Ritratto d'attore - Sean Connery (prima parte)

L'agente 007 per eccellenza, leggenda vivente del cinema, l'attore scozzese più conosciuto al mondo. Vediamo alcune delle sue interpretazioni più note

Pochi attori europei hanno conosciuto una gloria universale e sempiterna come quella di Sean Connery, icona intramontabile la cui lunga filmografia conta molti personaggi rimasti nell'immaginario collettivo e la cui immagine cinematografica non ha fatto altro che migliorare con le decadi.

"Ci sono solo sette autentiche star del cinema al mondo, e Sean è una di queste"; parola di Steven Spielberg, uno dei molti registi di prestigio che l'hanno diretto in cinquant'anni di carriera, decollata indubbiamente con l'incarnazione dell'agente 007 di Ian Fleming, a cui l'attore ha però intelligentemente fatto seguire apparizioni eterogenee in film di Sidney Lumet, Alfred Hitchcock, John Huston, Terry Gilliam e altri ancora.

Nato Thomas Sean Connery il 25 agosto del 1930 nei sobborghi di Edimburgo da un'umile famiglia, passato per un'infinità di lavori modesti e qualche anno nella marina britannica, la passione per il bodybuilding lo porterà a posare come modello all'Edinburgh Art College, per poi approdare a teatro e al grande e piccolo schermo, inizialmente in piccole parti in linea con la sua fisicità atletica e scolpita.

Il primo ruolo di rilievo arriva nel 1958 in Estasi d'amore - Operazione love di Lewis Allen, dove Connery è co-protagonista di Lana Turner nei panni di un corrispondente di guerra che ha una relazione con una collega, prima di essere ucciso in un incidente aereo; un'apparizione piuttosto breve, ma consacrata dalla presenza di Connery sulla locandina insieme alla Turner. Un aneddoto curioso: durante la lavorazione del film piombò sul set il gangster Johnny Stompanato, allora fidanzato di Lana Turner, il quale minacciò Connery con una pistola, credendo avesse una relazione con l'attrice; l'uomo rispose alla minaccia strappando tranquillamente di mano la pistola al malvivente e torcendogli il polso, facendolo fuggire. Questo episodio è illuminante poiché lascia intravedere la calma e la tenacia granitica (squisitamente scozzesi) che accompagneranno molti dei suoi virili personaggi, Bond in primis.

Mai uscito nelle sale italiane (ma trasmesso dalla televisione trent'anni dopo), il favolistico Darby O'Gill e il re dei folletti, girato nel 1959, rappresenta un'inaspettata, quanto curiosa apparizione di Connery in un film della Disney. Protagonista l'anziano Darby, custode di una grande magione nell'Irlanda dell'Ottocento che sta per cedere il posto al giovane Michael (Connery), il quale aiuterà l'uomo in una serie di avventure con i leprecani, i folletti della tradizione irlandese. Nonostante il film non sia stato uno dei suoi maggiori successi, né l'attore abbia ricevuto commenti gentili da parte della critica, questo piccolo divertissement fa sorridere e soddisfa anche il più curioso dei suoi ammiratori.

Dopo altri ruoli minori in produzioni britanniche, arriva la grande svolta nel 1962, quando i produttori Harry Saltzamn e Albert Broccoli lo scelgono per interpretare James Bond nel primo film della serie, Agente 007 - Licenza di uccidere, per la regia di Terence Young. Inizialmente vagliati diversi nomi di attori noti, la scelta ricadde poi sullo scozzese, all'epoca quasi sconosciuto, dietro suggerimento della moglie di Saltzman che notò Connery nel film Disney. Girato con un budget limitato, il film ebbe un enorme successo, portando Connery alla fama mondiale. Tutti i tratti distintivi del carismatico agente segreto appaiono in questo primo, mitico capitolo, dove l'entrata in scena del protagonista ha già una valenza anticipatoria: seduto di spalle, vediamo dapprima le mani che armeggiano abilmente con delle carte da gioco, sino all'inquadratura frontale che immortala l'immancabile smoking mentre l'uomo si accende una sigaretta. Questa presentazione ricorda da vicino la grandeur divistica di apparizioni cinematografiche entrate nella leggenda (come quella del Rick di Humphrey Bogart in Casablanca), sancendo così, a pochi minuti dall'inizio del film, lo status di icona del personaggio e quello di star dell'attore.

Molti pareri sono concordi nell'individuare in Sean Connery il miglior Bond di sempre (e chi scrive si trova assolutamente d'accordo); dopo Licenza di uccidere, l'attore vestirà i panni dell'agente 007 in altri sei capitoli tratti dai romanzi di Ian Fleming: A 007, dalla Russia con amore (1963), Agente 007 - Missione Goldfinger (1964), Agente 007 - Thunderball (Operazione tuono) (1965), Agente 007 - Si vive solo due volte (1967, dopo un fallimentare episodio con George Lazenby), Agente 007 - Una cascata di diamanti (1971) e infine, a distanza di più di vent'anni dal primo, il remake non ufficiale di Thunderball Mai dire mai (1983), per girare il quale riceve la cifra record di cinque milioni di dollari - peraltro Connery fu il primo attore a ottenere un compenso di un milione di dollari per film, per Una cascata di diamanti.

