Lo smartphone diventa strumento didattico. L'apertura della Fedeli innesca la polemica

C’era una volta l’arte di studiare sfogliando un libro.

18 gennaio 2018, la notizia del “via libera” al cellulare sui banchi di scuola sta già dividendo i pareri dei nuovi futuristi e dei maturi intellettuali benpensanti. Certo è che, il 15 marzo 2007, con una circolare firmata dall’allora ministro Giuseppe Fioroni, l’uso del cellulare era vietato, giudicato elemento di distrazione dell’allievo e dei suoi compagni, oltre che mancanza di rispetto per il lavoro del docente.

L’apertura della ministra Valeria Fedeli ha spalancato una nuova dialettica e le tante problematiche legate al mondo dell’istruzione adesso hanno una grana in più.

Al momento sono numerose le trombe della dissidenza, soprattutto per voce intellettuale e il pedagogista Daniele Novara già denuncia una Scuola svenduta agli interessi delle lobby dell’informatica. Non mancano però alcune campane a favore, Franco Lorenzoni, ad esempio, maestro e scrittore, guarda in altro modo la nuova opportunità, definendo il cellulare come uno strumento didattico.

Già corre voce della formazione di una commissione di saggi, incaricata di redigere entro 45 giorni le linee guida a cui rifarsi e nelle quali inserire obblighi e limiti.

Poiché tutti ne parlano, essendo stato insegnante di ruolo e aver praticato per vent’anni i banchi di scuola dalla parte dello studente e altri dieci dalla parte del docente, mi defilo dalla scottante diatriba e mi propongo come affidabile interlocutore per qualche opinione trasversale e non banale.

Prima tra tutte riguarda il panorama del Web, ricco di informazioni esatte, altrettanto infarcito di fake news e bufale, tanto credibili quanto difficili da controllare, ancor più banco per banco. Sono preparati per discernere il giusto sia l’allievo che il docente?

L’accesso alla cultura via Internet, libera, ma tanto vasta, quanto a volte imprecisa e a basso impegno cerebrale, ha tolto il carisma e l’importanza del sapersi muovere nella visione globale, nella formidabile arte dello studio lento e ragionato che porta l’intelletto ad acutizzarsi nel collegamento, arricchendosi in quel lavoro eterno e primitivo che rapisce e avvolge. È la curiosità di saperne di più in un crescente “crescendo”, primo stimolo per l’intelligenza e strada che porta alla ''scoperta''.

Addestrare a questa disciplina senza appartenenza a specifiche materie è compito della capacità comunicativa e della preparazione del personale docente, della sua conoscenza, del suo progressivo aggiornamento e della sua responsabilità.

Nessun macchinario bit-robotico può sostituirsi a un rapporto umano e a un travaso di sapienza che è alla base stessa del concetto di scuola, ma affiancarsi sì, come supporto corale armonizzato da un solo ''direttore di studio''. L’alternativa è un proliferare di anarchiche illuminazioni difficili da controllare, una differente dall’altra, messaggi, notizie e video estratti da uno status symbol anch’esso forse e ancora oggetto di culto più che di cultura.

Le cose stanno cambiando in fretta, da un punto di vista tecnologico certamente si, ma il comportamento umano, storicamente è sempre lo stesso. Limitandomi all'esperienza personale, sperando di apportare un equilibrato contributo, posso asserire che, quand’ero con la lavagna di fronte, molto potevo trasmettere con il gesto, il verbo ed il gessetto, sapendo bene quel che dire e come dirlo per onorare il ruolo con responsabilità, flessibile e attento alle tante, giovani menti che mi stavano davanti.

Poiché i libri di testo avevano un costo, avevo escogitato un metodo per non far spendere le famiglie meno abbienti. Anziché studiare per numero di pagina, avevo suggerito di cercare l’argomento sull’indice di altri testi simili, magari già usati da cugini o fratelli. Era un sistema per risparmiare, ma soprattutto, un metodo per allenare la mente alla ricerca secondo argomento, per poi confrontarlo con altri, tutti certamente validi e convergenti.

Altresì, affermo che il fascino del cellulare è ipnotico, contagioso, seducente e pericolosamente infettivo, sicuramente dannoso per il cervello come sostiene Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze e salute mentale dell'Ass. Fatebenetratelli-Sacco di Milano.


Molti giovani ormai vivono con gli occhi e la testa persi lì dentro, ne dipendono come fosse una droga, non ci parlano più. Culturamente poi, sostengo che la ''lesta'' conoscenza marcata Wikipedia è come una trasvolata che porta subito a destinazione, ma priva della vastità e della conoscenza che si ricava dalla lenta bellezza del viaggio.

Opinioni di chi scrive, di chi ancora ogni tanto si sente chiamare “prof.”, ma che è un po’ lento sulle applicazioni del cellulare. Opinioni e basta, quel che sarà è già scritto nel futuro prossimo venturo e da che mondo è mondo, niente di ciò che è stato è rimasto per sempre, mentre il quasi tutto è sempre andato avanti, verso dove, di preciso nessuno lo sa, nemmeno Valeria Fedeli, donna senza dottorato né esperienza di cattedra, sebbene di una certa età.

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Articolo pubblicato il 20/01/2018