Troppi pretendenti alle ricchezze del Polo Nord.

Sempre più a rischio gli andamenti climatici.

Da quando l’uomo è apparso sulla terra, il nostro pianeta ha continuato a subire un processo di degradazione ambientale difficilmente arrestabile, dovuto in massima parte alle attività umane. La necessità di politiche organiche volte alla salvaguardia dell’ambiente è stata già riconosciuta a livello internazionale nel 1972, con la creazione, da parte dell’ONU, dell’UNEP (United Nations Environment Programme), mentre 20 anni più tardi, con la conferenza di Rio de Janeiro, è stato sancito il legame tra tutela ambientale e sviluppo sostenibile.

A causa dell’inquinamento e dello sfruttamento ambientale oggi sono numerose le specie che rischiano l’estinzione. Per questo molti Paesi hanno sottoscritto la Convenzione internazionale sulla biodiversità, impegnandosi così a raggiungere il “2010 biodiversity target”. In aggiunta il settimo degli otto obiettivi del Millennio è finalizzato a garantire questo percorso: la sostenibilità ambientale.

In questo quadro già assai deteriorato, oggi assistiamo  alla velocizzazione della corsa ad accaparrarsi le ricchezze dell’Artide, sia del sottosuolo, che dal punto di vista del controllo delle comunicazioni tra i continenti.

In questa gara, i concorrenti più temibili sono gli Stati Uniti e la Russia. Nel luglio 2017, il presidente Usa Donald Trump ha autorizzato  nuove perforazioni in Alaska e riassegnato le concessioni per l’estrazione di idrocarburi nei mari di Beaufort e Ciukci, sospese dalla precedente Amministrazione fino al 2022.

La Russia ha dichiarato apertamente l’ intenzione di aumentare il volume della produzione di gas e petrolio estratti dalla piattaforma artica, facendo appello alla commissione preposta presso l’ONU. Ma la Russia ha un secondo obiettivo: per controllare la rotta Nord-Est, potenziale principale via di collegamento tra Europa ed Asia, Mosca sta investendo in ricerca scientifica e soprattutto in sicurezza, infatti  le attuali basi russe, fornite di missili S-400, controllano gran parte delle vie di transito, estendendosi dal confine con la Finlandia fino allo Stretto di Bering.

La disputa geopolitica nell’ Artide sta assumendo una portata globale, minacciando possibili conseguenze sulla sostenibilità ambientale dell’intero Pianeta. Infatti, Istituti di ricerca russi e statunitensi concordano nel sostenere che lo scioglimento della calotta polare rimodellerà la geografia dell’Artico fino alle regioni terrestri. Entro il 2030, si aprirà infatti un nuovo corridoio commerciale attraverso il Polo Nord, la Transapolar Sea Route, che ridurrà i tempi di collegamento tra il continente asiatico e l’Europa rispetto all’attuale percorso attraverso il canale di Suez.

La riduzione della calotta polare ha portato alla scoperta di nuove rotte commerciali, rinnovando l’attenzione per le potenzialità economiche offerte dai ghiacci artici. Poiché altri Paesi , Danimarca, Norvegia, Canada e ovviamente la Cina, sono molto interessati  all’area Artica, senza un attento monitoraggio dall’azione antropica, cioè degli interventi dell’uomo sull’ambiente naturale per adattarlo ai suoi fini, lo sfruttamento incondizionato delle risorse naturali congiunto agli effetti legati al cambiamento climatico, arrecherà probabilmente  danni irreversibili all’ecosistema planetario.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 16/03/2018