The Assignment

Vendetta e thriller a sfondo "transgender" tra Michelle Rodriguez e Sigourney Weaver per la regia del grande maestro action Walter Hill

Walter Hill non è certo un regista che ha bisogno di presentazioni, erede spirituale di Sam Peckinpah e autore di capolavori indimenticati come "I guerrieri della notte", nonostante negli ultimi 10 anni l'unico suo altro film per il cinema, oltre quello che vi presentiamo oggi, sia stato "Jimmy Bobo - Bullet to the Head".

Film che era poi un altro divertente action poliziesco, con una coppia di protagonisti ben assortita tra un poliziotto di origini coreane e un criminale recidivo americano "costretti a collaborare" sulla falsariga delle coppie action/comedy dei suoi "48 ore" o "Danko".


Un action semplice e divertente, con personaggi principali e minori che più duri e autoironici non si può, messo in scena e diretto con mano esperta dal grande Hill, di certo qui non nel suo film migliore ma comunque sempre "oro che cola" per i film action che circolano oggi e che assieme al caciarone "I mercenari" aveva segnato il grande ritorno al cinema blockbuster di Sylvester Stallone.

Prima di allora bisogna infatti tornare al 2002 per parlare di un altro suo film, "Undisputed", sceneggiato sulla falsariga della reale vicenda carceraria di Mike Tyson, condannato a 10 anni di prigione per lo stupro di una reginetta di bellezza.

Alter-ego di "Iron Mike" che era interpretato poi da Ving Rhames, ex boss "Marcellus Wallace" del mitico "Pulp Fiction" di Quentin Tarantino, qui invece nel ruolo del rude e intrattabile campione dei pesi massimi "George 'Iceman' Chambers" che in prigione si ritrova a sfidare Wesley Snipes, altro pugile finito dietro le sbarre agli albori della sua carriera e imbattuto campione dei combattimenti clandestini organizzati dalle guardie.


Un film che ancora una volta si distacca dall'ammasso di storie a sfondo carcerario proprio per la sua regia autoriale, che non sembra affatto tale per la sua limpida "semplicità" di montaggio e messa in scena, di un regista che traspare amore per i classici in ogni inquadratura ma non dimentica neanche di "modernizzarsi" adattandosi ai ritmi più frenetici del cinema di oggi, senza però snaturare la fondamentale natura western e sincopata del suo linguaggio naturale.

Il grande problema di Walter Hill era però stato il film precedente, "Supernova".

Quello che doveva essere il primo film di fantascienza per il regista si è infatti trasformato in una lotta/incubo e braccio di ferro con la produzione, tra sequenze tagliate e tempi per le riprese e budget dimezzati; esasperando il vecchio Hill al punto dal far negare il suo nome perfino nei titoli di coda, firmandosi con lo pseudonimo di "Thomas Lee".

Un vero peccato perchè gli ingredienti per il successo c'erano tutti, una sceneggiatura misteriosa e affascinante, un cast di grandi nomi come James Spader, Angela Bassett e Lou Diamond Phillips; oltre che poi la sapienza regista e fantasia visiva di un grande maestro come Walter Hill.


Un film che comunque, nonostante tutto, a opinione di chi vi scrive rimane comunque un ottimo esempio di fantascienza, seppur palesemente "castrato" in alcuni argomenti o alcune scene un pò troppo velocemente "tirate via" e non approfondite, ma che la sua buona ora e mezza di grande intrattenimento e spettacolo riesce senz'altro a garantirla.

Dopo aver quindi parlato degli ultimi anni meno conosciuti del grande regista americano, tra l'altro anche sceneggiatore o produttore di film di grande successo come la saga di "Alien" o film come "Getaway" e "Prometheus" (prequel di Alien poi), possiamo discutere quindi del film che vi suggeriamo oggi, "The Assignment", probabilmente riproposto nelle sale con il titolo di "Revenge" nei prossimi mesi di questo 2017.


VENDETTA E CONTRO-VENDETTA TRANSGENDER
Partendo da una rinomata dottoressa rinchiusa in un manicomio (una grandiosa Sigourney Weaver) che ci racconta la "sua versione" della storia inframmezzata da alcuni flashback, il film prende subito il decollo con l'omicidio su commissione dell'eccentrico e indebitato perverso fratello della stessa.

Desiderosa di vendicarsi, la donna grazie ai suoi soldi e contatti nella malavita riesce a rintracciare il killer e a farselo consegnare dai suoi stessi datori di lavoro.

Grazie poi alla sua grande abilità di chirurgo, la dottoressa esegue un intervento di genere sul criminale, trasformandolo in una donna, per poi abbandonarlo a sè stesso ancora in fasce in una squallida camera d'albergo.

Risvegliatosi nelle graziose forme di Michelle Rodriguez (che interpreta alla grande anche la sua versione "maschile"), il killer giura quindi vendetta a tutti i responsabili della sua condizione, risalendo in una spirale di omicidi e confessioni dal suo datore di lavoro a tutti i suoi scagnozzi fino alla stessa dottoressa e il suo quartetto malato di guardie del corpo.

Una storia semplice che tratta temi già visti forse, come il cambio di sesso usato come vendetta già presente nel bellissimo "La pelle che abito" di Pedro Almodóvar, la vicenda narrata da una delle protagoniste rinchiuse in manicomio come "Il seme della follia" del grande John Carpenter; non per ultimo poi l'occasione di una nuova vita attraverso la chirurgia estetica come nel mitico "Johnny il bello" del 1989 diretto dallo stesso Walter Hill.