Affascinante, carismatico, ironico, irresistibile per le donne e letale con i nemici, il Bond di Connery, aiutato dal fisico scultoreo e una certa rude eleganza, è diventato ben presto un'icona cinematografica, i cui gadget tecnologici, abiti elegantissimi e lunga lista di ammalianti "Bond girls" saranno elementi comuni a tutte le successive incarnazioni, le quali però non raggiungeranno mai gli apici dell'attore scozzese. Addirittura, la sua interpretazione piace a tal punto a Fleming che lo scrittore, nei romanzi su Bond scritti successivamente, attribuisce al suo personaggio origini scozzesi.

E proprio il suo essere scozzese è l'elemento più peculiare e originale della sua recitazione; Connery, infatti, è sempre stato orgoglioso delle proprie radici e si è schierato molte volte in favore dell'indipendenza della Scozia, sostenendo il Partito Nazionale Scozzese e professando in molteplici occasioni il suo amore per il paese. Tanto da non mascherare mai il proprio forte accento scozzese, udibile e riconoscibile per chiunque abbia voglia di vedere un suo film non doppiato; se questa scelta può lasciare perplessi gli accaniti sostenitori del metodo (secondo il quale un attore deve immedesimarsi completamente, diventare il personaggio che interpreta), nulla toglie al suo talento versatile, anzi, aggiunge una particolarità del tutto inusuale perfettamente aderente alla sua identità. Nel 2008 è uscita una sua autobiografia intitolata Being a Scot (“essere un scozzese”).

Volendo evitare di vedere associata eternamente la sua carriera e la sua immagine attoriale con il personaggio dell'agente segreto, Connery inizia fin dalla metà degli anni Sessanta ad accettare altri ruoli; le sue successive partecipazioni saranno molto diversificate, in produzioni di diversi paesi, e andranno dai film drammatici d'autore, passando per pellicole d'avventura e gialli, ai film di guerra e ai blockbuster hollywoodiani, molti di questi interpretati da protagonista assoluto.

Vediamo i più importanti.

Nel 1964 è nel thriller psicologico Marnie di Alfred Hitchcock, dove interpreta un ricco industriale innamorato di una cleptomane dal passato misterioso (Tippi Hedren). Connery desiderava da tempo lavorare con il maestro del thriller, ma lascia tutti a bocca aperta quando chiede di voler vedere la sceneggiatura prima di accettare la parte; alla replica dell'agente di Hitch che nemmeno Cary Grant aveva avuto pretese simili, l'attore rispose: " Io non sono Cary Grant". Un film morboso e molto psicoanalitico, in cui Connery è fascinoso quanto disturbante in ruolo dalla personalità impenetrabile, recitato con fermezza ed energia.

Particolarmente proficua è la sua collaborazione con Sidney Lumet, regista statunitense noto per dirigere con sapienza grandi star. Il primo di cinque film che li vede lavorare insieme è La collina del disonore, datato 1965, ambientato in un campo di prigionia britannico in Nordafrica nella seconda guerra mondiale. Girato in Spagna a temperature torride, il film vede i cinque principali personaggi, tra cui quello di Connery, rei di insubordinazione o disertori, subire le torture di un ufficiale; Connery accetta il ruolo perché segna un drastico cambiamento dall'eleganza di Bond, lasciandosi plasmare da Lumet, il quale, entusiasta, dice dell'attore: "E' vero e brutale, per niente calmo o gradevole. In un certo senso è pesante, ma così è l'esercito".

I due torneranno a collaborare nel 1971 per Rapina record a New York, dove Connery è un affascinante scassinatore, e nel 1973 per Riflessi in uno specchio scuro, che vede l'attore nel ruolo di un sergente di polizia ossessionato dagli orribili crimini che ha visto nella sua carriera e che perde la testa uccidendo un sospetto stupratore (interpretato dal connazionale Ian Bannen, con il quale Connery reciterà in diverse altre occasioni); un'ottima interpretazione dal profondo scavo psicologico, coraggiosa per la natura del personaggio, se pensiamo che è stata una scelta di Connery, il quale aveva a disposizione due film finanziati dalla United Artists, che l'aveva appena convinto a tornare nei panni di Bond per Una cascata di diamanti.

Ancora, il sodalizio con Lumet continuerà nel 1974 in Assassinio sull'Orient Express, film corale con un cast di star tratto da Agatha Christie, e nel 1989 per Sono affari di famiglia, commedia su una famiglia di ladri, in cui Connery interpreta il padre di Dustin Hoffman, pur essendo più anziano di soli sette anni.

 

Fine prima parte


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Articolo pubblicato il 07/09/2016