The dark side of Internet

Fino a che punto siamo disposti a far parte di una tecnologia che tiene traccia in maniera indelebile dei nostri comportamenti spesso con risultati inquietanti?

In pochi anni Internet è diventato una parte costante della nostra vita. In un lasso di tempo davvero breve il World Wide Web è entrato prepotentemente nelle nostre esistenze.

Per mezzo della via telematica ora possiamo pagare le bollette, comprare, ricevere stipendi, lavorare e tante altre cose ancora. Si è creato una vera e propria dimensione virtuale parallela che viaggia di pari passo con le nostre vite reali.

Poi la tecnologia, con i suoi passi da gigante, ci ha permesso di avere Internet in tasca sempre a disposizione per mezzo degli smartphone e dei tablet.

Tutte tecnologie che, nel loro intento primordiale, avrebbero dovuto renderci liberi e in grado di far diventare le nostre esistenze qualcosa di assolutamente semplice e immediato.

In un certo qual modo questo è avvenuto, ma come in tutte le cose vi è anche il rovescio della medaglia. Il lato oscuro di una cosa partita con le migliori delle intenzioni.

In pochi anni hanno fatto la loro comparsa i social network, principalmente nati come versione rivista e corretta di quegli elenchi con fotografie che gli studenti delle università americane utilizzano per socializzare tra loro.

Intuite in seguite le potenzialità che un progetto come Facebook poteva avere sulla popolazione mondiale, il fenomeno è diventato tale in pochissimi anni.

Ecco quindi che neologismi come taggare, postare, linkare e tanti altri hanno trovato posto nel moderno vocabolario che la nostra società ha voluto inserire a tutti gli effetti.

Ma ben presto, da utile strumento atto a socializzare o a raggiungere parenti ed amici che vivono a diversi chilometri da noi, i social network hanno cambiato aspetto. Così come Internet.

Proprio in rete e sui social è facile cadere vittime di quel triste fenomeno che negli ultimi tempi viene definito cyberbullismo.

Mentre nella vita reale è abbastanza semplice reagire a chi ti tormenta, decisamente più difficile risulta contenere i danni che questo tipo di comportamento può avere. In un mondo virtuale che non ha più confine come l'Internet le conseguenze possono essere devastanti.

E' notizia di qualche giorno fa della morte di Tiziana Cantone, ragazza diventata un fenomeno virale sul Web per via di alcuni video hard che la immortalavano in scene di sesso esplicito.

Questi video, inviati dalla stessa ragazza ad alcune persone conosciute proprio per mezzo dei social, hanno iniziato in breve tempo a fare il giro del web venendo condivisi con una diffusione talmente veloce ed irrefrenabile da farli finire anche su siti porno.

Il tutto ha avuto delle ripercussioni non indifferenti sulla vita privata della ragazza, la quale veniva riconosciuta per strada e derisa se non alle volte anche pesantemente insultata.

Per cercare di riappropriarsi della propria vita la ragazza partenopea aveva chiesto ed ottenuto dal tribunale di Aversa la rimozione dei video che la vedevano protagonista dalla maggior parte dei siti a luci rosse dove erano stato caricati.

Aveva anche richiesto di cambiare nome, sempre per cercare di tornare ad avere una vita normale.

Ma tutta questa vicenda le si è ritorta contro come un boomerang, facendole decidere di porre fine alla sua vita impiccandosi con un foulard nello scantinato dell'abitazione dove da alcuni mesi viveva con la madre.

Come da italica tradizione tutti ad analizzare la situazione e tutti pronti a tirare fuori ipocrisia spicciola con la quale si compatisce la situazione della ragazza e la dimensione del suo gesto estremo.

I talk show (che, ricordo, hanno già scordato il terremoto di Amatrice e la violenza mediatica che hanno perpetrato alle persone che hanno vissuto quell'inferno) si lanciano quindi nell'analisi della vicenda con le "autorevoli" opinioni dei tuttologi che danno le loro impressioni e che si mostrano alle telecamere con l'espressione contrita per non deludere il politicamente corretto che tanto si ostina a voler continuare ad andare di moda.

Di certo il caso di Tiziana Cantone, per quanto tragico possa essere nella risonanza mediatica che ha assunto in questi giorni, non è l'unico. Chissà quanti casi di bullismo o cyberbullismo ci sono nel preciso istante nel quale sto scrivendo e che eppure non hanno l'attenzione che meritano.

Il problema è che Internet è un posto molto più pericoloso di quanti si pensi.

In un luogo in cui si può trovare e fare di tutto era solo questone di tempo affinchè un esercito di persone represse dalle dita tozze si permettesse di giudicare una persona perchè ha i capelli rossi anzichè neri o perchè ha qualche chilo in più al posto di addominali scolpiti.

Oramai tutto viaggia freneticamente e viene condiviso alla velocità di un mi piace o di un tweet.

Ed è inutile affermare che bisogna educare i più giovani ad un uso più consapevole della rete. Perchè esattamente come l'educazione, tutto parte dal nucleo primordiale della nostra società, ovvero la famiglia.

Tiziana Cantone è stata uccisa dall'ignoranza di molte persone che magari prima hanno visto con edonistico piacere i video che la vedevano protagonista, additandola come una poco di buono.

Salvo poi indignarsi per la morte di una ragazza che ha di certo agito con leggerezza, ma che la Rete ha contribuito a portare nelle trame più oscure della sua storia.

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Articolo pubblicato il 18/09/2016