Torino FC vs Juventus FC 0-1

ESSER GRANATA VUOL DIRE FEDE E AMORE: massimo risultato con il minimo sforzo per i bianconeri, che vincono uno dei derby più brutti della storia

Al di là della retorica da quattro soldi, al di là del ricordo che ogni tifoso porta nel cuore, al di là di un certo articolo pubblicato venerdì sul giornale di regime cittadino, è inutile negarlo: il “derby” non è più tale, ma più semplicemente un banalissimo Torino-Juventus (che fatica scrivere questa paola).

 

Lontani gli anni in cui la stracittadina dava senso e significato ad un campionato intero: perchè ad una squadra, la nostra, è stato cambiato volutamente il dna, il senso di appartenenza dei tifosi, quel “tremendismo”, che era il nostro essere del Toro e quello di chi scendeva in campo (fenomeno o brocco, nessuna differenza); all’altra, che doveva essere radiata dal mondo del calcio, è invece stato regalato sempre più potere, mediatico e politico, una sorta di sindrome da “scansamento” che colpisce chiunque la affronti, per fortuna solo in Italia, e soprattutto, uno stadio di proprietà.

 

Tralasciamo, anzi, #stendiamounvelopietoso (reminescenza sanremese), su baci, abbracci e sorrisi, dopo derby persi in modo vergognoso, non dal “Toro”, ma dalla “Cairese”, e il gioco è fatto.

 

Oggi, per vincere, i granata dovrebbero giocare una di quelle partite stile anni ’70, ma la vedo dura: sia per la squadra, nonostante sia quella più forte da...fate voi; sia perchè, inutile girarci attorno, gli avversari sono ben più forti e, in caso di necessità, possono sempre contare sul solito aiutino.

 

Walter Mazzarri, tecnico da anni bramato e finalmente arrivato (e daje con la rima baglioniana), oggi manda in campo  (4-1-4-1): Sirigu; De Silvestri (dal 35′ st Edera), N’Koulou, Burdisso, Molinaro; Rincon; Falque, Baselli (dal 9′ st Niang), Obi (dal 27′ st Acquah), Ansaldi; Belotti. 

 

Il tecnico toscano evidentemente ha una gran paura di perdere e, seguendo le direttive trapattoniane sul “contenimento”, manda in campo una squadra super difensiva, con il solo Belotti in avanti a cantare e a portare la croce.

 

Non è il caso di dividere il racconto della partita tra primo e secondo tempo: il derby è stato bruttissimo, uno dei più soporiferi della storia, giocato male da entrambe le squadre e finito peggio, per i granata.

 

Due episodi decidono il match.

 

Il primo, dopo solo otto minuti: Obi vince un rimpallo a centrocampo e si lancia in avanti, inseguito da Rugani, Belotti si allarga per portare fuori zona Chiellini, riuscendoci. Il giocatore nigeriano, anzichè puntare dritto in porta e tirare, serve malamente il Gallo che, sbilanciato, non controlla, e l’azione sfuma.

 

Il secondo, poco dopo la mezz’ora: fallo non fischiato dall’arbitro a centrocampo a favore di Ansaldi e, sugli sviluppi, la palla finisce a Bernardeschi che vince un rimpallo, entra in area e la mette in mezzo. Grossa dormita della nostra difesa (De Silvestri dove sei?), e Alex Sandro, solo davanti alla linea di porta, la mette dentro.

 

La partita è tutta qui: per il resto gran confusione a centrocampo, poco gioco, nessuna vera occasione da rete.

Il Toro ci prova, ma senza pungere, senza cattiveria, senza mai impensierire davvero la difesa avversaria. Solo Burdisso, Rincon e Ansaldi, provano a metterla sul piano fisico, ma con scarsi risultati. Baselli inguardabile e Iago che gioca in tre ruoli diversi, per finire stremato e senza aver combinato niente di davvero concreto.

 

Insomma un derby che la Cairese ha perso senza giocare per davvero: senza cuore, senza cojones, indipendentemente dall'allenatore, serbo o toscano, non fa differenza.

 

Il presidente Cairo mantiene, conferma e consolida il trend perdente ai derby: 18 partite giocate, di cui 1 vittoria, 2 pareggi e 15 sconfitte, con 7 reti fatte e 34 subite.

Tristezza, rabbia e vergogna.

 


 

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Articolo pubblicato il 18/02/2018