Film per le feste: il giro del mondo in 8 film

Dall'Europa all'America fino al lontano Oriente, un filotto vincente di film per tutti i gusti

Per gli ultimi articoli a ridosso delle feste tra il 2016 e il 2017, cambiamo un pò la solita forma e decidiamo di consigliarvi una sfilza di 8 film divisi per la loro nazione di produzione.

Un piccolo tour mondiale che ci mostra in piccolo alcune delle differenze tra i vari registi sparpagliati per il globo, divisi da diverse mentalità e logiche produttive e di realizzazione artistiche, ma tutti uniti dalla voglia e il bisogno di aver qualcosa da dire attraverso il mezzo cinematografico.

Ma bando alle ciance e entriamo subito nel vivo dell'articolo con il primo film consigliato, ovviamente (e ruffianamente) di produzione e realizzazione italiana.


7 MINUTI - Regia di Michele Placido - ITALIA
Attore di fama da oltre 50 anni e regista da oltre 30, Michele Placido è uno di quei punti fermi del nostro cinema in grado di portare sempre ottime interpretazioni nei suoi personaggi e storie mai banali nei film da lui diretti.

In questo caso, parlando di una vicenda più che mai attuale come oggi, il film (ispirato ad una vicenda realmente avvenuta) ci parla di un'azienda sull'orlo di essere ceduta ad una proprietà francese e del fatidico giorno per 11 donne del sindacato, delegate a rappresentare le operaie nelle trattative per il nuovo contratto.

Nuovo contratto che sembrerebbe a prima vista una manna dal cielo, di fronte alla prospettiva iniziale della chiusura totale dello stabilimento, non fosse per la richiesta apparentemente innocua dei nuovi proprietari di tagliare 7 minuti di pausa dalle giornate delle operaie.

Ma sono soltanto 7 minuti a cui stanno rinunciando oppure dietro si nasconde la lenta erosione dei diritti dei lavoratori? Diritti che la nuova logica del mercato e della crisi vorrebbero spazzare via un pezzetto alla volta, 7 minuti alla volta... minuti che però (come ragionano le protagoniste) moltiplicati per tutte le operaie diventano centinaia di ore gratuite e soldi guadagnati senza alcun tipo di sforzo o concessione dalla nuova proprietà.

Ottima la regia, diretta e semplice senza però tralasciare un ottimo gusto nello stile fotografico e di montaggio; regia tutta votata e incentrata sulle donne protagoniste di questo film, divise nei più disparati clichè della donna disabile, la donna di colore, l'albanese e la napoletana irritante, così come poi la giovane e ingenua neo-assunta contro la delegata sindacale dalla pelle dura che lavora in fabbrica da 40 anni.

Clichè però portati sullo schermo in modo tutt'altro che banale dalle 11 attrici, su cui tra tutte spiccano la bravissima Ottavia Piccolo (nel ruolo della delegata più anziana di cui sopra) e incredibilmente una altrettanto matura Ambra Angiolini, ex stellina ballonzolante di "Non è la RAI" qui invece credibilissima nel ruolo della sboccata e insensibile operaia disillusa, in lotta contro tutto e tutti, sia il padrone dello stabilimento che tutte le sue colleghe messe assieme.

Un ottimo film italiano che parla dell'Italia e non solo, visto che quando si parla di operai siamo tutti fratelli e sorelle in tutto il mondo.


JULIETA - Regia di Pedro Almodóvar - SPAGNA
Uno di quei registi di cui ahimè forse chi vi scrive ha parlato fin troppo poco, indubbiamente uno dei più geniali e ironici della sua generazione, capace di raccontare storie con grande stile e di ampio respiro pur rimanendo vicino alle tematiche più comuni e semplici della gente qualunque come l'amore, il sesso, il lavoro e la famiglia.

Dopo il suo esperimento semi-horror "La pelle che abito", con Antonio Banderas che trasformava chirurgicamente in donna lo stupratore di sua figlia, e dopo la divertente commedia ad alta quota "Gli amanti passeggeri", dove ci racconta vizi, virtù e i piccanti peccatucci della ciurma e i passeggeri in attesa di atterrare all'aeroporto di Toledo; quest'anno torna al cinema con una storia drammatica di dolore e incomprensione familiare.

La protagonista Emma Suárez è una vecchia madre che da tempo non pensa più alla sua ormai lontana figlia, quando per caso viene a sapere dove abita e che inoltre quest'ultima ha da poco avuto una bambina.

Quella che parte come una storia semplice è in realtà solo l'innesco che serve ad Almodóvar per riaprire le vecchie cicatrici delle due donne e parlarci della loro vita.

