Le automobili Fiat che hanno tracciato la strada. La “600”

Innovativa utilitaria e il suo motore mod. “100” progettato dall’ingegner Dante Giacosa, geniale artefice di tante vetture. Tempi di un’Italia settima potenza industriale.

Uscita devastata dal conflitto mondiale, nel secondo dopoguerra la nuova Repubblica italiana aveva urgenza e voglia di rimettersi in piedi. Era urgente motorizzare la popolazione e mancava una moderna utilitaria multiuso capace di soddisfare la richiesta, così da mettere il Paese al passo con gli altri Stati europei.

Fu quello un periodo di sforzi progettuali operato da una FIAT con poche risorse e molte idee, affidata a Vittorio Valletta, storico dirigente dell’azienda già dal 1921, amico del giovane e brillante ingegner Dante Giacosa, originario di Neive (CN), artefice di quella fortunata 500 “Topolino” che, nata a metà degli anni 30, era ancora in produzione, sia versione berlina che “giardiniera” serie C”, ma seppur aggiornata, mostrava i segni del tempo. .

Il compito di sviluppare la nuova utilitaria fu nuovamente assegnato all’ingegner Giacosa che, dopo aver valutato varie soluzioni tecniche, si concentrò su una macchina “tutto dietro”, con motore e trazione posteriori; soluzione efficace ed economica già adottata dalla Volkswagen sul suo “maggiolino” e in studio alla Renault per la “4CV”.

La 600 nel 1956

La “600” venne esposta al salone di Ginevra nel 1955. Si presentava con una piacevole carrozzeria a due porte e pur con ingombro ridotto, consentiva una buona abitabilità per 4 passeggeri. Proposta a un prezzo abbordabile (L. 590.000), modesta ma non povera, piacevole da guidare e parsimoniosa nell’uso, la nuova vettura fu accolta con entusiasmo, registrando un grande successo nelle vendite.

Il suo punto forte era il nuovo motore quattro cilindri di 633 cm³ raffreddato ad acqua, erogante  21,5 CV, che consentiva alla 600 di raggiungere i 95 km/h. Il motore, siglato “100”, nato con il basamento in monoblocco, economico e robusto, sarà poi il cuore pulsante di un gran numero di modelli FIAT fin quasi ai nostri giorni, aumentando gradualmente di potenza e cilindrata senza perdere affidabilità.

Il motore "100" 767 cmc. della Fiat 600D

Anche le sospensioni indipendenti con balestra trasversale anteriore che fungeva da barra antirollio, con beneficio per la stabilità, furono utilizzate per trent’anni, passando per l’850, fino alla 127 e alla 128 (anche dalla Simca 1000 come molti “cloni” della 600). Perspicaci intuizioni dell’ingegner Giacosa, così come la leggera scocca portante, scelte costruttive applicate anche ai modelli FIAT di gamma superiore che, nel medesimo periodo, avevano preso forma e vita (1400-1900 e 1100/103)

Tra il 1955 e il 1960, la 600 fu oggetto di progressivi sviluppi in tre serie successive. Gli aggiornamenti riguardarono la fanaleria e l’incremento della potenza a 24,5 CV, portando la velocità a 100 km/h. Nel 1960 la cilindrata del propulsore fu maggiorata a 767 cm³ con un sensibile beneficio per le prestazioni. I cavalli diventarono 29, in grado di spingere il nuovo modello “600D” a 110 km/h.

La 600D, in produzione dal 1960 al 1969, fu oggetto di migliorie nelle sue tre serie successive. La più importante fu lo spostamento dei cardini delle portiere sul montante anteriore; modifica del ‘65, anno di presentazione dell’erede, la FIAT 850, costruita con linee più squadrate, ma sulla medesima scocca della 600, con il motore portato a 843 cm³.

La seconda modifica estetica della 600, fu l’adozione nella III serie dei fari anteriori dell’850, azzeccato ritocco capace di dare importanza al frontale e coniare il simpatico appellativo di “fanalona” (posseduta con gusto per un breve periodo), per l’ultima serie di una vetturetta FIAT che, in un tempo di esponenziale sviluppo del nostro Paese, ne aveva portato a spasso gran parte dei cittadini, e non solo in Italia.

