
3 film BEST OF nati dalla penna di Stephen King
Dopo aver parlato nello scorso articolo delle ultime trasposizioni cinematografiche dei film di Stephen King, affrontiamo quest'anno invece 3 dei film più riusciti ispirati ai suoi romanzi.
3 film dove non a caso sono i registi a fare la differenza, come al solito, rispetto altre storie pur originali e intriganti ma non fuse a dovere con il mezzo cinematografico.
Parliamo infatti di quel genio inarrestabile di Stanley Kubrick, uno che scolpiva i suoi film nell'immaginifico di tutti come sacre leggi incise nella pietra; il virtuoso e inimitabile Brian De Palma, tra i maggiori esponenti della cosidetta "New Hollywood"; infine poi il "body horror" David Cronenberg, altro cineasta di lungo corso i cui meriti e filmografia parlano da soli.
Autori che per il sottoscritto hanno portato al massimo le atmosfere e lo spirito Kinghiano dalla carta stampata sul grande schermo, elevandosi con poche discussioni al podio imbattuto nello sterminato branco di registi che hanno incrociato la telecamera con le pagine del più prolifico sforna-bestseller di questo ultimo secolo.
Premesso la mia opinabilissima preferenza al riguardo, addentriamoci quindi uno dopo l'altro in questi tre capolavori della storia del cinema a marca King.
SHINING (1980 - Stanley Kubrick)A distanza di quasi quarant'anni, è difficile aggiungere qualcosa che non sia già stato detto o scritto su questo film.
La trama è nota (si spera) a tutti: Jack Nicholson e famigliola vengono assunti come guardiani per la stagione di chiusura dell'Overlook Hotel, elegante albergo isolato tra le nevi dei monti del Colorado.
Come già in passato teatro di macabri omicidi, massacri e fatti di sangue; le impalpabili presenze dell'albergo iniziano a mutare la psiche del padre di famiglia, fino a portarlo sull'orlo della follia e instillargli il desiderio di uccidere la moglie e il figlio piccolo.
Figlio che è poi dotato di un particolare potere psico-veggente, lo "shining" (luccicanza) appunto, che lo rende una vittima ancora più desiderabile per l'austero albergo stregato.
Un horror indimenticabile dove non scorre quasi goccia di sangue, non fosse per il famoso "fiume rosso" in una delle scene più disturbate con la fantastica Shelley Duvall ormai preda anch'essa delle morbose manifestazioni/allucinazioni che infestano l'hotel.
Solida come la roccia la regia di Kubrick, capace di costruire un "luccicante" gioiello di tensione, inquietudine e disagio familiare, pur con lo stile sobrio ed elegante che gli era solito, impeccabile nella fotografia come nella messa in scena od il montaggio; sinistro in ogni scelta dalle corse col triciclo girate in steadycam all'inseguimento nella neve del labirinto di siepi, fino al misterioso fantasma nella vasca della famigerata stanza 237.
Impagabile poi la meravigliosa performance di Nicholson, esasperata dagli innumerevoli ciak cui il regista era solito dirigere ogni scena, capace di deformare un amabile e guascone padre di famiglia in un omicida alcolizzato e ululante armato di accetta, intendo a sfondare la porta dietro la quale si è riparata la moglie, in quella che è ormai una sequenza diventata un'icona horror del mondo del cinema.
Ingiustificabile perdersi un film del genere, cosa che poi vale del resto per ogni altro capitolo della filmografia Kubrickiana.
CARRIE - LO SGUARDO DI SATANA (1976 - Brian De Palma)Pochi anni precedente al capolavoro di Kubrick, avevamo avuto al cinema questo altro storico mattone del mondo horror diretto da Brian De Palma.
Primo vero successo internazionale del grande regista statunitense, ad opinione di chi vi scrive uno dei migliori eredi dello stile e la tecnica di Alfred Hitchcock, senza poi limitarsi a plagiarlo spudoratamente ma anzi facendone propri i pregi e scavandosi una nicchia tutta sua nel genere thriller e horror psicologici.