Un infanzia disagiata e una madre disattenta che portano la figlia ad odiarla e addirittura ad incolparla della morte del padre, quell'uomo che con così tanta passione aveva scosso la vita della donna e la cui dipartita segnerà la rottura definitiva del rapporto madre-figlia.

Rapporto mai banale per il regista e che infatti tormenterà non solo la vecchia donna ma anche la nuova giovane mamma, in un rischio di ciclicità del destino che forse la condannerà a subire la stessa sorte della odiatissima madre.

Molto brava anche Blanca Parés nel ruolo della complicata figlia, nonchè le attrici Adriana Ugarte e Priscilla Delgado che interpretano nei flashback la più giovane mamma e la figlia bambina.

Bellezze come al solito solari ma anche naturali quelle scelte da Almodóvar, donne piene di luce ma anche terribilmente sensibili e a volte insopportabili nella loro cocciuta determinazione, ma se venissero meno a questo concetto non sarebbero più le donne di Almodóvar.


ELLE - Regia di Paul Verhoeven - Co-Produzione FRANCIA, BELGIO e GERMANIA
Dopo essersi lasciato alle spalle la sua "fase americana" con divertentissimi blockbuster di successo come "Robocop" o "Atto di forza" e soprattutto il sexy thriller "Basic instinct"; l'eclettico regista olandese aveva provato un ritorno alle sue origini con l'interessante thriller drammatico di ambientazione nazista "Black book".

Operazione che gli era riuscita a metà, restando in parte ancorato ai ritmi in crescendo dei film action all'americana, ma che invece riesce perfettamente in questo suo ultimo "Elle", film drammatico ma anche comico in certi suoi eccessi che riporta più ai suoi vecchi successi come i disturbati e disturbanti "Il quarto uomo" e "L'amore e il sangue".

Protagonista assoluta del film è Isabelle Huppert, giovane dirigente di una Software House produttrice di videogames, la quale viene violentata in casa da un misterioso sconosciuto mascherato.

Inizialmente tacendo l'accaduto ai suoi amici, colleghi e parenti, la giovane donna sembra assurdamente quasi "rinvigorita" dall'accaduto e poco o nulla impaurita; finchè un misterioso stalker non comincia a perseguitarla con foto e e-mail piccanti sul suo posto di lavoro.

Un ottimo film psicologicamente disconnesso nel puro stile Verhoeveniano, dove anche la figura di uno stupratore può essere ridicolizzata come una macchietta... o il personaggio di un videogames.

Ottima l'interpretazione della Huppert e di tutto l'ecosistema "famiglia/lavoro" che le ruota accanto in generale, dall'ex marito al vicino di casa fascinoso al figlio problematico e la madre con il solito, irrinunciabile, rapporto difficile di amore e odio mai completamente risolto.

Insomma un ottimo ritorno finalmente ad una regia più "europea" da parte di Verhoeven, promosso a pieni voti.


RIPHAGEN - Regia di Pieter Kuijpers - PAESI BASSI
Ispirato alla reale vicenda dell'ufficiale olandese Dries Riphagen, conosciuto come "il peggior criminale di guerra di Amsterdam" e responsabile di innumerevoli deportazioni di ebrei durante l'occupazione tedesca.

L'uomo era impiegato presso l'Ufficio Centrale per l'Emigrazione Ebrei ed era così in una posizione privilegiata per ottenere informazioni su come e dove si nascondessero gli ebrei e i gruppi della resistenza nella città.

Informazioni che Riphagen usò inizialmente ingannando gli stessi ebrei, fingendo di dargli asilo e protezione, per poi rivenderli a prezzo maggiorato alle SS che li cacciavano e perseguitavano per tutta l'Europa.

Un lurido sfruttatore e aguzzino che però ebbe l'abilita' e l'intelligenza di non riuscire a farsi mai catturare dopo la guerra, incredibilmente assistito anche dalla fortuna in certe situazioni più stringenti che lo salvarono dal cappio e i processi ai criminali di guerra che imperversarono lungo tutto l'Europa, con gli ex-cacciatori di ebrei cacciati a loro volta dai servizi segreti inglesi, americani e israeliani.

Ottima la regia di Kuijpers, specie nella prima metà di film dove è più statica e calma, per poi diventare (forse inevitabilmente) un pò più confusionaria nel montaggio nella seconda parte fino all'epilogo finale con la caccia senza tregua al giovane Riphagen.

