“Tre manifesti a Ebbing, Missouri” – tragedia profondamente americana e contemporanea

Pellicola drammatica scritta e diretta da Martin McDonagh definita da molti il film dell’anno che ha sbancato i Golden Globes, con una Frances McDormand da Oscar

Anno: 2017 

Titolo originale: Three Billboards Outside Ebbing, Missouri

Paese: USA, Regno Unito 

Durata: 115 minuti

Genere: Drammatico

Regia: Martin McDonagh

Sceneggiatura: Martin McDonagh

Cast: Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Caleb Landry Jones, Peter Dinklage, Abbie Cornish, John Hawkes, Lucas Hedges

Annunciato come il film dell’anno, vincitore di quattro Golden Globes, tre Screen Actors Guild Awards e tra i favoriti nella corsa ai premi Oscar con sette candidature, arriva nelle sale italiane il drammatico Tre manifesti a Ebbing, Missouri, scritto e diretto da Martin McDonagh.

Mildred Hayes (Frances McDormand) è una madre divorziata che non ha ancora avuto risposte per il brutale omicidio di sua figlia Angela, violentata e uccisa quasi un anno prima. Per richiamare l’attenzione sul caso e sollecitare la polizia a trovare il colpevole la donna affitta tre cartelloni alle porte della città e affigge caustici e provocatori messaggi rivolti allo sceriffo, Bill Willoughby (Woody Harrelson). L’opinione pubblica si rivolterà contro di lei e una catena di eventi cambierà di molto la vita monotona della piccola comunità del Missouri.

Una madre che cerca la verità, noncurante delle conseguenze, uno sceriffo incastrato tra un caso che non sa risolvere e un cancro in stadio terminale, un poliziotto con problemi di violenza e un’intera comunità dalla mentalità provinciale che passa dal compatire la povera donna che ha perso la figlia ad accusarla di esagerata aggressività verso la polizia. Se la Mildred di Frances McDormand è senza dubbio il fulcro della vicenda, colei che accende l’inarrestabile miccia e attorno alla quale gravitano tutti gli altri, le fa da contorno una galleria di personaggi complessi e dalle diverse sfumature di negatività.

Martin McDonagh, britannico di origini irlandesi, molto attivo in teatro e autore degli acclamati In Bruges e 7 psicopatici, premio Oscar 2006 al miglior cortometraggio per Six Shooter, scrive e dirige un film nero e duro (ispirato ad alcuni cartelloni relativi a un crimine non risolto in cui il regista si è imbattuto nel sud degli Stati Uniti), il cui sporadico sarcasmo non fa che accentuare l’atmosfera di disperazione e assenza di speranza, appena mitigata dal finale. Manifesto politico di un periodo ben preciso, dominato dalla protesta e da personalità femminili fortissime di cui Mildred è perfetta portavoce, è in queste caratteristiche che va ritrovato il motivo dell’enorme successo di Tre Manifesti. È di certo un buon film, scritto e diretto molto bene e interpretato ancora meglio, ma probabilmente definirlo il film dell’anno tout court è estremo.

Se la sceneggiatura valorizza il milieu, la provincia americana con tutti i suoi pregiudizi e tradizionalismi, ciò che rende il film davvero speciale è la recitazione di tutti i suoi interpreti. Frances McDormand è mostruosamente brava, niente trucco, occhi che perforano chiunque li guardi, dentro e fuori dal film; una performance semplicemente sconvolgente, il perfetto opposto della poliziotta buona di Fargo che le fece vincere un Oscar nel 1996. La sua Mildred, scritta da McDonagh pensando a lei come unica possibile interprete, è un personaggio coriaceo e aspro che non sorride mai (McDormand ha rivelato di essersi ispirata a John Wayne per interpretarla) ed è davvero difficile per lo spettatore rimanere dalla sua parte per tutto il film.

Così come è arduo individuare nello sceriffo Willoughby di Woody Harrelson l’antagonista, il cattivo della storia. Senso dell’umorismo tipicamente americano, il poliziotto dapprima osteggia le provocazioni di Mildred, per poi dedicarsi ad aspetti più importanti della propria vita destinata a terminare presto.

Sam Rockwell interpreta l’agente Dixon, razzista e con problemi di alcool, più interessato ai consigli dell’anziana madre che a seguire la legge. Dixon è il personaggio che più di tutti gli altri muta pelle nel corso del film, un trasformismo sorretto magistralmente dall’interpretazione di Rockwell.

Qualitativamente altissima come d’abitudine la performance, seppur molto breve, di Peter Dinklage, uno dei satelliti di Mildred.

La colonna sonora, candidata all’Oscar, è firmata da Carter Burwell, assiduo collaboratore dei fratelli Coen e, di conseguenza, di Frances McDormand.

Per chi è coraggioso abbastanza da affrontare l’accento centro-statunitense merita la visione del film in lingua originale, sempre migliore di qualsiasi doppiaggio.

Un film rabbioso e duro come l’imperdibile protagonista, testimone di un tempo e di un luogo, l’America di oggi, che usa il sarcasmo come unico strumento per non affondare nella disperazione di un nero assoluto. Forse non il miglior film dell’anno, ma uno tra questi.

 

                         

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 25/01/2018