponendoci lontan, da quel ch’è empio.

Cantami ancor dei simboli sovrani,

violati dai profan, ch’ han fatto scempio,

 

cercando nel poter de talismani,

il gran segreto che, a lor si tace.

Oh Frate sai, che non sarà domani,

 

che Luce troverai, s’ a Lui non piace;

ma sol col camminar, tra queste mura,

sorbendovi dell’alma, aurea pace,

 

intenderai che Amor, vince paura.

Fatti non foste a viver come bruti,

ma per udir la Voce, la più pura,

 

che dona conoscenz’ e verbo ai Muti,

levandoli al grado di Compagno.

Oh voce di Saper quanto m’incuti,

 

paura di perir nel fondo stagno,

nel fangh’imputridito d’ignoranza,

che duce l’om a far, l’ultimo bagno.

 

Or tutti noi troviam, in questa stanza,

la libertà che porta alla Sapienza,

sapendo che al fin, di Shiva è danza,

 

e tutto ciò ch’ appar, è sol parvenza.

Al centro noi miriam un fine panno:

di vividi color appare senza,

 

che solo ombr’e luci, forma danno,

trovando in Fibonacci sua ragione.

E mentre li Fratel i passi fanno,

 

squadrando quegli scacchi con rispetto,

s’accresce nello Tempio l’Armonia,

portand’ogni pensier, al punto retto,

 

che lacera il Velo di Magia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Articolo pubblicato il 27/12/2015