Estate in film - Trilogia della paura

Il ritorno di Frankenstein, una bella turista sola contro uno squalo mangiacarne e un gruppo punk rock alle prese con dei redneck nazi assetati di sangue... serve altro per una trilogia di film da paura?

Se la settimana scorsa abbiamo consigliato per questa "Estate in film" tre storie romantiche, mentre le settimane ancora prima uno dopo l'altro altri tre film per ragazzi e adulti; questa settimana viriamo decisamente di genere parlando di tre film sulla paura.

Come si ottiene la paura in un film?

Alfred Hitchcock era solito parlare della suspance (sorella più "matura ed elegante" della paura) facendo l'esempio di una scena di due amici che parlano seduti tranquillamente mentre c'è una bomba nascosta sotto al tavolo.

Due sono le vie con cui, partendo dallo stesso presupposto, si può spaventare e incutere tensione nello spettatore.

Il primo, più semplice e abusato da tutti i registi horror/thriller di questo mondo: la bomba esplode all'improvviso, causando uno shock allo spettatore che non se l'aspettava e lasciandogli quindi l'ansia che tale shock possa ripetersi repentinamente durante il film.

Il secondo, che richiede decisamente maggior conoscenza del mestiere e fantasia del regista, è invece quello in cui lo spettatore vede fin da subito la bomba e la scena prosegue nel dialogo dei due amici, ignari della minaccia, con lo spettatore quindi a nervi tesi che aspetta l'esplosione che però potrebbe anche non arrivare, quando il regista è così bravo da scioccare poi lo spettatore in un secondo tempo quando e nel modo che meno si aspetta.

Ovvio che un buon regista può anche volendo scegliere sapientemente una saggia miscela delle due condizioni, alternando scene dove la tensione cresce esponenzialmente per poi magari sfiatare nel nulla, come detto prima per poi scioccare lo spettatore all'improvviso in una maniera inaspettata.

La maggior parte dei registi di horror scadenti puntano ovviamente alla facile ricerca dello shock improvviso, un qualcosa che avviene di botto con il giusto effetto sonoro a volume sopraelevato per far saltare lo spettatore sulla sedia.

Di questo sono infatti costruiti la maggior parte dei film di paura moderni, dimenticabili poco dopo la visione, fatti di improbabili quanto crudeli sessioni "horror-porn" e balzi improvvisi di volume buoni soltanto a far rovesciare i pop-corn al popolino da grande sala che purtroppo non conosce più o ha dimenticato i vecchi film di paura di una volta.

Ma esiste per fortuna ancora un discreto numero di registi pronti a lavorare sodo per costruire la magia "vera" di un film di paura, utilizzando i veri "strumenti" del cinema come lunghe carrellate cariche di tensione, piani sequenza dove piccoli momenti "shock" fanno capolino in maniera elegante senza bisogno di trucchetti di bassa lega come effetti sonori improvvisi a tutto volume o mannaie insanguinate che sbucano da dietro l'angolo in cerca di facili sbudellamenti hard core per la gioia di tutti i macellai sadici di questo mondo.

I tre film di oggi fanno parte di questa categoria, dove il "disagio" e la "tensione" dello spettatore sono più importanti di improvvise scariche di adrenalina inserite alla bell'è meglio in mezzo a trame scontate e personaggi malcostruiti, forse per tenere sveglia una platea di spettatori che altrimenti se la ronferebbe della grossa sovrastando col loro russare le grida scomposte dei soliti protagonisti in fuga da psicopatici, animali assassini e mostri assortiti.

Ma entriamo più nello specifico presentando uno per uno questi tre film.


PARADISE BEACH - DENTRO L'INCUBO (2016 - Jaume Collet-Serra)
Questo interessante film decisamente a "tema estivo", con la bella protagonista in ferie su questa desolata spiaggia del Messico, è diretto dal regista spagnolo Jaume Collet-Serra.

Questo regista ha diretto una seria di film riusciti a metà, come "Orphan" o "Unknown - Senza identità", con una buona idea di partenza ma successivamente sviluppata "così e così" nello svolgimento della storia.

Ma l'anno scorso finalmente è uscito al cinema il suo "Run All Night - Una notte per sopravvivere", interessante e ben diretto thriller d'azione dove un Liam Neeson nel ruolo di malvivente "sul viale del tramonto" si affannava tutta la notte per proteggere il figlio, reo di essere il testimone di un omicidio commesso dal figlio del boss mafioso della zona.

Questa estate si ripete ancora nell'impresa, con questo riuscito thriller pauroso dove solo con una manciata di personaggi e un sapiente uso del montaggio e la macchina da presa riesce a tenere sulle spine lo spettatore dal primo all'ultimo minuto.

