“Vittoria e Abdul” – Un’insolita amicizia passata alla storia

Il film di Stephen Frears racconta del lungo e speciale rapporto che legò l’anziana Regina Vittoria al suo segretario indiano, con una straordinaria Judi Dench

Anno: 2017 

Titolo originale: Victoria & Abdul

Paese: Regno Unito, USA

Durata: 112 minuti

Genere: Biografico, Drammatico

Regia: Stephen Frears

Soggetto: Shrabani Basu (romanzo)

Sceneggiatura: Lee Hall

Cast: Judi Dench, Ali Fazal, Tim Pigott-Smith, Eddie Izzard, Paul Higgins, Adeel Akhtar, Michael Gambon

A partire dal libro omonimo della giornalista indiana Shrabani Basu, Stephen Frears torna dietro alla macchina da presa per dirigere Vittoria e Abdul, presentato fuori concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e al Toronto International Film Festival, storia vera e un po’ romanzata di un’amicizia rimasta ignota a lungo.

Inghilterra, 1887. In occasione dei festeggiamenti per il Giubileo d’Oro della Regina Vittoria, Abdul, un giovane indiano impiegato nella prigione di Agra, viene scelto per recarsi a corte e consegnare alla regina una moneta celebrativa come dono da parte del subcontinente indiano. Il ragazzo viene notato dalla sovrana, colpita dalla sua avvenenza e dalla rispettosa premura con cui la tratta. Nonostante la forte opposizione dei membri della corte e dei figli di Vittoria, Abdul diventa suo segretario, confidente e munshi, maestro, le insegna l’urdu e il Corano e le racconta le usanze e le meraviglie del suo paese, in un rapporto che farà inorridire i benpensanti cortigiani ma che scatenerà una vera e propria moda indiana e durerà sino alla morte della sovrana.

Questa pagina di vita della seconda regina più longeva della storia britannica (ormai la pro-pronipote Elisabetta l’ha battuta da tempo) era rimasta nell’oblio fino a poco tempo fa per un motivo ben preciso, ovvero la damnatio memoriae a cui Edoardo VII, primogenito e successore di Vittoria, condannò ogni riferimento alla permanenza di Abdul Karim a corte, compresa la corrispondenza tra il giovane e la sovrana e i diari privati della regina che raccontavano di questa sua nuova, stimolante amicizia. Quando Shrabani Basu, giornalista e scrittrice indiana, scoprì dell’esistenza di questo giovane conterraneo nella vita di corte riportò a galla la vicenda con ricerche approfondite, scaturite nel libro da cui è tratto il film.

Judi Dench aveva già interpretato la regina Vittoria ne La mia regina di John Madden del 1997, dove si raccontava dell’amicizia chiacchierata tra la sovrana e lo stalliere scozzese John Brown; il film di Frears può essere considerato come un suo immaginario sequel, ambientato pochi anni più tardi, diretto con l’abituale grazia da un regista già abituato alle figure reali (suo il magnifico The Queen con Helen Mirren) e che aveva già lavorato con l’attrice inglese nel toccante Philomena. La sceneggiatura è firmata da Lee Hall, già autore di quelle di Billy Elliot e Orgoglio e pregiudizio.

Un film solo all’apparenza leggero e ironico, Vittoria e Abdul racconta invece la profonda solitudine di un’anziana signora disperatamente sola, con il fardello dell’impero più vasto al mondo sulle spalle e ben pochi amici a cui raccontare le sue sofferenze, che intravide una speranza di amicizia sincera in un individuo tanto diverso da lei ma che aveva il grande merito di trattarla più come una donna che come un’imperatrice. Illumina anche il clima di radicato e inattaccabile sentimento di superiorità rispetto agli abitanti delle colonie che regnava in Inghilterra e specie a corte. Il film racconta, con divertimento e un pizzico di irriverenza, la piccola ribellione della regina alle rigide norme dell’etichetta di corte e le reazioni scandalizzate dei vari dignitari a quest’amicizia vista come oltraggiosa.

Visivamente splendido, il film è girato tra Osborne House, residenza reale sull’Isola di Wight, le Highlands scozzesi tanto care a Vittoria e la Toscana, meta di villeggiatura abituale della corte. Gli eccellenti costumi sono curati da Consolata Boyle, abituale collaboratrice di Frears due volte nominata agli Oscar per The Queen e Florence, e sono stati in mostra a Osborne House fino a settembre.

Il film non sarebbe valido e interessante com’è senza la splendida interpretazione di Dame Judi Dench, meravigliosa nel portare sullo schermo la psicologia di una donna abituata a nascondere le proprie emozioni dietro una maschera di gelo, sotto la quale nuotava in un mare di solitudine e rimpianti. Per niente spaventata dal mostrare i suoi ottantatre anni davanti alla macchina da presa, poche attrici avrebbero accettato, come lei, di farsi riprendere in primi e primissimi piani di altissima espressività ma che di certo non mascherano il passare del tempo.

A farle da contrappunto, la buonissima interpretazione del giovane attore di Bollywood Ali Fazal, nei panni del mite e gentile Abdul (pare invece che il vero munshi non avesse un così bel carattere), in verità un personaggio un tantino troppo bi-dimensionale. Nel cast meritano una menzione anche Michael Gambon che appare brevemente come il primo ministro dell’epoca, Lord Salisbury, in alcune delle sequenze più divertenti di tutto il film, Eddie Izzard che è invece l’arrogante Bertie, principe di Galles, futuro Edoardo VII, Adeel Akhtar che interpreta Mohammed, l’altro uomo indiano che arrivò in Inghilterra con Abdul e che finì per fargli da servitore e infine Tim Pigott-Smith, alla sua ultima interpretazione, nei panni di Sir Henry Ponsonby, segretario privato della regina.

 

Un film che non nasconde la sua natura di favola romanzata piuttosto distante dalla realtà, ma che regala momenti di tenerezza e ilarità, aprendo uno spaccato su una vicenda sconosciuta e sulla vita privata di una donna leggendaria, con ottime prove d’attore e diretto magnificamente da Frears.    


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Articolo pubblicato il 25/11/2017