La 600 infatti, fu costruita su licenza in altri paesi. In Germania, in Cile, in Spagna, in Argentina fino al 1977 e soprattutto in Jugoslavia, dalla Zastava, dal 1955 fino al 1985, adottando nel 1980 il motore della 850 e prodotta quasi in 1 milione di esemplari che, sommati alla produzione italiana (circa 2.700.000 vetture) e a quelle degli altri produttori, portano a quasi 5 milioni le “600” costruite per il mondo.

La 600 multipla del '56

Presentata a Bruxelles nel 1956, la 600 “Multipla” è una macchina che ha il diritto di essere considerata il primo monovolume della storia. Grazie alla soluzione “tutto dietro”, con una scelta innovativa, l’ingegner Giacosa spostò il posto guida in avanti, eliminando il cofano e liberando nella carrozzeria un ampio spazio dove potevano essere ospitati fino a sei passeggeri.

La carrozzeria a quattro porte che ne facilitavano l’accesso rese la Multipla, prodotta fino al 1968, un originale “pulmino” apprezzato anche da taxisti e commercianti. Grazie alla posizione di guida avanzata, dalla Multipla, si ricavarono le versioni “furgoncino” e “camioncino”, offrendo economici mezzi di lavoro. Diventerà una costante nelle future utilitarie della casa torinese.

La 600 fu oggetto di molti “preparatori”, in particolare dalla Abarth di Torino che, a partire dal 1956, mise in commercio kit di elaborazioni per i privati. Nel 1960 fu prodotta la Abarth 850TC destinata ai privati, con 55CV per 140 km/h, ma furono i modelli “ufficiali” TC 850 gruppo 5 da 93CV e la Fiat-Abarth 1000 TCR da 115 CV ad essere veri castigamatti da pista e da salita nelle loro rispettive classi.


 

600 Abarth 850TC 

Breve storia di un’utilitaria, di un ingegnere piemontese e di un motore che avrebbe equipaggiato le “piccole” del gruppo FIAT per quasi mezzo secolo, dall’850 berlina e sport ai pulmini della serie T e le “tutto avanti”, dalla 127 alla Panda 45, alla A112, Abarth 70CV di 1050 cm³ inclusa, oltre a numerosi modelli del gruppo SEAT. Unico montato su un’onesta maximoto, la Shifty 900, costruita a Padova nel 1977, con l’intento di consentire a chi aveva una 127 di spostare il motore sulla moto e utilizzarle nei diversi periodi dell’anno.

Il motore da 903 cm³ e 45CV fornirà la Uno 45 e la Panda 4 × 4 fino al 1994, ma concluderà la sua lunga carriera solo con la sua primitiva sigla, sulla FIAT “Seicento” prodotta in Polonia fino al 2010, montando il “100” dell’ingegner Giacosa fino al 2001 nella versione 899 cm³ e 40CV, per lasciare infine posto alla nuova famiglia di motori ”Fire”.

Da quel 1955 a oggi, il tempo è andato in fretta. L’Italia industriale è un miraggio di ottimismo perduto tra le nebbie del ricordo e il piazzale vuoto di quella che fu Fiat Mirafiori, è un tempio alla disoccupazione e alla perdita di identità. Realtà di una Torino usata, spremuta, poi abbandonata dalle dure leggi del capitalismo “americano” e svenduta da una politica serva delle macro economie, sottoprodotto del suo ruolo, ingiuriato e offeso.

Vecchi fantasmi  tornano a bussare alla porta del Bel Paese.  Questo sarebbe il momento per aprire spazi a nuovi creativi, ad altri ingegner Giacosa che certamente non mancano, e favorire l’impianto di nuove produttività made in Italy, ma niente si muove nelle alte sfere.

La 600 si rivolta nella tomba mentre schiere di ingombranti, inutili SUV d’ogni razza e paese si sfidano tra i parcheggi dei supermercati, nel traffico intasato e puzzolente delle grandi città, e sulle pubblicità in tivù, esaltando se stessi 4 × 4 volte ad ogni modello. Illusioni a rate per chi ancora può, prima che resti soltanto molta lamiera nei concessionari di un’Italia ferma dopo troppa… “mobilità”.

 

Un bell'esemplare restaurato dell'ultima serie 600 D"fanalona"

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Articolo pubblicato il 22/01/2018