Automobili Fiat che hanno tracciato la strada. La Campagnola.
La Campagnola militare mod. AR59

In un momento in cui il gruppo FCA è sempre più lontano da Torino, omaggio a uno dei modelli più longevi del marchio e riflessioni sull'andare dei tempi.

Oggi lo stabilimento Fiat di Mirafiori si presenta come un triste e silenzioso teatro vuoto, dove all'interno si sono rappresentate alcune delle più celebri opere che hanno reso famosa nel mondo la città di Torino.

Molte cose sono cambiate con il mercato globale, ma questo, l'avvocato Giovanni Agnelli lo aveva previsto negli anni 80, grande intenditore della realtà di questo mondo. In un'intervista con Enzo Biagi, Agnelli già aveva anticipato le fusioni con altri gruppi industriali, formando una joint-venture con la GM ufficializzata nel 2000, preceduta da un accordo con la Suzuki nel ‘91.  

Per questo, oggi il gruppo FCA sarebbe visto di buon occhio da un uomo che è stato ambasciatore mondiale non solo della città, ma Mirafiori avrebbe un volto diverso. 

Innamorato di Torino, difficilmente l'avvocato avrebbe accettato di vedere la sua fabbrica ridotta a meno del 10% della sua forza lavoro, destinata a un futuro incerto a stelle e strisce, e sotto inchiesta. Cronaca recente di un’azienda che ha scritto la storia di Torino nel ‘900 e che a molti, manca, così come certi personaggi di spessore.  

Per non perdere la memoria di ciò che ha accompagnato la storia non solo della città, ma dell'Italia intera, si vuole dare inizio a un omaggio ad alcuni modelli che, per varie ragioni, hanno rappresentato la vitalità di un'azienda e di un Paese che non esiste più.  

In questi tempi di lussuosi SUV 4WD che hanno invaso il mercato e fanno moda nei parcheggi dei supermercati, il primo amarcord va alla "dura e pura" Fiat Campagnola, nata all’inizio degli anni ’50 in seguito alla richiesta del Ministero della difesa di un robusto veicolo da ricognizione superiore alla Jeep. 

Dopo il bando vinto contro l'ottima "Matta" Alfa Romeo, la Campagnola 1101, entrò subito in servizio nell'esercito e nel ‘51 venne presentata la versione civile alla Fiera del Levante di Bari, caratterizzata per l’allestimento meno essenziale nel modello in uniforme.

Il nuovo modello fu presentato con una imponente campagna pubblicitaria che ne enfatizzava le qualità, culminata con l'imbattuto record del raid Algeri - Città del Capo. La prima versione conobbe progressive migliorie indicate dal progredire della sigla e, per i modelli militari, dell'anno (AR51 - Automezzo da Ricognizione modello 1951)  

Per chi ha svolto il servizio militare di leva quando ancora c'era e che forse oggi manca più di quanto si pensi, la Campagnola rimane un'esperienza indelebile. Era un veicolo semplice ma efficace e, in certe condizioni, superiore ad altri modelli stranieri. Nelle esercitazioni Nato (ne rammento una), l’AR59 in caso di condizioni estreme, partiva sempre e non conosceva ostacoli, né di fango né di neve, mettendo in imbarazzo mezzi e uniformi di altre nazioni. 

Il robusto telaio a longheroni e il collaudato motore da 1901 cm³ derivato dalla Fiat 1900, avevano originato un inarrestabile mulo tuttofare. Affidabile e robusta, la Campagnola aveva moderne sospensioni indipendenti all'anteriore ed essenziali balestre al posteriore, mentre le quattro ruote motrici potevano essere innestate solo con le marce ridotte. Il modello militare, grazie al solido piano di carico.poteva reggere un pezzo fisso controcarro da 106 mm SR ed era il trattore del corpo degli Alpini, capace di agganciare un obice da 105 mm e trasportarlo sulle più impervie mulattiere delle Alpi.