Un Riphagen interpretato ottimamente dall'attore Jeroen van Koningsbrugge, che riesce a portare sullo schermo sia la sua vigoria fisica che l'intelligenza subdola con cui raggirava le sue vittime, fingendo un'empatia e simpatia in modo altrettanto spontaneo e credibile per lo spettatore, quasi convinto anch'esso dalle parole del truffatore.

Un piccolo film che porta giustamente un pò di luce su uno dei personaggi più squallidi e meno conosciuti della Seconda Guerra, uno di quelli che dal nazismo e dal fascismo hanno tratto un profitto smisurato a discapito dei gruppi etnici più oppressi e maltrattati.


EMBERS - Regia di Claire Carré - POLONIA
Interessantissimo film polacco diretto da un regista donna, che ricalca molto in partenza la storia alla base di MEMENTO di Christopher Nolan.

Dove però nel film di Nolan era solo il protagonista vittima di un trauma cerebrale che non riusciva a ricordare nulla per più di pochi minuti, in questo "Embers" il mondo intero invece è vittima di questa epidemia neurologica per cui chi ne è affetto vede la propria memoria azzerata ogni volta che si addormenta.

Nella morfologia di un nuovo mondo siffatto, la regista riesce a inserire una serie di personaggi ottimamente amalgamati anche se ognuno con una storia a sè stante, personaggi che si incrociano senza averne memoria per una storia che comunque continua a svilupparsi e cambiare, pur restando fondamentalmente la stessa fino alla conclusione.

Abbiamo così la giovane ragazza che vive in un bunker col padre, immuni alla malattia perchè rinchiusi, insofferente alla costrizione forzata di quella prigionia e che vorrebbe uscire all'aperto pur rischiando di contagiarsi a sua volta e vagabondare ignara dei suoi ricordi come il resto dell'umanita'.

In giro per questo mondo c'è poi un bambino che vaga senza meta passando da un "padre putativo" all'altro, persone generose che vorrebbero aiutarlo e prendersi cura di lui, ma finiscono col dimenticarsene e abbandonarlo ogni volta.

C'è poi la coppia di innamorati che vuole rimanere assieme a tutti i costi, riuscendo miracolosamente a innamorarsi ogni giorno che si risvegliano assieme pur avendo dimenticato la loro storia.

E infine da tradizione c'è lo psicopatico di turno, a volte vittima e a volte carnefice, che miete omicidi ed aggressioni lungo la scia del suo cammino senza averne minimamente la colpa o il ricordo, ma ripetendo l'atto solo per il suo gusto alla violenza e il suo istinto di predatore nato.

Un film poverissimo, costruito in poche scarne location con una mezza dozzina di attori e altrettante comparse, forse un pò lacunoso (specie nel finale) su alcuni intrecci narrativi, ma senz'altro suggestivo e ben riuscito in quanto a climax ed atmosfera.


LA RICOSTRUZIONE DI WILLIAM ZERO - Regia di Dan Bush - USA
Arrivando finalmente nel nuovo continente, eccovi uno dei film più interessanti e che parla di un tema tanto caro agli appassionati di fantascienza.

Se da un lato abbiamo avuto una (buona) esplosione di film come "EX-Machina", "Eva" o "Automata" che affrontano il tema di quanto umana è l'intelligenza artificiale, dall'altro lato lo stesso dilemma e interrogativo può essere applicato all'industria dei "cloni".

Che diritto ha un clone? E' un essere vivente oppure un "prodotto" con tanto di codice seriale posseduto tramite un copyright da qualche multinazionale?

Questa la domanda che si trova ad affrontare il brillante scienziato genetista William Zero, quando un suo esperimento condotto "privatamente" tra le mura di casa sua comincia a pretendere la sua libertà e indipendenza.

Già assillato di problemi sul lavoro e con la ex moglie, lo scienziato dovrà sudare sette camicie per nascondere le sue malefatte, ingannando tutti tra colleghi e amici e dimostrando, forse, di valere eticamente molto meno del suo stesso clone, innocente e senza colpe della sua esistenza clandestina.

Un bel film con un ottima linea narrativa di cui non vi spoilero il finale, molto ingegnoso a dire il vero, interpretato principalmente da Conal Byrne, ottimo attore che se la cava da solo... anzi col suo clone sullo schermo per la maggior parte della storia.

Una storia che tratta dei temi non banali, già sorti ai tempi di "Jurassic park" (più il libro che il film) il quale ci poneva davanti al dilemma della "meraviglia" di portare in vita delle creature tramite la clonazione e al diritto concesso o meno all'esistenza e la libertà degli stessi.


