
Elegia Classics presenta il secondo volume delle sinfonie composte dal celebre musicista lombardo
Da sempre in prima linea nella valorizzazione del repertorio organistico del nostro paese, l’etichetta torinese Elegia Classics presenta il secondo volume di una serie dedicata alle sinfonie di Padre Davide da Bergamo, uno dei compositori più rappresentativi del peraltro ancora oggi assai poco valorizzato Ottocento strumentale italiano, oggi conosciuto quasi esclusivamente per la Sinfonia col tanto applaudito inno popolare (che altri non era che l’inno nazionale asburgico).
Protagonista di questa interessante registrazione è Luca Scandali, solista di grande talento originario di Ancona, che gli appassionati piemontesi hanno imparato ad apprezzare nel corso dei frequenti concerti da lui tenuti nella rassegna Organalia.
Nel corso del XIX secolo il panorama musicale italiano venne quasi monopolizzato dall’opera grazie agli innumerevoli capolavori di Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi e di molti altri autori un tempo famosissimi e oggi quasi dimenticati come Pacini e Mercadante.
Il repertorio strumentale fu coltivato con profitto da autori di talento, ma non riuscì mai a diventare l’espressione culturale del paese come invece era avvenuto negli stessi anni nelle nazioni di lingua tedesca con Beethoven, Schubert, Mendelssohn, Schumann e Brahms che divennero i principali alfieri del Romanticismo.
Tra i protagonisti del repertorio strumentale italiano spicca Padre Davide da Bergamo, al secolo Felice Moretti, compositore nato nel 1791 in uno dei periodi musicalmente più felici della città lombarda.
Dopo aver iniziato gli studi di organo prima con Davide Bianchi e poi con Antonio Gonzales, il giovane Felice entrò nella classe di composizione del celebre Giovanni Simone Mayr, dove ebbe come condiscepolo Gaetano Donizetti, più giovane di lui di sei anni.
A 17 anni ottenne il posto di organista nella Parrocchia di Torre Boldone, per poi trasferirsi a Zanica e a Gandino, ma nel 1818 decise di entrare nel convento dei frati minori di Madonna di Campagna a Piacenza, dove l’anno seguente venne consacrato sacerdote.
La scelta della professione religiosa non allontanò dalla musica il neo Padre Davide Maria da Bergamo, che – oltre a portare avanti una intensissima attività compositiva – ebbe la possibilità di entrare in contatto con la famiglia di organari Serassi di Bergamo, di cui nei decenni successivi collaudò parecchi organi in Emilia, Lombardia, Piemonte e Liguria.
Nella vasta produzione per organo di Padre Davide – comprendente oltre 2500 brani, per la maggior parte di carattere sacro – rivestono un ruolo di particolare interesse le circa settanta sinfonie, che sotto l’aspetto formale ricalcano il modello rossiniano, adottandone la brillantezza non esente da passaggi virtuosistici e la ricchezza del linguaggio.
Per dare libero sfogo alla sua prorompente fantasia, Padre Davide concepì le sue opere per la ricchissima tavolozza timbrica degli organi sinfonici di Serassi, Bossi e Lingiardi, sviluppando con notevole personalità il modello elaborato in precedenza da Giovanni Morandi, come si può notare nella Sinfonia con trombe e fagotti obbligati e risposte in Eco, strutturata nel classico schema in due movimenti.
Questa scrittura diretta e ricca di effetti venne accolta con grande favore da molti contemporanei, che vi ravvisarono chiaramente lo spirito dell’epoca, ma comunque non mancarono critiche dai commentatori più retrivi, come si può leggere in un articolo pubblicato il 5 dicembre del 1868 – cinque anni dopo la morte del compositore – sulla Gazzetta di Venezia: «poteva meglio piacere al volgo per vivacità di esecuzione, per uno sbrigliato affastellamento di motivi brillanti, che si affollavano alla sua mente, spesso per reminiscenza, ma pur anche talvolta per propria creazione; ma invano cercheresti in lui quella assennatezza di composizione, quella profonda cognizione delle più difficili combinazioni armoniose, quella dotta esecuzione, che formano il vero pregio di un organista, qualità che nel Petrali non vengono mai meno».
Questi rilievi ingenerosi e in gran parte ingiusti – che esprimono l’estetica riformista del movimento ceciliano – sono stati oggi superati dal generale apprezzamento dell’arte di un autore brillante e immaginifico, che seppe spingersi oltre le rigorose convenzioni organistiche in un periodo ricco di fermenti musicali.
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Articolo pubblicato il 07/05/2018