La storia ci parla appunto della giovane e introversa Carrie White (una fantastica Sissy Spacek), la cui vita è dura sia a scuola tra le compagne insensibili e crudeli; oltre che poi ancora peggio a casa con l'iper-religiosa esaltata madre interpretata da una allucinante Piper Laurie.
Come non bastasse la povera ragazza si trova alle prese con i suoi demoni personali, una capacità telecinetica che si sviluppa nella sua fase adolescenziale (inevitabile il paragone iniziale con le mestruazioni) e che non osa confidare con nessuno.
Un horror di stampo classico, in linea generale, con la giovane oppressa che ha una rivalsa su tutto e tutti nel terrificane e sanguinario ballo di fine anno, sequenza di cinema memorabile che muta nell'arco di pochi secondi da gioiosa e romantica emozione a una strage di una furia incontrollabile.
Rivalsa che però la povera Carrie pagherà a caro prezzo, in un finale atroce e implacabile che De Palma saggiamente "smonta" a posteriori in una ulteriore scena di tensione incredibile poco prima dei titoli di coda, altro esempio di impareggiabile inventiva di questo genio cinematografico.
Inutile sottolineare l'ipnotismo tecnico dietro ogni scena e inquadratura, capace di trasformare un allegro liceo alla "Happy days" in un covo di mostri e vipere rancorose e pronte alla vendetta; come la giovane Nancy Allen e il suo fidanzatino John Travolta scopriranno a loro spese.
Un altro film irripetibile, alla pari del capolavoro di Kubrick di cui sopra, nel meglio del meglio dell'immensa cinematografia ispirata ai romanzi di Stephen King.
LA ZONA MORTA (1984 - David Cronenberg)Arriviamo ora al terzo "pezzo grosso" del cinema di cui parliamo in questo articolo, forse all'apparenza più "normale" dopo aver nominato due colossi come i film di Kubrick e De Palma.
Un film che in effetti sarebbe stato più "normale" se non fosse per il fantastico mestiere di David Cronenberg, capace di elevare fino alle stelle un soggetto forse diverso e meno personale dei suoi horror più "carnali" e psico-patologici come "Videodrome" o il fantascientifico "Scanners", antenato horror dei più moderni "X-Men" e film super-eroistici assortiti.
Altro film la cui trama è risaputa, con il protagonista Christopher Walken vittima di un terribile incidente che lo lascia in coma per anni, se non che poi risvegliandosi si ritrova come "medium" capace di leggere il passato e predire il futuro di ogni persona semplicemente toccandola con la mano.
Tra un gruppo di bambini da salvare e un serial killer da catturare nella solita città Kinghiana di "Castle Rock", l'uomo si trova poi per caso a stringere la mano di un politico (Martin Sheen ai massimi livelli) che scoprirà essere il fautore di una futura apocalisse nucleare, scatenando un terribile conflitto una volta diventato presidente.
Saggiamente compresso il lungo arco narrativo del romanzo, riducendo all'essenziale nell'ora e mezza più spicci di un film che ha tutto quello che serve per essere un cult, un grande protagonista e un grande villain, un regista infallibile in ogni sua scelta capace di unire fantascienza a un gusto nel taglio noir delle riprese senza eguali nel suo genere.
Una storia fatta di personaggi e situazioni glaciali come le stesse location scelte dal regista, sempre al freddo e coperte di ghiaccio e neve, come poi nella scelta dei colori per i costumi le scenografie degli stessi interni, assolutamente senza calore e privi di speranza.
Un Cronenberg che riesce poi a incastonare perfettamente la breve storia d'amore del protagonista, ancora cotto di una donna (Brooke Adams, bravissima anche se si vede pochissimo nella storia) che durante il suo coma si è risposata con figli.
Semplicemente perfetto il montaggio che "vola" da una sequenza all'altra con l'eleganza di un bambino che pattina sul ghiaccio (metafora non casuale) e che segna un'altra tacca memorabile nella lunga scia di film "da vedere" di stampa Kinghiana, creatore di best-seller nel mondo della narrativa così come ispiratore di classici intramontabili nel mondo del cinema.
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Articolo pubblicato il 05/11/2017