TERRA FORMARS - Regia di Takashi Miike - GIAPPONE
Approdiamo quindi in oriente con due specialisti del cinema contemporaneo, dei quali il primo è indubbiamente Takashi Miike.

Regista di quasi 100 film in appena 25 anni di carriera, Miike è approdato al grande pubblico solo ultimamente grazie al suo "13 assassini", riprosizione di gran classe della nota vicenda dei Ronin traditi in cerca di vendetta contro lo squilibrato politicante di turno.

Molti dei suoi film antecedenti, come "Ichi the killer" o "Visitor Q" per dirne alcuni, pur essendo anche migliori non sono forse molto "vendibili" per le loro tematiche forti e scelte morali sul bigotto e limitato mercato occidentale, fatto per lo più di super-eroi in calzamaglia o super-agenti in caccia dello spietato terrorista di turno.

Così accade anche per questo "Terra formars", ispirato a un manga omonimo di cui Miike ci propone solo il primo volume in questo film.

La storia narra di una spedizione lanciata su Marte per renderla vivibile ("terra-formarla" appunto) tramite delle alghe che dovrebbero ripulire l'atmosfera e diventare successivamente fonte di nutrimento.

Ma ovviamente qualcosa va storto e dalla Terra si perde ogni contatto con la colonia estrema, mandando così una squadra di soccorso a verificare l'accaduto sul luogo.

Da un lato quindi il film può ricordare "Starship troopers" per le epiche battaglie con gli alieni, dirette con maestria e saggezza dall'esperienza maturata dal regista nel genere action; dall'altro invece il rimando più chiaro al manga originale sta nei "super-poteri" dei protagonisti.

Super-poteri che essi ottengono iniettandosi un siero speciale e dal quale non mancano gli effetti secondari, effetti che poi avranno peso anche lungo lo svolgimento della trama.

Un ottimo e insolito film di fantascienza per un regista il cui curriculum parla da solo. Da vedere, punto e a capo senza appello.


THREE - Regia di Johnnie To - CINA
Altro regista a dir poco prolifico è poi il cinese Johnnie To, regista di oltre 70 film (per la tv o per il cinema) di gran classe che quest'anno ci porta di nuovo ad Hong Kong col suo ultimo poliziesco al fulmicotone.

Una storia serrata che si svolge tutta dentro un ospedale, dove in una giornata qualsiasi irrompono all'improvviso uno stuolo di poliziotti con criminale ferito al seguito.

Criminale che pur di non farsi catturare si è sparato in testa da solo e che ora vuole trarre il massimo vantaggio dalla situazione per squagliarsela, anche se questo vuol dire rischiare la vita per la ferita gravissima che si è auto-inflitto.

Un film coi soliti tempi impeccabili del regista cinese, la solita maniacale cura per i suoi piano sequenza alternati a sequenze dal montaggio frenetico per i momenti più concitati della vicenda.

Una storia divisa (come da titolo) tra tre personaggi, moralmente ambigui e costretti a scelte definitive senza ritorno: una dottoressa coi complessi di colpa, un poliziotto corrotto in vena di seppellire le sue malefatte e il suddetto criminale che invece cerca, molto più semplicemente, solamente di farla franca e svignarsela dall'ospedale.

Forse non il top del regista come "Breaking news" o il più recente "Drug war", ma comunque un poliziesco serrato e coinvolgente di quelli che purtroppo in Italia ce li sognamo solamente, essendo ormai lontani per noi i tempi del mitico "Cani da rapina" di Baviana memoria.

Insomma un'altra chicca da non perdere per uno dei maestri del poliziesco moderno, assolutamente da recuperare.


AUGURANDOVI UN BUON NATALE ASSIEME AD AMICI E PARENTI E CANI E SERPENTI, VI RIMANDO ALLA PROSSIMA SETTIMANA QUANDO SAREMO FINALMENTE NEL 2017 PER LA SECONDA PARTE DI QUESTO ARTICOLO, DIVISA IN "GENERI CINEMATOGRAFICI" ANZICHE' NAZIONI DI PRODUZIONE. SPERO COME AL SOLITO DI AVERVI CONSIGLIATO BENE, IN OGNI CASO SCRIVETEMI PURE NELLA ZONA DI COMMENTI SOTTOSTANTE SE SIETE O MENO D'ACCORDO O AVETE ALTRI TITOLI DA SUGGERIRMI SULLL'ARGOMENTO. ANCORA UNA VOLTA, UN SALUTO E UN ABBRACCIO E UNA BUONA CONCLUSIONE DI 2016 A TUTTI VOI!!

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Articolo pubblicato il 25/12/2016