Torino. Regie Sinfonie. L’avvio trionfale della dodicesima edizione

I Musici di Santa Pelagia, protagonisti della serata di sabato 4 novembre a Palazzo Barolo

La dodicesima edizione di Regie Sinfonie si è aperta con un concerto intimo e molto gradevole dei Musici di Santa Pelagia, “padroni di casa” della rassegna.

Si è trattato di un evento di grande importanza, non solo per la sua intrinseca bellezza e il suo interesse repertoriale, ma anche perché ha rappresentato il primo concerto ufficiale di Intrecci Barocchi, un progetto nato da un’intuizione di Maurizio Fornero, cembalista e direttore artistico dei Musici, e sostenuto concretamente dall’Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte, che nel prossimo futuro porterà a un’integrazione sempre maggiore tra quattro ensemble della nostra regione che si occupano da anni del repertorio antico, I Musici di Santa Pelagia, l’Academia Montis Regalis, l’Accademia Corale Stefano Tempia e il Coro Filarmonico Ruggero Maghini.

Questo progetto è stato presentato per sommi capi al pubblico da Giovanni Tasso, che subito dopo ha chiamato accanto a sé Arianna Zambon e Dana Karmon, le due soliste del concerto, con le quali ha preso in esame il repertorio e le particolarità tecniche dell’oboe e del fagotto barocchi, due strumenti che si ascoltano molto di rado nelle nostre sale da concerti.

Il programma si è aperto nel nome di Carl Philipp Emanuel Bach, secondogenito dell’universalmente noto Johann Sebastian e tra i clavicembalisti più famosi della seconda metà del XVIII secolo. Di questo raffinato autore è stata proposta la Pastorale in la minore, una pagina intrisa da un delicato languore e da un senso di febbrile attesa, che è stata resa con la giusta intensità dalle due brave soliste, sostenute dal basso continuo realizzato dal violoncellista Nicola Brovelli e da Maurizio Fornero al clavicembalo.

Dopo quest’oasi di soffusa pensosità, Brovelli ha eseguito la Sonata n. 4 per violoncello e basso continuo di Giovanni Benedetto Platti, un autore originario di Padova che trascorse gran parte della sua carriera a Würzburg, dove si dedicò con profitto soprattutto al repertorio strumentale, al punto da essere stato definito negli anni Cinquanta dal grande musicologo Fausto Torrefranca tra i maggiori artefici dello sviluppo della sonata barocca, un onore che condivide con il ben più famoso Arcangelo Corelli.

Il solista ha saputo esprimere con lucidità le diverse anime di Platti, sottolineandone la cantabilità distesa dei movimenti lenti e la sbrigliata brillantezza dei tempi veloci su un ricco basso continuo, che accanto al cembalo vedeva la fattiva partecipazione del fagotto.

A questo brano – che sotto l’aspetto strutturale segue lo schema della “sonata da chiesa”, termine con cui nella seconda metà del XVII secolo si definiva un’opera cameristica costituita da una doppia alternanza di tempi lenti e veloci – ha fatto seguito la Sonata per clavicembalo op. 2 n. 4 dello stesso Platti, un’opera elaborata e di ampio respiro, che grazie alla bella lettura di Fornero ha dimostrato al folto e attento pubblico presente in sala come anche nei brani più salottieri il compositore padovano sapeva guardare avanti nel tempo, grazie a uno stile saldamente ancorato alle fondamenta barocche ma ricco di spunti originali e innovativi.

Arianna Zambon è stata poi protagonista della Sonata in do minore per oboe di Francesco Geminiani, un lavoro tecnicamente molto complesso del compositore lucchese che venne considerato tra gli epigoni più ispirati di Corelli e il più accreditato prosecutore della sua eredità.

In questa pagina l’oboista ha sfoggiato una notevole personalità, sostenuta da un’eccellente intonazione, un magnifico fraseggio e dalla capacità di cogliere anche le più piccole inflessioni espressive di un compositore conosciuto – per la verità non del tutto a torto – più per il suo fiammeggiante virtuosismo che per i contenuti della sua musica.

Come conclusione, è stata proposta la Triosonata per oboe, violoncello e basso continuo di Platti – vero e proprio mattatore della serata” – un brano di scintillante bellezza, la cui ricca e fantasiosa scrittura ha consentito ai quattro musicisti di mettere in luce il proprio talento, un fatto che è stato riconosciuto dai prolungati applausi che nella sontuosa cornice del Salone d’Onore di Palazzo Barolo hanno salutato l’inizio di una nuova avventura di Regie Sinfonie, che promette ai cultori della musica antica torinese sempre nuove scoperte al di fuori dei percorsi più battuti.

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Articolo pubblicato il 06/11/2017