Gli Immortali - "Divorzio all'italiana"

Commedia per eccellenza diretta da Pietro Germi, divertentissima stigmatizzazione della Sicilia anni Sessanta

Anno: 1961 

Paese: Italia 

Durata: 105 minuti

Genere: Commedia

Regia: Pietro Germi

Soggetto: Ennio De Concini, Pietro Germi, Alfredo Giannetti

Sceneggiatura: Ennio De Concini, Pietro Germi, Alfredo Giannetti

Cast: Marcello Mastroianni, Daniela Rocca, Stefania Sandrelli, Leopoldo Trieste, Odoardo Spadaro, Lando Buzzanca

Vent'anni fa se ne andava uno dei più straordinari interpreti del cinema italiano di tutti i tempi, Marcello Mastroianni; un attore, anzi l'attore dell'Italia anni Sessanta, della dolce vita, feticcio di Fellini ed eterno latin lover, capace più di ogni altro di ironizzare su vizi e virtù dell'animo umano (soprattutto italico), mediando ogni sua interpretazione con eleganza e garbo. Rivediamo uno dei suoi innumerevoli successi, Divorzio all'italiana di Pietro Germi.

In una Sicilia barocca e assolata, il barone Ferdinando Cefalù, detto Fefè, stanco della logora vita coniugale con la soffocante e baffuta Rosalia, è innamorato della giovanissima cugina Angela; contando sulla pena irrisoria che sconterebbe se uccidesse la moglie per motivi d'onore, tenta di trovarle un amante per poterli cogliere insieme e liberarsene. Caso vuole che Rosalia, sentendosi trascurata dal suo amato barone, si lasci coinvolgere in una relazione adulterina con il pittore Carmelo Patanè, sua vecchia fiamma di gioventù. Dopo alcuni tentativi falliti e alcuni sconvolgimenti famigliari (Calogero, il padre di Angela, muore in seguito alla scoperta della relazione tra la figlia e Fefè), il barone si libera della moglie, andando incontro inconsapevolmente a un amaro lieto fine.

Fin dalle prime immagini appare chiaro che una feroce ironia è la chiave di lettura, con la voce fuori campo di Fefè che presenta la sua Agromonte, fittizia città sicula di diciottomila abitanti, quattromilatrecento analfabeti e ventiquattro chiese, dove spicca lo stemma dei Cefalù (unica cosa, o quasi, che mio padre non si fosse ancora venduto). La commedia è una palese e gustosa satira di quel mondo borbonico e arretrato che ancora era l'Italia del sud, dove la differenza di ceto era scolpita nella pietra e dove non esisteva una legislazione sul divorzio, benché fosse legale compiere un "delitto d'onore" e vendicare la reputazione di una famiglia uccidendo il coniuge fedifrago (l'articolo 578 del codice penale, che venne abolito solo nel 1981!). La stessa ironia la vediamo incorniciata dai lenti movimenti di macchina che ci mostrano sontuosi interni barocchi, lussuosi quanto decadenti, nonché una certa atmosfera dissacrante che permea ogni aspetto del film, dalla musica ostentatamente drammatica che accompagna il funerale di don Calogero (firmata da Carlo Rustichelli), al tic facciale del barone Fefè per il quale, si narra, Mastroianni fu ispirato da Germi.

Il cinema gioca con se stesso quando vediamo Mastroianni/Fefè recarsi al cinema nella speranza di sorprendere i due amanti, proprio allo spettacolo di La dolce vita, il più celebre film di Mastroianni, uscito appena l’anno prima.

Mastroianni è il protagonista indiscusso, la cui performance, molto fisica, ebbe un'importante parte nel successo internazionale riscosso dal film. Compassato, indolente, quasi immobile nei suoi baffetti, l'attore regala un'interpretazione meravigliosamente godibile e indimenticabile, ricordandoci di quando gli attori italiani recitavano davvero ed erano perfettamente in grado di mascherare le proprie origini dietro ai più svariati accenti e atteggiamenti. Un'immagine quasi grottesca, quella del nobile dongiovanni dagli impulsi che non può scatenare, ingabbiato irrimediabilmente nel ruolo sociale e famigliare.

Un'irriconoscibile Daniela Rocca interpreta l'adultera Rosalia, archetipo della donna "naturale" del sud, baffi e sopracciglia eccessivi e un morboso attaccamento al suo Fefè, che dimenticherà presto per fuggire insieme al bel Carmine. Proprio durante la lavorazione di Divorzio all’italiana la Rocca intrecciò una relazione con Pietro Germi, rapporto turbolento che la portò più volte sull’orlo del suicidio.

Stefania Sandrelli, all'epoca quindicenne ma già ottima attrice, è invece la desiderata cugina Angela, splendida sintesi di timidezza verginale e invitante curiosità.

 

Completa il cast una serie di attori cinematografici e caratteristi teatrali che contribuiscono a completare l'affresco parodistico di una società provinciale e antiquata legata a tradizioni sorpassate; tra questi, Leopoldo Trieste nel ruolo di Carmelo, Odoardo Spadaro in quello di don Gaetano Cefalù e un giovane Lando Buzzanca.

Pietro Germi, dopo una nutrita filmografia votata a temi politico-sociali, con Divorzio all'italiana compie un salto nella commedia pura, riuscendo a combinare temi a lui cari, come l'amore-odio nutrito nei confronti del sud, in un film dalle sfaccettature multiple ma decisamente più leggero e dai toni farseschi.

Il film ottenne un notevole successo, tant’è che da esso venne coniata l’espressione commedia all’italiana, che delineerà molto cinema degli anni successivi. Diversi i riconoscimenti, a partire dalla Palma d'Oro come miglior commedia a Cannes e dall'Oscar per la miglior sceneggiatura originale (nomination per la regia e per Mastroianni), ai due Golden Globe, miglior film straniero e miglior attore in una commedia a Mastroianni, il quale si aggiudicò anche un BAFTA e un Nastro d'Argento.

Una pietra miliare della commedia italiana, con ottimi interpreti e personaggi indimenticabili.

 

 

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Articolo pubblicato il 09/08/2016