Protagonista della storia è la bellissima attrice americana Blake Lively, direttamente dalla serie Tv "Gossip girl" e da alcuni ottimi film come "The Town" di Ben Affleck (al solito molto più bravo alla regia che come attore) e "Le belve" di Oliver Stone, dove interpretava l'amore "condiviso" della singolare relazione triangolare alla base della storia.

La Lively si ritrova in questo film isolata su uno scoglio in mezzo all'oceano, poco distante da una semi-sconosciuta spiaggia frequentata da pochi fedelissimi, intrappolata sulla roccia mentre nell'acqua è in agguato un famelico squalo che la terrà in scacco praticamente per tutto il film.

Ottime le sequenze di "surf" iniziali, dalle quali alcuni impediti come il regista del remake di "Point Break" potrebbero trarre spunto per migliorare il loro mestiere; così come i pochi messaggi e telefonate con cui il regista tratteggia la psicologia e la figura della bella turista americana.

Inquadrature dalla mano ferma e un'ottimo colpo d'occhio fotografico, senza scendere troppo nel patinato da "catalogo di agenzia turistica" (come il remake di "Point Break", non per ripetermi) e indugiando quel tanto che basta sulle sinuose forme della Lively contrapposte al (poco) sangue e violenza che accompagnano giustamente e degnamente una storia del genere.

Una storia semplice raccontata con semplicità, che tiene ben alta l'attenzione dello spettatore senza però esagerare con un ritmo esasperato, lasciando che sia la meravigliosa location da favola a trasformarsi lentamente nell'incubo senza via d'uscita che dovrà affrontare la coraggiosa protagonista, sempre più sfiancata col passare delle ore e sempre meno certa che la cavalleria arriverà su un destriero d'argento a toglierla fuori dai guai.

Insomma un bel film di paura da guardare per chi ha ancora nostalgia delle vacanze, data l'esotica e magnifica ambientazione balneare contrapposta alle crude e truculente soluzioni col quale il regista ci accompagna fino ai titoli di coda.


GREEN ROOM (2016 - Jeremy Saulnier)
Diretto da Jeremy Saulnier, già regista dell'interessante "Blue ruin", atipico film di vendetta uscito nel 2013 e purtroppo passato (come troppi altri film) in sordina nei cinema italiani, dopo un brevissimo periodo di proiezione con altrettanto ovvi scarsissimi incassi.

Una band punk rock si trova sperduta nella periferia americana dell'Oregon, ridotta a uno spettacolo per due spiccioli in un circolo di skinhead neo-nazisti dopo una mancata esibizione per un deejay di Portland.

Involontaria testimone di un delitto che metterebbe nei guai il proprietario del locale e il suo violentissimo gruppo di "lacci rossi" da combattimento, il gruppo si ritrova bloccato senza via d'uscita nel camerino del locale prima isolato e poi assediato dagli stessi nazisti.

Bravissimo l'attore che interpreta il leader della band, ancora una volta (sembriamo ormai abbonati) il giovane Anton Yelchin di cui vi avevo consigliato la settimana scorsa il romantico "Like Crazy" e ancora prima l'irriverente e divertente "Charlie Bartlett", sempre come protagonista eclettico e sempre impegnato in diversi ruoli con cui far emergere il suo talento.

Altrettanto bravo è poi il regista, il quale fa montare lentamente ma inesorabilmente l'inquietudine e il senso ineluttabile del confronto violento che i protagonisti dovranno avere con i nazisti, ovviamente gentaglia con cui ragionare è inutile e che rispettano solo la paura, il sangue e la violenza nella quale e dalla quale le loro deviate teorie socio-politiche traggono forza e fondamento.

Merita menzione inoltre il proprietario del locale e capo indiscusso degli skinhead, un quasi irriconoscibile Patrick Stewart ben lontano dal benevolo e saggio "professore" degli "X-Men"; il quale capisce subito dove si dovrà arrivare per sistemare la vicenda e che impiega senza pietà ogni mezzo a sua disposizione pur di trucidare ogni testimone del delitto che vuole insabbiare.

Un film dove la paura è costruita con saggezza senza espedienti cafoni come serial killer o pazzi similari, la semplice follia dei redneck neo-nazisti è più che sufficiente e ben coadiuvata da una semplice violenza a suon di mazze da baseball, motoseghe, machete e cani killer addestrati a sbranare a comando.

Sicuramente consigliato agli amanti dei film con "protagonisti in trappola" accerchiati dalle forze del male, che sia l'epico "La notte dei morti viventi" di Romero o l'altrettanto famoso "Distretto 13 - Le brigate della morte" di John Carpenter; una formula di film semplice che funziona e funzionerà sempre in mano a degli autori audaci e dotati di grande immaginativa e sapienza registica.


FRANKESTEIN (2015 - Bernard Rose)
Come sa bene chi legge i miei articoli, il sottoscritto è un'amante della fantascienza e per questo ho tenuto per ultimo il film più "fantastico" di questa trilogia della paura.