L'acquisto del modello civile era penalizzato dal costo elevato e dal consumo di benzina, spesso inferiore agli 8 km/l. Nel ’53 venne perciò proposta una Campagnola diesel con un motore da 40 HP. Il propulsore, ricavato con poche modifiche alla testa di quello a benzina garantiva percorrenze di ben 15 km per litro e di toccare 90 km/h di velocità, sufficienti a renderlo appetibile per numerosi impegni di fatica.

Nel 1974 la Campagnola è stata sottoposta a una consistente evoluzione, con l'adozione di un moderno motore di 2000 cm³ da 80 cavalli, in grado di spingere la nuova AR76 ad oltre 120 km orari, interessata anche da un nuovo disegno della carrozzeria, conservando l’affidabilità del primo modello e accentuando la formidabile efficacia nel fuoristrada.

Anche la seconda generazione fu proposta nelle versioni civile e militare, seguite nel 79 da una serie a gasolio di 2500 cm³ e 72 CV. Vetture solide e di successo. Ancora oggi, non è raro incontrarne in località rurali e di montagna.

Durante una carriera durata quasi mezzo secolo, la prima Fiat Campagnola e la Nuova Campagnola hanno servito i colori dell’Esercito, dei Carabinieri, della Polizia, della Guardia di Finanza, della Guardia Forestale, dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile, e alcuni esemplari continuano a farlo.

Per le sue caratteristiche, la Fiat Campagnola, sia per uso privato che militare, è stata una macchina molto apprezzata anche all’estero. Nel 2008 il nome Campagnola è ritornato per un nuovo fuoristrada essenziale prodotto in Spagna e destinato ai mercati esteri, l’IVECO Massif. Una macchina valida, ma anacronistica, prodotta in un numero limitato di esemplari.

Questo dunque il tributo a un automezzo che, nato dalla rapida ricostruzione di una Fiat bombardata e distrutta durante la guerra, ha assistito alla rinascita del Paese, è stato protagonista di molte delle sue vicissitudini e per mezzo secolo ha fatto onore all'acronimo Fiat: Fabbrica Italiana Automobili Torino, e al suo geniale significato se tradotto dal latino.

Onore al pubblicitario di allora, disonore a quella scritta che non c'è più. È triste, venendo da corso Traiano, la visione sullo sfondo della grande fabbrica desolata e spoglia. Quello che non riuscirono a fare le fortezze volanti dal ‘42 al ‘45, lo hanno fatto una sinergia di eventi: dalla scomparsa dei pilastri di casa Agnelli alla burocrazia, a una politica lontana dalle emergenze del Paese, all'esasperazione delle lotte sindacali, a certe scelte di un capitalismo dal portafoglio senza più campanile, fino al mercato del nuovo millennio, quello pronosticato dall'avvocato.


 Fiat Mirafiori dopo i bombardamenti del 44 - museo Torino

Cause ed effetti che hanno diroccato il tessuto produttivo di Torino più dei grappoli di bombe dei B17. La differenza sorprendente è che le distruzioni di allora non fiaccarono il morale della città, che si riprese in fretta. Oggi non fischiano bombe dal cielo, ma c'è più rassegnazione tra la gente di una città che ha trovato nell'arte e nella cultura una nuova, ipotetica immagine ancora tutta da costruire e da diffondere nel mondo, mentre è certamente orfana di una ancor recente certezza di meccanica eccellenza perduta tra le nebbie di un passato che non ritornerà.

E dunque, con questa riflessione termina l'omaggio alla Fiat Campagnola, fuoristrada italiano offerto in un'altra era, senza optional né vernice metallizzata. Ma le recenti manovre americane della FCA, ispirano il ricordo di altre vetture costruite a Mirafiori. Macchine che spesso hanno fatto scuola, che hanno imposto aggiornamenti ad altre aziende e che ci hanno portato a spasso con onestà, gusto ed affidabilità, sarà interessante andarle a cercare in prossimi articoli. 

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Articolo pubblicato il 31/01/2017