Un film dove la vendetta è molto "femminile" e psicologica, pur non disdegnando una discreta quantità di proiettili e violenza, dove nessuno è innocente o colpevole, ma ognuno è vittima del mondo e il modo in cui ha scelto di vivere e per cui poco vale piangersi addosso per le proprie disgrazie, ma bisogna anzi lottare per non farsi sommergere dagli eventi e trasformare una possibile vendetta in una nuova chance per ricominciare da zero.


UOMINI EFFEMINATI E DONNE CON LE PALLE
Molto più sottile di quello che sembra è il ribaltamento dei ruoli in questo film, dove di solito nel cinema action l'uomo agisce impavido e spavaldo mentre la donna è solo un'estensione "edonistica" dello stesso nel ruolo di damigella da salvare o custode del focolare domestico.

Gli uomini di questo film di Walter Hill sono infatti per lo più dei rammolliti, dai gusti e gli abbigliamenti vagamente femminei, vedi il fratello assassinato interpretato da Adrian Hough così come il boss "Honest John" interpretato da Anthony LaPaglia.


Non da meno poi altrettanto "inferiore" è il personaggio di Tony Shalhoub, nel ruolo dello psichiatra chiamato a valutare mentalmente Sigourney Weaver, continuamente sbeffeggiato e dileggiato dalla stessa per la sua ignoranza e pochezza mentale al suo cospetto.

Una dottoressa desiderosa di vendicarsi ma anche di "sperimentare" sulla sua vittima, quasi sperando in un certo senso che riesca davvero a cambiare vita nel suo nuovo corpo di donna, con un nuovo nome e senza più i vecchi nemici alle calcagna, pur di vedere soddisfatta la sua bravura di chirurgo nonostante il suo stesso desiderio di vendetta.


Altrettanto ambigua nella sua parte poi abbiamo una Michelle Rodriguez divisa tra la violenza innata e acquisita della sua precedente vita di killer infallibile, ma anche curiosa poi per le nuove possibilità offertagli da questa situazione, con un bel gruzzolo di soldi e una nuova identità, un nuovo amore e perfino un nuovo cane con cui ricominciare.

Due donne quindi che potrebbero lasciarsi in pace a vicenda e vivere seranamente la loro "superiorità" sugli uomini senza colpo ferire, se non che per loro come per "il codice dei samurai" la vendetta è la prima cosa in assoluto per appagare l'ego e fare tacere i loro demoni; anche se portarla a compimento vuol dire condannarsi altrettanto alla rovina come le loro vittime.


MODERNO E CLASSICO NEL LINGUAGGIO UNIVERSALE DEL CINEMA
Sapientemente mescolato tra nuovo e moderno, nel taglio delle inquadrature noir che sfumano in vignette fumettistiche, alternando il montaggio parallelo nel racconto della dottoressa e i vari flashback a quello didascalico che funziona con la forza puramente "visiva" delle scene con il killer.

Due modi di raccontare la storia divisi palesemente tra le due protagoniste, completamente verbale e sopra le righe l'interpretazione magistrale della Weaver, mentre estremamente "fisico" ed espressivo quello di Michelle Rodriguez, per lo meno al principio, per poi diventare anch'essa più complessa e sfaccettata grazie al "cambiamento" impostole sopra la sua volontà.


Possiamo quindi gustare tutta la magia del cinema classico nei virtuosismi e le inquadrature studiate ad arte dal regista, nei suoi lenti movimenti di macchina o riprese fisse pronte ad esplodere in una girandola action di montaggio alternato da un momento all'altro.

Cinema classico che non disdegna poi l'uso di effetti speciali modernissimi, come il trucco e le modifiche con cui la Rodriguez interpreta le sequenze da uomo anche in alcune credibilissime scene di nudo.


Un regista quindi che all'alba dei suoi 75 anni dimostra ancora di saper crescere, evolvere ed adattarsi al cinema di oggi; un regista il cui estro creativo e perizia tecnica di livello eccelso fanno un maestro indiscusso del genere action.

Aspettiamo ora di vedere come e quando questo suo film riuscirà ad arrivare anche in Italia, vista la nostra distribuzione che a volte malaugaratamente si lascia sfuggire alcune, troppe, chicche imperdibili dei film meno blasonati o spinti dal marketing.



OGGI HO SCRITTO DAVVERO QUESTO ARTICOLO "CON IL CUORE IN MANO" RIGUARDO UNO DEI MIEI REGISTI PREFERITI IN ASSOLUTO, UN GRANDE MASTRO ARTIGIANO DELLA SETTIMA ARTE A CUI NEL BENE O NEL MALE OGNI REGISTA MODERNO E' DEBITORE DI IDEE DI REGIA, SCENEGGIATURA O MESSA IN SCENA. UN ULTRASETTANTENNE CHE, COME FU PER GEORGE MILLER E IL SUO "FURY ROAD" DUE ANNI FA, DIMOSTRA CHE SI PUO' ANCORA FARE FILM DI UN CERTO LIVELLO GRAZIE ALLA PROPRIA BRAVURA SENZA AFFIDARSI IN TOTO ALLA COMPUTER GRAFICA E ALLA PUBBLICITA' MARTELLANTE.

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Articolo pubblicato il 12/03/2017