Come potete sicuramente intuire dal titolo, la storia ricalca enormemente il capolavoro letterario omonimo di Mary Shelley, autrice di uno dei più longevi e maturi "mostri moderni" del mondo fantascientifico.

In questo caso il mostro viene però creato con le più moderne tecnologie di clonazione, anzichè essere un "compost" di pezzi di cadaveri come nel romanzo della Shelley.

Portato alla vita e poi abbandonato quando una serie di disfunzioni gli danno un aspetto mostruoso e un atteggiamento sempre più insofferente e incontrollabile, ritorniamo quindi alla storia originale del creatore che scaccia inorridito la sua creatura, gettandola in pasto a un mondo per cui non è pronto e che non sarà mai capace di accettarlo.

Il rifiuto sistematico da parte della società è infatti il destino di questo giovane Frankestein, rifiutato e maltrattato prima dagli scienziati e poi dal mondo esterno tra criminali, prostitute, barboni e poliziotti dal manganello e dal grilletto facile.

Molto bravo l'attore protagonista Xavier Samuel, finora semi-sconosciuta comparsa per film come "Fury" e l'ultimo episodio della saga di "Twilight", qui perfettamente in grado di reggere la scena nel non facile ruolo di mostro-vittima protagonista della storia.

Ad esso si affianca la semi-dimenticata Carrie-Anne Moss, altrettanto brava in film di culto come "Memento" o nel ruolo di "Trinity" nella saga action-cyberpunk di "Matrix"; così come il bravo attore caratterista Danny Huston nel ruolo dello "scienziato-padre" Victor Frankenstein.

Un film che tratta in modo horror i temi mai banali del razzismo e l'integrazione della società dei "soggetti ai margini", figure fuori dal "cerchio dei normali" che faticano a inserirsi negli schemi convenzionali che gli altri danno per scontati, finendo così vittima di soprusi che li faranno diventare spietati aguzzini che mieteranno vittime a loro volta, in un ciclo ininterrotto di sofferenza/odio/violenza di cui ahinoi è pieno questo mondo.

Un ottimo lavoro per il regista Bernard Rose, già autore dell'altrettanto notevole e intrigante "Candyman - Terrore dietro lo specchio", indimenticato horror degli anni '90; da cui tra l'altro si porta dietro il killer con l'uncino Tony Todd, qui invece nel ruolo di un barbone cieco che sarà l'unico a dimostrare un pò di affetto e umanità verso il protagonista.

Un film più delicato rispetto ai precedenti due, pur essendo quello con le tinte horror più "mostruose", partendo sia dai lineamenti sempre più deformi del protagonista che dagli atroci delitti di cui si macchia e gli abusi di cui è invece vittima durante il suo doloroso "processo di crescita" nel quale imparerà sulla sua pelle deturpata la crudele natura umana di cui è davvero fatto il nostro mondo.

Una storia più che degna del nome del grande classico che porta, riproposta in chiave moderna senza snaturarne i temi più importanti come altri film idioti con l'estetica e i ritmi da videoclip da dare in pasto al popolino, uno su tutti il terribile (cinematograficamente parlando) e dozzinale "I, Frankenstein" di un paio di anni fa, col faccino pulito e gli addominali scolpiti di Aaron Eckhart... attore che seppure in altri film dimostrava talento (come il divertente "Thank You for Smoking" di Jason Reitman o il più famoso "Il cavaliere oscuro" di Cristopher Nolan, dove era il temibile "Due facce") nel ruolo invece di un Frankenstein alla "MTV" risulta soltanto, per dirlo alla Fantozzi, "una cagata pazzesca".


SPERO DI AVER STIMOLATO COME AL SOLITO IL VOSTRO INTERESSE E LA VOSTRA CURIOSITA', RISPETTO A UN GENERE UN PO' SNOBBATO ED ETICHETTATO COME "COMMERCIALE" COME I FILM HORROR... FILM CHE INVECE HANNO SEGNATO LA STORIA DEL CINEMA, NATA APPUNTO NEL 1908 CON IL FILM MUTO "DR.JEKILL E MR.HYDE" PER POI PROSEGUIRE BRILLANTEMENTE CON IL "DRACULA" DI BELA LUGOSI O IL "FRANKENSTEIN" DI BORIS KARLOFF, PER CITARE SOLO ALCUNI TRA I PIU' ILLUSTRI E FAMOSI MOSTRI PAUROSI CHE SIANO MAI APPARSI SULLO SCHERMO. BUONA VISIONE A TUTTI... E PRIMA DI ANDARE A DORMIRE GUARDATE BENE SOTTO AL VOSTRO LETTO!!

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Articolo pubblicato il 28/08/2016